Posted on: 17 Luglio 2020 Posted by: Valentina Testa Comments: 0

Il mondo dello spettacolo si sta già chiedendo come sarà raccontato nelle opere del futuro prossimo il periodo che abbiamo vissuto: in questa sorta di ricerca, ci si imbatte in opere che la quarantena l’hanno già trattata, o meglio, che possono essere lette retrospettivamente come metafore di questi mesi strani e complessi. È curioso che una di queste sia un film recentissimo, uscito il 10 luglio sulla piattaforma streaming Hulu: Palm Springs.

Che Palm Springs, prima opera di Max Barbakow, sarebbe diventato uno dei film più raccomandati dell’estate 2020 lo si sapeva già da quando è stato presentato al Sundance Film Festival, dove è stato acquistato da Neon e Hulu per la cifra record di $17,500,000.69. Esatto, 69 centesimi: ridete pure di tutti i doppi sensi che vi vengono in mente, perché sono tutti espressamente voluti da Andy Samberg, protagonista e produttore della pellicola, che ha richiesto i 69 centesimi in accordo con Akiva Schaffer e Jorma Taccone (anch’essi produttori) per battere il record in “The Lonely Island style”– il nome del gruppo che i tre formano insieme da anni e con cui sono stati conosciuti al Saturday Night Live.

Conoscendo questo background, è inevitabile quindi aspettarsi una commedia: e Palm Springs non delude, lasciando un sorriso sul viso di ogni spettatore. Per essere precisi, poi, Palm Springs è una commedia romantica, quindi il tema centrale è una relazione amorosa, in questo caso tra Nyles (Samberg) e Sarah (Cristin Milioti).

Cosa c’entra la quarantena, allora? C’entra. Il twist che porta l’intera storia su un livello (semi)metaforico è fantascientifico: infatti, Nyles e Sarah sono bloccati in un loop temporale che li obbliga a rivivere in eterno il giorno del matrimonio della sorella della protagonista a Palm Springs.

Le giornate si ripetono identiche a loro stesse, ieri è come domani che è come oggi che è come l’altroieri che è come dopodomani, senza via d’uscita. Suona familiare?


Crediti: Cindy Ord/Getty Images – da sinistra: regista Max Barbakow, Cristin Milioti, Andy Samberg, Camila Mendes, e sceneggiatore Andy Siara al Sundance Film Festival 2020

Palm Springs non voleva essere un film metaforico: i lavori di produzione sono iniziati due anni fa e le riprese in aprile del 2019, era anche programmata (come di norma) l’uscita al cinema. Questa è ovviamente saltata, ma nonostante ciò il film (che registra anche un 92% di “freshness” su RottenTomatoes) sta avendo una straordinaria risposta di pubblico: IndieWire informa che ha battuto il record per film più streammato sulla piattaforma nel weekend di apertura e che è stato il più discusso film originale Hulu su Twitter nei tre giorni dall’uscita, generando il più alto interesse sui social rispetto a qualsiasi altro originale Hulu.

Negli Stati Uniti sarà anche distribuito in drive-in selezionati (invece non si sa ancora nulla riguardo la distribuzione internazionale off-streaming).

Tuttavia, è stuzzicante pensarlo come una metafora, perché d’altra parte è così che viene percepito da tutti noi che lo vediamo.

Quando Nyles dice a Sarah «Questo è oggi. Oggi è ieri, e domani è anche oggi», chiunque sia stato chiuso in casa anche solo per una settimana fa un piccolo sorriso quasi autocommiserativo. «Come lo fermo? Non voglio che domani sia oggi, voglio che domani sia domani» «Giusto, è naturale. Purtroppo, non succederà mai».


Crediti: leosigh.com – Andy Samberg Cristin Milioti in una scena del film

I loop temporali sono dei topoi usatissimi nel cinema, che a volte presentano piccole variazioni per adattarsi al nuovo contesto narrativo: Palm Springs usa il concetto classico e basilare, per creare il pretesto della storia, che in realtà poco ha a che fare con la soluzione del circolo infinito.

Ed è per questo motivo che scatta il gioco metaforico, perché ci si sposta sul piano dei sentimenti e delle relazioni: conosciamo Nyles quando lui ha già vissuto mesi, anni, forse secoli nel time loop, quando ha già accettato che la sua vita sarà destinata a procedere senza senso e senza direzione.

L’incontro con Sarah gli porta una scossa, ma non perché improvvisamente decida di voler uscire da questa situazione assurda in cui si trova; piuttosto, perché attraversare questo unico giorno che si ripete con qualcuno a fianco che può capire davvero che cosa sta passando, lo fa sentire meno solo. Di fatto, è meno solo.

Palm Springs si butta a capofitto nell’introspezione relazionale, costruisce il rapporto di Nyles e Sarah mostrandoci il passaggio dal disinteresse puro per la vita in generale, all’interesse reciproco prima e per l’esistenza poi.

Ora, queste riflessioni non sono venute in mente ad Andy Siara, autore della sceneggiatura, perché ha anticipato di due anni i sentimenti che ci siamo portati dentro in quarantena: a essere onesti, infatti, queste sensazioni di disagio esistenziale e di trascuratezza erano già comuni nella vita di tutti i giorni.

Joshua Rivera scrive su The Verge che siamo in un momento in cui:

Ci sfugge la stabilità, grazie a un crollo a rallentatore delle istituzioni e disastri che accadono nel giro in una notte e che diventano incubi infiniti, come la pandemia da coronavirus. La somma di tutto questo è travolgente […]. In un mondo come questo, è facile non dare importanza alle cose. C’è poco a cui guardare e non molto da guadagnare a guardarsi indietro.

In questo clima condiviso di nichilismo sempre più crescente, si tende a vivere in un eterno presente in modo da ridurre al minimo lo stress e il peso psicologico che queste considerazioni portano con sé.

Ma nel momento in cui un’altra persona entra nella nostra vita, questo delicato equilibrio protettivo si rompe, perché siamo chiamati a confrontarci con qualcuno che ci chiede del nostro passato e che ci obbliga a pensare a chi vogliamo essere nel futuro. Siamo costretti a rompere il guscio e ad ammettere di essere co-dipendenti: è sempre la solita vecchia storia d’altra parte, che ciclicamente (toh, guarda) torna.


Crediti: Twitter – Andy Samberg Cristin Milioti in una scena del film

«Le persone sono tutto ciò che abbiamo» si dice in Fleabag; in un momento in cui il mondo intero sembra sfuggirci come sabbia tra le dita, in cui sembrano mancare i punti fissi, in cui le fondamenta del passato vacillano e il futuro è annebbiato, prendere consapevolezza che c’è bisogno degli altri per sopravvivere è quasi un atto di coraggio, che espone completamente la nostra vulnerabilità alle incertezze che abbiamo intorno.

Nyles e Sarah ce lo insegnano in un modo che è dolce, divertente e delicato allo stesso tempo, in una storia che mette insieme l’angoscia esistenziale e la gioia assoluta del trovare la nostra persona preferita nel mondo, che ci spinge a trovare il senso dell’esistenza in noi stessi e nei rapporti che costruiamo intorno a noi.

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Valentina Testa
Guardo serie tv, a volte anche qualche bel film, leggo libri, scrivo. Da grande voglio diventare Vincenzo Mollica.

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