Del: 8 Aprile 2020 Di: Federico Metri Commenti: 0

The lamb lies down on Broadway non è solo il sesto album pubblicato dai Genesis nel 1974, non è solo uno dei primi concept album del progressive rock, non è solo uno dei più complessi lavori musicali e non è solo il racconto di una storia: è qualcosa di più.

Tutte e ventitré le canzoni parlano di un’avventura, di un’esperienza che trascende la vita stessa, accompagnata da sonorità mai sentite e sperimentate prima.

Questo lavoro della band inglese, in un periodo in cui la paura è protagonista e il futuro sembra così ignoto, permette di riflettere sui propri limiti, affrontare le difficoltà e quindi imparare a conoscersi meglio.

Rael è un giovane teppista americano di origine portoricane, è il capo di una banda e ha la passione per i graffiti. Una mattina esce dalla metropolitana, risale per le vie di Manhattan e si trova davanti a una situazione surreale: un agnello giace inerme per strada e una nebbia quasi solida lo raggiunge fino a depositarsi sulla sua pelle. Quando comincia a rimpicciolirsi e spiccare il volo come una mosca capisce che qualcosa sta succedendo. A un tratto smette di volare e il suo corpo precipita nei sotterranei della città, in un mondo parallelo. Non riesce a capire se quello che sta vivendo è reale o no, il viaggio è cominciato.

Si risveglia in una grotta buia, le stalattiti lo rinchiudono come in una gabbia, la paura incombe. Appena fuori vede suo fratello John, impassibile alle urla tragiche di Rael, solo una piccola lacrima di sangue scorre sulla sua guancia. La gabbia comincia a rimpicciolirsi, il prigioniero capisce che ciò che gli sta accadendo non è finzione, ma la giusta punizione per una vita vissuta nel peccato e nella violenza.

Qualcuno o qualcosa lo sta mettendo alla prova.

La gabbia, ormai pronta a schiacciarlo, scompare insieme a John e il corpo di Rael comincia a ruotare verso l’ignoto. Si ritrova in una fabbrica che produce essere umani in serie e li spedisce in qualche vita. È il luogo in cui viene decisa la vita degli essere umani: il libero arbitrio non esiste, tutto è già deciso, tutte le idee non sono altro che il frutto dell’immaginazione di qualcun altro.

Rael viene catapultato in un corridoio rosso ocra, ricoperto di soffice lana d’agnello. Mentre è costretto a strisciare insieme ad altre persone verso una grossa porta di legno, si rende conto del motivo per cui è lì: deve conoscere le sue colpe e le sue paure, per affrontarle definitivamente.

Solo a chi riesce a mettersi in gioco viene spalancata la porta e Rael, dopo un profondo esame di coscienza, riuscirà a oltrepassarla e salire una lunghissima scala a chiocciola.

Arrivato alla fine si troverà di fronte a trentadue porte e centinaia di persone che tentano di attraversare quella giusta per proseguire. Non fidandosi di nessuno, torna sempre al punto di partenza. Mentre vaga disperato sente, in mezzo a un enorme chiasso, la voce soave di una candida ragazza, Lilith.

I due, aiutandosi a vicenda, riescono a trovare la porta giusta e ritrovarsi in una stanza completamente buia. Qualcosa si avvicina, la ragazza lascia Rael da solo per affrontare finalmente l’ignoto, ma la paura prende di nuovo il sopravvento e con una roccia colpisce il lampo bianco in arrivo, facendo così crollare tutto. 

Stanco e completamente anestetizzato da un senso di morte sempre più incombente Rael raggiunge un magnifico giardino popolato dalle Lamia, esseri mitologici con corpo rettile e viso umano, pronte per ucciderlo.

Ma non appena assaggiano il suo sangue muoiono istantaneamente. Rael è ancora un peccatore velenoso. 

Il viaggio prosegue nel paese degli Slipperman, esseri orrendi e sgradevoli. Un dottore lo castra e inserisce il suo organo in un tubo giallo consegnato a un corvo. Rael, come un burattino che rincorre il nulla, insegue come può l’uccello, ma dopo essere arrivato in cima a un burrone, il corvo lascia cadere il tubo nel fiume sottostante.

Mentre lo guarda galleggiare nota che in alto una finestra si sta aprendo su New York, la sua casa, ma nell’acqua c’è John che sta affogando. Un’ultima prova, l’ultimo lancio di  moneta, la finestra si sta pian piano chiudendo, è una scelta tra passato e futuro, tra il peccato e la purificazione: tornare a casa o salvare il fratello?

Con un urlo pieno di consapevolezza Rael urla il nome di John e comincia a scendere il ripido pendio roccioso, decidendo così di spegnere definitivamente le luce su Broadway. Finalmente si lascia alle spalle le sue paure e si butta in acqua, il freddo fa male, le rocce lacerano il suo corpo, ma riesce a resistere finché non raggiunge il fratello e lo porta in salvo.

Stremato, Rael guarda John, ma quello che vede è il suo stesso viso. Non era John a essere in pericolo, ma lui.

Ciò che inseguiva non era atro che la sua parte migliore, quella buona e gentile. Questo lungo viaggio gli ha permesso finalmente di conciliarsi con il bene e diventare un essere perfetto e indefinibile, it.

It is here. It is now.

It is Real. It is Rael.

Rael non è altro che l’alter ego di Peter Gabriel, anche lui alla ricerca di una svolta in un periodo molto buio della sua vita. Scrivere questa storia e viverla in prima persona lo ha profondamente cambiato: l’anno dopo lascerà la band per dedicarsi alla sua famiglia e continuare il suo progetto musicale da solo.

Prima di prendere strade diverse, però, i Genesis hanno portato in giro per il mondo questa storia costruendo uno spettacolo live unico. L’uso di costumi e scenografie elaborate per immergere il pubblico dentro l’anima di Rael, l’uso di suoni magici, indescrivibili a parole, per accompagnare un viaggio oltre la realtà. 

La storia è vera? Quello che si narra è avvenuto veramente? Non importa, l’intento è un altro: smuovere qualcosa dentro chi ascolta e interpretare il viaggio di Rael come si vuole, facendo riferimento alle proprie esperienze per trovare le proprie risposte.

Federico Metri
Assiduo lettore, appassionato di cinema e osservatore del mondo. Comunico attraverso una scrittura personale e senza filtri.

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