Sono passati ormai tre mesi da quando a Codogno è stato trovato il primo italiano positivo al Covid-19. Da lì in poi sappiamo tutti cos’è successo: le prime chiusure e poi il lockdown di due mesi per tutta Italia. In questa situazione senza precedenti abbiamo riempito il tempo con videochiamate, canzoni sui balconi, lacrime, studio, lavoro, momenti di sconforto e di ottimismo. Oggi le cose sembrano andare meglio e ci è permesso tornare a una vita che vagamente somiglia a quella di prima, perciò ora che possiamo distinguere nettamente il “prima” e il “dopo” è utile dare un giudizio sul comportamento della nostra classe politica durante la quarantena.
Conte piglia tutto
Protagonista assoluto di questo periodo è stato il premier Giuseppe Conte, le sue conferenze stampa e, va detto, anche la sua determinazione nel prendere decisioni pesanti. Infatti, nella prima fase, mentre si isolavano zone rosse, si chiudevano scuole e si invitava alla massima prudenza, altri politici spingevano per un ritorno alla normalità.
Matteo Salvini della Lega e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia si lanciavano in spot per incentivare il turismo, ma anche pezzi di maggioranza andavano verso questa direzione: un esempio su tutti l’aperitivo a Milano «contro il diffondersi del panico» del segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti seguito, una settimana dopo, dall’annuncio dello stesso di aver contratto il virus.
Conte invece si è distinto e ha guadagnato un consenso considerevole vendendosi bene come uomo forte capace di gestire un’emergenza senza precedenti. Resta un ricordo lontano il Conte del governo giallo-verde stretto dai due vicepresidenti del Consiglio e descritto come un burattino da praticamente tutta la stampa.
Questo nuovo ruolo gli piace chiaramente molto di più e il consenso popolare l’ha reso sicuro di sé, tanto che ha messo in mostra a più riprese una tracotanza davvero fastidiosa nei confronti di giornalisti che criticavano aspetti controversi della gestione dell’emergenza.
Queste reazioni evidenziano un nervo scoperto e il governo prima o poi dovrà dare spiegazioni su tutto quello che non ha funzionato, nello specifico: perché non si è predisposta subito la zona rossa per la val Seriana? La responsabilità, infatti, non può essere attribuita alla sola Regione Lombardia. Perché non sono stati acquistati i dispositivi di sicurezza adeguati a fronteggiare una crisi del genere? Perché non si è seguita la linea delle tre T (testare, tracciare e trattare) dettata dall’Oms a metà marzo?
Degli altri componenti del governo nessuno si è distinto particolarmente in questi mesi: Conte concentrava tutte le attenzioni su di sé. Tuttavia è doverosa una menzione alla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova di Italia Viva, che si è battuta all’interno della maggioranza per inserire nel “decreto rilancio” una norma per la regolarizzazione dei migranti.
Il fatto che l’attuale capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, in due mesi abbia fatto la voce grossa solo per contrastare questo provvedimento cercando di concedere il meno possibile è l’esemplificazione massima della difficoltà in cui versa il Movimento, che non vuole perdere ulteriori consensi e che evidentemente, dopo la batosta delle europee, guarda con preoccupazione ai sondaggi e vorrebbe ripartire con Conte come leader. Ma il consenso di Conte sarà così ampio anche nel post-Coronavirus?
L’opposizione tra imbarazzi e ruggiti
Nel primo periodo l’impressione è stata quella di un’opposizione debole e impacciata, che non sapeva far sentire la propria voce in un momento di estrema emergenza. Tuttavia nell’ultimo mese le cose son cambiate notevolmente: Conte è stato aspramente criticato sia per aver tagliato fuori dal dibattito il Parlamento tramite l’utilizzo a piene mani dello strumento dei Dpcm, sia per i notevoli ritardi di erogazione degli aiuti di Stato; la Lega per questo ha messo in scena un’improbabile occupazione “permanente” del Parlamento conclusasi poco più di 24 ore dopo e Fratelli d’Italia ha organizzato una manifestazione di parlamentari fuori da Palazzo Chigi.
Ma c’è stato un preciso momento in cui l’opposizione ha rialzato definitivamente la testa: il giorno della liberazione di Silvia Romano e il suo arrivo all’aeroporto con il velo islamico, una combinazione perfetta per il ritorno in scena della destra di sempre. Il clima vergognoso dei giorni seguenti non merita di essere ricordato, ma è stato l’istante in cui anche gli ingenui hanno capito che in una situazione di emergenza e di tensione le persone difficilmente diventano più buone, anzi più facilmente sfruttano qualsiasi pretesto come valvola di sfogo per la loro frustrazione.
In conclusione, un dato interessante da registrare è che sia il partito della Meloni, sia quello di Salvini hanno rifiutato a priori qualsiasi proposta di aiuto venisse dall’Unione Europea, dimostrando ancora una volta di non voler in alcun modo far parte di questo ambizioso progetto.
Conclusione
Ci ritroviamo qui dopo il lockdown e non sappiamo bene se questo sia davvero l’inizio del ritorno graduale alla vita precedente, ma la voglia è tanta. L’unica certezza dopo due mesi è che la politica ha perso un’altra occasione per migliorarsi: la quarantena della vera politica non finirà presto e non si ha idea di quale sia il vaccino.