L’Italia è nella sua ora più buia. Martedì sera il presidente del Consiglio Conte, dopo una drammatica escalation che dura dal 21 febbraio, ha annunciato le ultime, inaudite ed eccezionali misure che il governo ha deciso di adottare per fronteggiare il dilagare del contagio del coronavirus. Tutti i negozi, le attività, i locali commerciali, le botteghe rimarranno chiusi; solamente la vendita di generi alimentari, le farmacie, i trasporti e i servizi essenziali potranno restare aperti. Continuerà anche la produzione nelle filiere alimentari e nel settore agricolo. Si tratta evidentemente di provvedimenti senza precedenti, in Italia o in un altro stato occidentale. L’intero Paese, dunque, nelle prossime settimane, rimarrà fermo: il motore produttivo proseguirà a bassa intensità, appena sopra il livello della sopravvivenza. Le libertà costituzionali sono sospese, la vita sociale interrotta.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare, nemmeno nel più visionario dei film distopici, una situazione di questo tipo. È una grande prova, forse la più grande, dell’intera storia del nostro Paese, dopo la Grande Guerra e il secondo conflitto mondiale: questi giorni di allucinazione, in cui tutti ci sentiamo smarriti e scoraggiati, rimarranno inevitabilmente scolpiti nei libri di storia e nella nostra memoria. Non li dimenticheremo.
Il primo pensiero va soprattutto ai medici e agli operatori sanitari che si prodigano senza sosta negli ospedali, nel tentativo di salvare quante più vite umane possibili. La situazione più difficile, com’è noto, si registra in Lombardia. Oggi noi guardiamo a loro come ai più fulgidi esempi di coraggio e dedizione che il nostro Paese possa offrire: la nostra gratitudine non potrà mai essere espressa fino in fondo.
Questo è il momento della responsabilità. I sacrifici che sono richiesti a ognuno di noi sono enormi, perché toccano le nostre più radicate abitudini di donne e uomini liberi. Il presidente Conte ha detto giustamente che il mondo ci guarda. Ci guarda con il fiato sospeso: la Cina, che esce in questi giorni dal suo incubo, ha affrontato l’emergenza con i poteri e gli strumenti di uno Stato autoritario. L’Italia no: affronta questa emergenza da democrazia liberale, da nazione moderna. Ha dunque la possibilità di dare oggi la più concreta dimostrazione di come una comunità democratica composta da individui liberi e responsabili possa essere disposta a rinunciare a tantissimo per poter superare una gravissima crisi. È una sfida inedita, mai tentata prima nella storia: non si tratta di una guerra, né del terrorismo. Si tratta di qualcosa di più subdolo, una pandemia virale, che mai un’intera nazione di 60 milioni di abitanti ha deciso di affrontare in questo modo.
La nostra battaglia decisiva è cominciata. Sta a noi, per una volta, rimanere uniti e fare fronte comune; batterci fianco a fianco nel nostro interesse particolare e nell’interesse dell’intera comunità. Per tornare, domani, a correre.