Del: 20 Febbraio 2020 Di: Riccardo Sozzi Commenti: 1

Questa rubrica accompagna i lettori di Vulcano lungo il cammino delle primarie dei Democratici per la scelta del candidato da opporre a Trump il prossimo novembre. Esce ogni due giovedì.


Dopo l’Iowa il New Hampshire. Il secondo stato oggetto delle primarie democratiche doveva ristabilire chiarezza in uno scenario colpito duramente dal pesante flop organizzativo dei caucus in Iowa, e se dal mero punto di vista dei risultati così è stato, quanto a chiarezza elettorale c’è ben poco da festeggiare.

Bernie Sanders ha vinto. Ma se pensate che ciò voglia dire che ha battuto i suoi avversari è chiaro che non è così.

Nello Stato che nel 2016 gli aveva permesso di doppiare quasi Hillary Clinton quest’anno la battaglia elettorale è stata molto più agguerrita, e per Bernie il risultato è stato tutto sommato deludente. Il 25,7 per cento di quest’anno infatti supera solo di un misero 1,3 per cento il risultato di Buttigieg, che a conti fatti può tranquillamente festeggiare i 9 delegati con cui lascia il New Hampshire, tanti quanti Sanders. Mayor Pete, come lo chiamano in patria coloro i quali ancora faticano a capire come pronunciarne il cognome, ha infatti stupito tutti coloro che ritenevano l’exploit in Iowa nient’altro che un risultato di circostanza, più dovuto ai vari riconteggi che non a suoi meriti. Vero è che il New Hampshire non proponeva alla sua candidatura grossi ostacoli, con un bacino di elettori conforme a quello cui la sua campagna si rivolge (soprattutto bianchi moderati), ma ad oggi stupisce la sua capacità di riuscire a convogliare un così gran numero di elettori su un candidato outsider, con una scarsa preparazione ed esperienza politica, forse aiutato dalla sua giovinezza e stile rispetto ai suoi maggiori competitors, tutti sopra i settant’anni, ad eccezione di Amy Klobuchar.

Klobuchar appunto. Se volessimo ragionare in termini di merito mettendo un attimo da parte i numeri, la senatrice di Plymouth è stata la vera vincitrice delle primarie in New Hampshire. Con il 19,8 per cento di voti e 6 delegati è stata di fatto lei la grande sorpresa della settimana. La sua candidatura è oggettivamente la più debole di tutte e questo risultato potrebbe facilmente rientrare nel “cassetto degli exploit”, ma l’impresa rimane e non è solo retorica. Amy in questo Stato è riuscita a ricucire un distacco incredibile, soprattutto ha vinto il dibattito televisivo pre-voto sopravanzando candidati ben più quotati come Biden e la Warren, che nei sondaggi nazionali la superano in media di una decina di punti.

Già, Biden e Warren. Due dei maggiori candidati di queste primarie in New Hampshire sono andati male, molto male.

Se per la Warren il risultato era comunque prevedibile, già da tempo cominciava a perdere terreno e il medio risultato in Iowa non l’ha aiutata, al contrario per Biden queste primarie sono state davvero un incubo. Prendere l’8,4 per cento sarebbe stato un risultato incoraggiante per Andrew Yang (ritiratosi), ma quando ti chiami Joe Biden e sei stato per otto anni vicepresidente non arrivare neanche al 10 per cento è in pratica un fallimento. Ok, il New Hampshire non era il suo Stato, e vale per lui il discorso opposto a quanto detto per Buttigieg, ma qui parliamo di un politico che a inizio campagna era dato per vincitore e che invece dopo due stati al voto si ritrova con solo 6 delegati nazionali, contro i 23 di Buttigieg ed i 21 di Sanders. Poco, troppo poco.

Il conteggio dei delegati dopo il New Hampshire. Fonte: https://twitter.com/2020delegates

Che direzione stanno prendendo le primarie? Sicuramente Bernie Sanders è il candidato che più sta raccogliendo favori. Secondo FiveThirtyEight Bernie è, dopo il New Hampshire, il vero front-runner di queste primarie, ma crescono esponenzialmente le possibilità di assistere ad una convention combattuta e soprattutto senza un vincitore nazionale. Il motivo che sta alla base di ciò è senza dubbio il vantaggio di Sanders, che sta dimostrando di poter dire la sua un po’ ovunque (anche se bisognerà aspettare la prova del fuoco in South Carolina, dove un elettorato maggiormente diversificato potrà dire molto sulle reali aspettative in vista del Super Tuesday), e il sovraffollamento di candidati di posizioni moderate “centriste”, Biden, Buttigieg, Klobuchar e Bloomberg.

Bloomberg? Esatto, dopo qualche settimana in molti si erano quasi dimenticati che nella lotta per le primarie ci fosse anche l’ex sindaco di New York.

Scegliendo una tattica molto poco ortodossa il miliardario di Boston ha deciso di non correre nei primi stati presentandosi agli elettori solo ora in Nevada, con vista sul Super Tuesday. L’obiettivo? Spendere milioni di dollari in pubblicità, spot e social network su scala nazionale entrando già nelle case di elettori in Stati nei quali gli altri candidati non arriveranno prima di settimane o addirittura mesi. Il suo budget privato infatti sembra essere talmente illimitato da poter spendere addirittura un milione di dollari al giorno in pubblicità su Facebook. Tale scelta, di per sé azzardata, sembra tuttavia stia facendo molto bene a Bloomberg, che nei sondaggi nazionali è dato addirittura tra il terzo ed il secondo posto, tra Sanders e Biden, con un crollo vertiginoso di quest’ultimo.

Intanto, gli altri candidati si preparano per la prossima tappa: il Nevada, dove si voterà tra due giorni. Sanders è ancora una volta presentato come probabile vincitore, avanti di diversi punti rispetto agli altri candidati. Si tratta di sondaggi poco rappresentativi data la natura del sistema elettorale (caucus con voto anticipato), ma Buttigieg (abbastanza indietro fuori dalle comunità di bianchi) non sembra intenzionato a mollare il terreno fin qui faticosamente conquistato, e negli ultimi giorni ha fatto circolare un video in cui espone, interamente in spagnolo, il suo programma. Un modo senza dubbio originale per far sentire la propria vicinanza, almeno linguistica, alla comunità ispano-americana con la quale deve necessariamente guadagnare punti in ottica Super Tuesday.

Riccardo Sozzi
Da buon scienziato politico mi faccio sempre tante domande, troppe forse. Scrivo di tutto e di più, perché ogni storia merita di essere raccontata. γνῶθι σαυτόν

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