Del: 17 Dicembre 2019 Di: Redazione Commenti: 1

Ecco che siamo giunti alla conclusione di un decennio: ricco di novità e stravolgimenti, da un punto di vista culturale, sociale e politico, e a livello nazionale e globale.

Non è stato un lavoro facile, ma Noi della redazione di Vulcano Statale abbiamo provato a tirare le fila, stilando delle classifiche di ciò che di “vulcanico” ha segnato questi primi dieci anni del nuovo millennio.


A cura di Laura Colombi, Luca Pagani, Lorenzo Rossi e Elisa Torello.

Nota: per (almeno sufficiente) completezza abbiamo citato non più di un album per lo stesso genere musicale, anche se è innegabile che hip hop, trap, elettronica e indie in generale siano stati i generi più fertili di questo decennio. Per questo motivo la seguente non è da considerarsi una classifica; gli album sono collocati in ordine cronologico.

My Beautiful Dark Twisted Fantasy (2010) – Kanye West

Arrivato a fare i conti con il pubblico e con il suo stesso ego dopo l’incidente con Taylor Swift il 13 settembre 2009 agli Mtv Music Award, Kanye si ritirò per circa sei mesi in un’isola dell’arcipelago delle Hawaii a registrare il suo quinto album in studio. Il prodotto finale di quell’esilio autoimposto è un esperimento di 13 tracce della durata circa di 70 minuti, che vede protagonisti numerosi artisti, produzioni sublimi, campionamenti e temi che hanno definito l’identità artistica di uno dei più grandi artisti musicali della storia recente.

Canzoni come Runaway (magica n.d.r.), All of the lights, Who will survive in America e Lost in the world mettono a nudo quell’artista che troppe volte ha giocato ad essere Dio, davanti agli occhi e alle telecamere di una spregiudicata industria interessata solo all’idea del potere e della fama, senza tenere in minima considerazione la stabilità mentale ed emotiva dei suoi idoli.

Cosmogramma (2010) – Flying Lotus

Pronipote di Coltrane, appassionato di vinili sin da piccolo e un chiaro talento introducono l’autore di Cosmogramma, album del 2010, frutto dell’unione di elettronica sperimentale, jazz e hip hop. La black music e il jazz infatti sono da sempre chiare influenze nella musica di Flying Lotus, FlyLo per gli amici e se vi piace il genere vorrete sicuramente diventarlo.

Steven Ellison, classe ’83, è un vero e proprio mago della produzione, capace di creare lavori completamente diversi tra loro, sia tra i vari album, che addirittura tra le stesse canzoni dei suoi progetti.

Cosmogramma è un viaggio tra i suoni del cosmo, al timone dell’astronave Ellison fa il favore di trasportarci nella sua mente, tra esperimenti e illusioni sonore che solo lui sa estricare.

Il Sorprendente Album D’Esordio de I Cani (2011) – I Cani

Questo album di Niccolò Contessa, padre del progetto (I Cani sono una one man band), ha dato il via al secondo genere di maggior successo della decade in Italia, ovvero il pop/rock indipendente. Intrigante sia dal punto di vista contenutistico sia delle produzioni, l’Esordio riprende la classica tradizione postpunk britannica e la ripropone in chiave italiana. Un lavoro che non spicca per originalità (basti pensare alla simile visione dissacrante del mondo già presente nel pop-punk italiano degli anni ‘90, quello dei Prozac+ per intenderci), ma perfettamente curato ed estremamente concreto e credibile verso ciò che racconta, tra l’altro dosando perfettamente sia la ritmica che la saturazione del suono tra un brano e l’altro a seconda di ciò che si sta descrivendo.

Black tarantella (2012) – Enzo Avitabile

È un album notevole anche solo per le collaborazioni con moltissimi e diversi musicisti e cantanti, tra i quali Pino Daniele, Raiz, Francesco Guccini, Daby Touré, Franco Battiato e Mauro Pagani. Il punto di vista corale fa sì che questo lavoro di Avitabile interpreti come pochi altri i drammi dei nostri tempi e (citando un altro suo brano) il coraggio di ogni giorno di chi, questi drammi, si ritrova a viverli. In effetti, il titolo allude alla difficoltà della vita quotidiana (in Meridione si dice “la vita è una tarantella” e anche l’italiano usa “la vedo nera” proprio con questa accezione, n.d.r.). E’ ancora tiempo, in duo con Pino Daniele, riflette proprio questo male di vivere.  Tuttavia sembrano prevalere i messaggi positivi: di speranza in un nuovo e migliore avvenire Mane e Mane (mano nella mano, n.d.r.), di tolleranza e apertura tra gli uomini nella riedita Soul Express (1986), canzone-manifesto dell’artista.

AM (2013) – Arctic Monkeys


Quinto album della band indie rock inglese, AM con 157mila copie vendute nella prima settimana è diventato uno degli album più di successo degli Arctic Monkeys. Uno dei tratti distintivi della band è quello di essere riusciti in ogni album a spaziare attraverso stili diversi tra loro. In AM si condensano più generi musicali: dal rock psichedelico al R&B, soul e hip-hop. Turner stesso ha parlato di influenze di Black Sabbath, Captain Beyond e Groundhogs, ma anche Outcast e Aaliyah. Il gruppo ha anche utilizzato strumenti nuovi come piano, celesta, Guitaret e drum machine, con un orientamento più elettronico.

