Del: 31 Ottobre 2020 Di: Andrea Marcianò Commenti: 0


Nel 1920, cent’anni fa esatti, il regista tedesco Robert Wiene dirige Il gabinetto del Dottor Caligari, titolo originale Das Cabinet des Dr. Caligari. Film icona del movimento cinematografico espressionista tedesco, l’opera di Wiene conquista subito un successo di critica e pubblico, divenendo ispirazione per i suoi contemporanei e non solo. A colpire di più è sicuramente l’atmosfera: cupa, fatta di chiaroscuri e linee taglienti, così come le scenografie – cifra stilistica di Wiene – a opera di Hermann Warm, dove lo spazio scenico accerchia l’inquadratura con minacciose e affilate costruzioni. L’intera pellicola è, infatti, evocatrice di un’aria oscura e tenebrosa, diventando così simbolo del periodo più nero che la Germania (e non solo) ha mai vissuto nella sua storia; ciò si scaturirà poi in uno stile nuovo, strettamente legato all’influenza delle avanguardie novecentesche.

Il gabinetto del Dottor Caligari con Werner Krauss

Wiene, espressionismo tedesco e horror ebbero poi una vita lunga, prospera e di riconoscimento internazionale.

Al movimento da lui ispirato seguirono decine di cineasti, tra cui W.F. Murnau, conosciuto principalmente per Nosferatu del 1922 (titolo originale: Nosferatu, eine Symphonie des Grauens). Murnau divenne l’espressionista tedesco più importante della storia, ed è visto da molti come l’antesignano del genere horror. Basta infatti vedere Nosferatu per rendersene conto: stessi stilemi espressionisti, predominanza del gioco con i chiaroscuri e scenografie infernali, ma anche tensione, colonna sonora palpabile e reminiscenze orrorifiche; il tutto per una pellicola sensoriale, mai vista per il tempo, e indiscutibilmente sensazionale anche se guardata con gli occhi del Ventunesimo secolo.

I due protagonisti, Victor Van Dort (Johnny Depp) e la sposa (Helena Bonham Carter) de La sposa cadavere in una scena del film

Da Wiene a Eggers (la nostra recensione del suo ultimo film, The Lighthousequi) passando per Psycho di Hitchcock, l’espressionismo tedesco farà da scuola al cinema contemporaneo; esso conserva, infatti, quello stile classico che diviene cifra stilistica degli autori moderni. Tim Burton sopra tutti è l’unico nel suo genere, porta in scena, più che l’autentica paura, sensazioni terrifiche e inquietanti. Dal successo di The Nightmare Before Christmas (1993) – ricordando che la regia è accreditata a Henry Selick – al capolavoro del 2005 La sposa cadavere (in lingua originale: Corpse Bride), Burton riassume alla perfezione l’evanescente incanto di Halloween, coniugando scenografie d’influenza Wieneniana e di cifra gotica.

Ed è proprio sull’arte germanica che il regista britannico costruisce un nostalgico rimando, decretandone il suo decadentismo e processandone la non-morte attraverso le testimonianze architettoniche di slanciata inquietudine. 

Una scena de La sposa cadavere con il protagonista e la città in sfondo

Un altro carattere ereditato dall’espressionismo è incentrato sul tema della favola; infatti, come anche ai tempi di Wiene, essa è una cifra d’ispirazione importante per il cinema d’oltretomba: Murnau per Nosferatu trae dalla leggenda del personaggio di Dracula, ispirandosi liberamente al lavoro di Bram Stoker, come Burton rievoca ne La sposta cadavere un vecchio racconto russo-ebraico del XIX secolo. Ne viene fuori, così, un accento ancora più macabro: la favola genera in noi un sentimento di perenne minaccia, decretata dal suo collegamento terreno che si aggira in maniera misteriosa nel nostro presente. Il risultato è la costante inquietudine di un qualcosa che può essere reale, o solo una leggenda: “sarà vero o no?”, questo si chiede lo spettatore.

Cosa è vero o no, non ci è potuto saperlo; ciò che è certo è l’impatto enorme che l’horror ha sulla nostra cultura. Senza rendercene conto, e tralasciando il singolo parere che abbiamo su una festività tipicamente pagana, e quindi lontana dalla nostra cultura, seguiamo una tendenza con cui il cinema è profondamente connesso: senza esso Halloween sarebbe sicuramente una fantasia meno attraente, meno iconica e meno coinvolgente.

Andrea Marcianò
Classe '99, nato sul Lago di Como, studente in scienze della comunicazione, amante di cinema e televisione. Mi piace osservare il mondo dall'esterno come uno spettatore.

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