Trascendi e Sali. Capire non è sempre importante.
In scena al teatro Elfo Puccini dal 11 al 23 febbraio 2020.
Regia Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi.
Di e con Alessandro Bergonzoni.
In cima alla torre scenica, coperto da un telo dalle ginocchia in su, Bergonzoni iniziò a parlare; il flusso continuo delle sue parole, che mitragliavano il pubblico con la loro leggera profondità e mai interrotto nel corso del monologo, diede inizio allo spettacolo.
Parlava trascendendo questo mondo e le sue leggi razionali, superato dal suo eloquio, come sbirciando dal buco dell’apertura al mondo della sua torre.
Egli era nessuno ed era tutti, in quel suo annullamento che lo elevava al di sopra del fisico. Lentamente scese dalla torre e, con fatica, dopo averne visto il corpo e la sua corruttibilità, si lanciò a “ormare” il palcoscenico, a solcare la terraferma, il mondo, e tutta la sua (il)logica razionalità.
Eppure il ritmo del suo dire non si acquietò, e, continuando a sostenere continua la risata del pubblico, giocava con l’incomprensione delle parole, con la loro polisemanticità, rendendo dinamico l’occhio e i pensieri del pubblico, obbligato a mettere a tacere il giudizio vista la velocità e la difficoltà dei suoi giochi retorici.
Bergonzoni ha usato il pubblico come cavia per un suo esperimento retorico, dove l’esercizio consisteva nel mettere alla prova la sensibilità altrui fulminandola con le parole, per poi tamponare subito la ferita attraverso la già citata arma dell’incomprensione.
Disse: “È morto il figlio di…” e a questa pausa la tensione in sala era alta. Non si scherza quando si parla di figli morti.
Ma subito, in modo quasi dissacrante, Bergonzoni colmò la pausa di sospensione completando così: “È morto il figlio di… puttana!”, e una risata collettiva spezzò la tensione precedente.
L’incomprensione ha lenito quella piccola ferita che si stava aprendo.
L’incomprensione tampona la botta subita, e il pubblico è esortato a pensare, come lo stesso Bergonzoni sprona a fare, sul vero significato di “tamponare”.
Tampona nel senso di guarire, o tampona nel senso di scossare, urtare?
Carmelo Bene scriveva nella sua autobiografia: “Come potremmo altrimenti sopravvivere a più lustri d’amore “costante”, alle stagioni alterne degli umori cangianti nei decenni di una giornata, ai litigi alle tregue, […], se lei, l’incomprensione, mai invocata, non vegliasse su noi e con noi.”
Bergonzoni ci ha come svelato questo nostro meccanismo inconscio di protezione ammanti i nostri pensieri. È solo così che possiamo guardare il mondo dall’“alto”, e osservare qualcosa che non avevamo mai notato: perché i figli con genitori morti si chiamano orfani mentre un padre a cui è morto un figlio non ha nome? Perché non riesco a controllare la lingua mentre parlo? O quando ricevo un bacio?
Tanti sono i problemi che denuncia, senza mai parlarne; non è importante risolverli, ma quanto scontrarsi con questi. Così, dopo un’ora e mezza di risate inconsce e incontrollate, sorge luminoso l’interrogativo posto in scena dal grande attore emiliano: “Tutti andiamo all’altro mondo, ma è possibile un altro mondo in questo?”
Articolo di Simone Mucciaccia