Del: 14 Maggio 2020 Di: Silvia Bonanomi Commenti: 0

Sigil è il nome di un collettivo artistico nato nel 2014. I suoi componenti sono Salim al-Kadi, Khaled Malas, Alfred Tarazi e Jana Traboulsi: biograficamente localizzati tra Siria e Libano, i loro percorsi artistici e di vita si sono incontrati tra quello che oggi è il loro studio di Beirut, capitale libanese, e la sede newyorkese.

Prima di vedere in cosa consiste il loro lavoro è necessaria una premessa: Sigil è la prova tangibile che, giunti a questo punto della nostra storia, abbiamo decisamente bisogno di ripensare al ruolo che arte, design e architettura possono e devono globalmente avere. È infatti tra questi vastissimi campi che si intrecciano le quattro diverse preparazioni accademiche di Sigil; il legame e l’intesa professionale sono però tanto importanti quanto il vissuto culturale condiviso dai membri del gruppo.

La ferita inflitta ai territori che li ha partoriti è tristemente ancora sanguinante: Salim, Jana e Alfred sono nati durante il conflitto civile libanese, mentre le atrocità che dal 2011 si consumano in terra siriana, atrocità che a noi giungono impacchettate e filtrate, sono parte della loro quotidianità.

Per questo motivo la loro decisione è stata quella di mettere al servizio della propria gente quelli che definiscono i loro modest tools : Birdsong, la loro ultima istallazione, non potrebbe essere più esplicativa.

Commissionata nel 2019 in occasione della XXII Triennale di Milano dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival , fa parte di un loro già precedentemente avviato progetto: Monuments of The Everyday. Quest’ultimo è sempre caratterizzato da una doppia dimensione: un’istallazione in ambito museale e un intervento di quella che loro stessi definiscono creative resistence in terra siriana.

Nel caso di Birdsong, il collettivo ha voluto riportare alla memoria comune quanto successo nel 1967: quello che un tempo era considerato territorio siriano, il Golan, veniva in quell’anno occupato da Israele. Da quel momento in poi, i residenti siriani in quel territorio sono diventati, a tutti gli effetti, una popolazione apolide, quindi spesso dimenticata.

Sigil si è domandato cosa voglia dire, nel XXI secolo, raccontare una simile storia e portarla a chilometri di distanza dal suo epicentro, tra le mura di un museo.

La loro idea nasce da una canzone di una delle artiste più famose del mondo arabo: Asmahan. La diva di origini siriane tra gli anni ’30 e ’40 cantava Ya Toyour, una canzone che parla di uccelli, del loro canto, di amore e di speranza: da qui, ovviamente, il titolo della loro opera.

Chi ha avuto la fortuna di visitare il Palazzo dell’Arte milanese durante l’Esposizione, ha potuto vedere parte del lavoro del collettivo. Uno spaventapasseri e un libro illustrato da Jana, un volumetto appositamente edito per l’occasione: partendo dal secondo, è tra le pagine di quest’ultimo che sono confluiti tutti i rimandi agli uccelli che Sigil ha minuziosamente rintracciato in circa 5000 anni di storia popolare.

Obiettivo di questa immensa ricerca è stato individuare una serie di racconti veicolati da quello che, in altre culture, può essere solamente un animale associato a immagini di spensieratezza, gioia e felicità.

Così tra le 40 storie scelte dagli artisti, figura ad esempio quella di Michel Kilo: dell’attivista ed ex prigioniere politico siriano viene riportata una frase da un’intervista in cui l’uomo racconta l’esatto momento in cui, durante i suoi giorni di prigionia, si è reso conto in prima persona di quanto fosse difficile narrare una banale storia di uccelli e alberi a un bambino di cinque anni nato e mai uscito dalla prigione siriana.

Anche la storia di Raed Fares è una storia di uccelli: il giornalista e attivista siriano nel 2013 aveva fondato nell’occupata città di Idlib, nella Siria nord-occidentale, Radio Fresh FM, opponendosi ai divieti jihadisti di non trasmettere musica; aveva quindi deciso di mandare in onda suoni provenienti dalla natura, tra cui il cinguettio degli uccelli.

Nella selezione di storie non manca poi l’apporto di una secolare cultura visiva che fa riferimento a oggetti rinvenibili in pittura, artigianato, nonché nelle famose tappezzerie.

Strettamente connessa al contenuto delle pagine del libro esposto era poi lo spaventapasseri costruito appositamente dal collettivo e facilmente riconducibile alla figura degli uccelli.

Foto di Silvia Bonanomi.

Contrariamente a quanto siamo abituati a pensare, nella cultura di provenienza di Sigil lo spaventapasseri è anche simbolo di fertilità e buon auspicio, non soltanto di paura: testimone di ciò è il canto popolare che i quattro componenti hanno voluto scrivere sulla stoffa che avvolgeva la figura, un canto che viene spesso recitato dai bambini per richiamare la pioggia.

Sebbene l’evento in cui tutto ciò ha avuto luogo si sia concluso, altrettanto non possiamo dire dell’opera che Sigil ha pensato: la seconda parte di Birdsong si trova infatti vicino a Mas’ade, villaggio nel nord del Golan, territorio che risulta tutt’ora occupato.

L’atto di resistenza è un frutteto che conta 40 alberi di mele, emblema della particolare fertilità della terra vulcanica del Golan, con il rispettivo spaventapasseri e una casetta per gli uccelli.

Birdsong e Sigil interpretano così il vastissimo tema della XXII Triennale, che suggeriva di indagare come il rapporto tra uomo e natura sia, a tutti gli effetti, fortemente compromesso.

Nel proprio lavoro il collettivo ha riposto la speranza che raccontare storie spesso dimenticate servendosi di una pluralità di modi possa contribuire a generare altrettanta speranza, volontà di resistenza, ma soprattutto ad abbattere quelle umane barriere che il volo degli uccelli, invece, non conosce.

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Silvia Bonanomi
Mi chiamo Silvia virgola Marisa, sono qui per rispondere a chi mi chiede cosa voglio fare dopo l'università.

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