Sicuramente i suoni energici e instancabili di chitarre e batteria sono fondamentali nel fascino esercitato dagli Arctic Monkeys, ma sono i testi di Alex Turner ad aver reso la band unica. Le 12 tracce che compongono l’album sono storie di nottate avventurose ma anche di lamenti malinconici, ma soprattutto sono i brani che hanno fatto conoscere gli Arctic Monkeys al grande pubblico, senza per questo rinunciare alla qualità che ha sempre contraddistinto i loro dischi.

Random Access Memory (2013) – Daft Punk

Dopo otto anni dall’ultimo album in studio, il duo francese ci regala un vero e proprio viaggio nel mondo dei ricordi. RAM si distingue soprattutto per la sua grande carica emozionale, si potrebbe osare dire, all’insegna dell’autenticità. È forse per questo che i Daft Punk ricercano una forte presenza strumentale, soprattutto nei motivi funk delle chitarre, in controtendenza sia con i lavori precedenti che con la scena dance.

Anche per questi motivi è stato definito il disco “meno ballabile” del duo, ma non dimentichiamoci che il suo brano di maggior successo, Get Lucky, costringe a muoversi a ritmo l’ascoltatore più impassibile (così come Lose yourself to music o Movin’ it right).

Periphery (2015) – Juggernaut Alpha/Omega


Si potrebbe azzardare a dire che sia una delle opere più rivoluzionarie del metal moderno, specialmente di questo decennio. Si tratta di un doppio album concettuale, una storia basata sulla perdizione, sull’odio e la rabbia.
La band, esponente di spicco del Djent, sottogenere del progressive metal, reinterpreta e racchiude, nel loro stile, l’evoluzione che il metal ha avuto dagli anni ’90 ad oggi. L’abilità di strumenti e voce si manifesta in maniera impeccabile in ogni brano, offrendo esempi di capacità compositiva eccellenti.

Nella prima parte, Alpha, due brani degni di nota sono Rainbow Gravity e Psychosphere; nella seconda, The Bad Thing e l’omonimo Omega. Quest’ultimo, nei suoi 12 minuti, a livello compositivo è probabilmente uno dei brani migliori non solo della band ma del sottogenere.

“Awaken My Love!” (2016) – Childish Gambino

È estremamente facile riflettere e commentare l’estro artistico di Childish Gambino, pseudonimo di Donald Glover, ragazzo classe ’83 nato a Los Angeles. Attore, comico, sceneggiatore e soprattutto musicista è stato una delle maggiori rivelazioni del decennio. Il suo terzo album in studio, “Awaken My Love!” uscito nel 2016 dopo i due album rap precedenti, è un progetto difficile da catalogare. Le produzioni, composte dallo stesso Glover e dal produttore Ludwig Göransson, sono perle di rara bellezza con costruzioni strutturate nel migliore dei modi che strizzano l’occhio a diversi generi tra cui soul, R&B e rock psichedelico.

La voce si dimostra essere cosa viva tra le mani di Gambino, pronta ad essere modellata a seconda del brano da performare. Tutto ciò ha l’obiettivo di creare atmosfere e situazioni che vivono tra passato e futuro, evocativamente sintetizzate nella cover dell’album: una revisione in chiave moderna della cover di Maggot Brain dei Funkadelic.

Fear Inoculum (2019) – Tool

Dopo 13 anni di assenza, il 2019 segna il ritorno della band che ha rilasciato nel decennio scorso capolavori come 10,000 Days e Lateralus.
I Tool in questo album sembrano condensare stili ed evoluzioni del genere progressive di questo decennio. In tutte le 6 tracce di oltre 10 minuti, alternate dai 4 intermezzi molto più brevi, spaziano da momenti più “ambient”, oserei dire “onirici”, a ritmi di chitarra accattivanti con tempi metrici complessi, il tutto condito dalla voce di Maynard. Invincible è la traccia che mostra di più questo approccio. Gli intermezzi danno invece un’idea di musica sperimentale, come la batteria mista a musica elettronica di Chocolate Chip Trip.

C’è però da essere obiettivi: pur essendo un album molto valido, si trova ben al di sotto degli standard dei precedenti lavori dei Tool. Tuttavia, il disco chiude il decennio in maniera più che positiva per il progressive rock.

Norman F-cking Rockwell (2019) – Lana Del Rey


A due anni dall’ultimo album Lana Del Rey ritorna sulla scena musicale con Norman Fucking Rockwell, che la consacra come una delle migliori cantautrici di sempre.

E’ difficile inquadrare l’album in un genere preciso, ma sicuramente parlare di pop sarebbe riduttivo. In NFR Lana Del Rey mischia soft rock a elementi di trip hop e folk rock. Non mancano anche le influenze del rock anni ’70, d’altronde già intuibili dal riferimento nel titolo e nell’immagine di copertina a Norman Rockwell, pittore e illustratore che proprio in quegli anni ha definito il “realismo romantico”.

Con questo album la cantante newyorkese giunge a una piena maturità artistica, grazie al potere evocativo di musica e testi e a una scrittura decisa, in grado di farsi portavoce di una generazione sfiduciata. Proprio la traccia conclusiva, la ballata al pianoforte Hope Is a Dangerous Thing for a Woman like Me to Have – but I Have It, sembra essere una sorta di epitaffio del sogno americano.

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