Quando mi trovo di fronte a una persona, anche se questa persona ha un nome altisonante, penso sempre di incontrare un’altra persona.
Vincenzo Mollica
Il 29 febbraio 2020 è stato un giorno peculiare per molte ragioni. È quel giorno particolare e aggiunto di febbraio che compare solo una volta ogni quattro anni, si è trovato in coincidenza con il primo anno della nuova decade che tra l’altro è composta da dei numeri ripetuti, che guarda caso hanno creato, con il mese di questo giorno, la prima data palindroma del decennio. È capitato nel mezzo di una sorta di crisi prima di tutto sanitaria, ma anche sociale, che ci ha chiusi nelle nostre case e che ci lascia con molti punti di domanda sul prossimo futuro.
Ma, al di là di tutte questi strani accadimenti, il 29 febbraio 2020 è stato un giorno importante per il giornalismo di spettacolo italiano: dopo quarant’anni di servizio – di onorato servizio, la colonna portante delle pagine di cultura della televisione italiana è andata in pensione.
Vincenzo Mollica ha dato l’addio al TG1 con un ultimo servizio della rubrica ventiduenne DoReCiackGulp, che niente aveva di diverso rispetto ai suoi innumerevoli interventi: poche parole da parte sua, al centro della scena il tema e l’ospite che ne parla. In questo caso, l’addio, la fine, il cambiamento.
Però, se pure “Vincenzone nazionale” dice che sperava «di andarsene alla chetichella», in Rai si sentiva ancora il bisogno di omaggiarlo, e di mettere, finalmente, lui al centro della scena. Per questo, Mara Venier lo ha invitato a Domenica In, in uno studio gremito di spettatori con gli occhi lucidi, che si accodavano solo alla commozione della conduttrice – Mara che, tra l’altro, iniziò la sua carriera proprio al fianco di Mollica. L’affetto espresso dal pubblico non è stato diverso da quello espresso a Sanremo, dove l’Ariston ha regalato a Vincenzo una lunghissima standing ovation, capitanato questa volta dalla lacrima mal nascosta di Fiorello.
Sanremo 2020, in realtà, Mollica non lo avrebbe dovuto fare. Ma è stato proprio Fiorello, che già lo ha avuto sotto forma di pupazzo in Viva RaiPlay!, a chiederglielo, un po’ come ultimo regalo: così, anche la settantesima edizione del Festival è stata anticipata – per l’ultima volta – nel TG1 tutte le sere, dal “balconcino di Mollica”, da dove i conduttori e gli ospiti si affacciavano per salutare il pubblico radunato fuori dal teatro e quello in attesa sul divano di casa.
Fiorello è solo uno dei tanti che non manca mai di illuminarsi quando intervistato da Mollica: a Domenica In, Laura Pausini, Renzo Arbore, Raffaella Carrà, Sabrina Ferilli, Gianna Nannini e Luciano Ligabue hanno voluto omaggiare il giornalista mandando un messaggio di poche parole, ma sono ancora di più quelli che si sono fatti sentire sui social.
Tutti, immancabilmente, sottolineano una cosa: la straordinaria abilità di Mollica di mettere sempre al centro la persona dell’artista. Questa sua attitudine è stata definita – se in positivo o in negativo, sta a noialtri giudicare – “mollichismo” : poca critica effettiva, forse addirittura giornalismo compiacente. A essere più giusti, bisogna tenere conto che questo modo di parlare di arte (in tutti i suoi aspetti: Mollica si occupava di fumetti, di cinema, di letteratura, di musica…) nasceva proprio dalla modalità scelta da Vincenzo per commentare la nuova opera.
Privilegiava sempre la forma dell’intervista, che lo portava a un dialogo umano con chi gli stava di fronte.
Era interessato al modo con cui era nata l’opera, alle motivazioni di chi l’aveva creata, ai sentimenti che ci si aspettava nel pubblico. Anche quando si trattava di eventi, proprio come Sanremo, non chiedeva quasi mai di esercizi tecnici o di avere anticipazioni sulla scaletta: chiedeva cosa si provasse a calcare il palco dell’Ariston, suggeriva di affacciarsi dal balcone per prendere l’affetto del pubblico. «Stanno applaudendo te, Vincenzo!», gli ha detto Amadeus l’ultima sera; «Macché, macché, sei tu il conduttore, siete voi le star!».
Negli ultimi anni, i problemi fisici hanno vessato sempre più il corpo del giornalista, che però non è mai stato riservato sulla sua condizione, e, anzi, ne ha parlato scherzandoci con allegria. A Vanity Fair, in una bellissima intervista di Silvia Nucini ha detto: «Da quando non le vedo, mi sembra di percepire meglio il carattere delle persone». Del Parkinson che lo affligge da sette anni: «Mi fa sentire come certe canzoni degli anni Sessanta di Celentano, quelle con due ritmi: uno slow e l’altro rock».
Speriamo che, grazie ai social, questo non sia un addio, ma un arrivederci. Anche se non si vedranno più i suoi servizi sulla rete nazionale, speriamo di poter interagire ancora con l’uomo che (per usare una battuta trita e ritrita sul suo cognome) è stato sempre definito come un pezzo di pane.
In uno scenario in cui i giornalisti di spettacolo sono visti di malo occhio da tutti, in cui si cerca sempre lo scandalo nell’opera, la critica sterile per il solo piacere di smontare chi si ha davanti, in cui si punta ad ingegnare la domanda giusta per mettere a disagio l’ospite, Vincenzo Mollica rappresentava – e rappresenta ancora – il punto fermo di serenità e insegna che dietro all’arte e all’artista c’è una persona con cui si può e si deve dialogare come lo si farebbe con un amico al bar. Certo, alla maggior parte di noi verrebbe da dire “Facile a dirsi, lui è pur sempre Vincenzo Mollica!”: ma, alla fine dei conti, lui è diventato Vincenzo Mollica proprio perché, che davanti avesse Paul McCartney o gli Eugenio in Via di Gioia, ha sempre mantenuto lo stesso atteggiamento e la stessa umiltà umana e professionale.
Rai ha omaggiato un grandissimo della televisione, e per una volta non ha dovuto attendere che passasse a miglior vita. Per parte nostra, ci resta solo da aggiungere il nostro grazie dal cuore.
P.S.: peep the bio