Del: 22 Ottobre 2020 Di: Riccardo Sozzi Commenti: 0

Questa rubrica racconta la campagna elettorale americana in vista del voto del 3 novembre. A questo link le puntate precedenti.


Meno di due settimane dal voto del 3 novembre che deciderà il prossimo inquilino della Casa Bianca. Buona notizie per Biden e cattive per Trump: le elezioni, stando ai sondaggi, sembrano già decise.


Interviste incrociate

Savannah Guthrie è un nome che fino a qualche giorno fa non avrebbe detto granchè. Giornalista di Nbc, 48 anni, è all’improvviso divenuta l’eroina dei democratici di tutti gli Stati Uniti per aver messo praticamente in ginocchio Donald Trump con una frase che passerà alla storia. Dopo che dieci giorni fa Donald Trump era risultato positivo al Coronavirus la campagna presidenziale aveva subito una battuta d’arresto, Biden si era preso una onorevole pausa dagli attacchi al presidente repubblicano e Trump semplicemente era in ospedale.

Ma non appena è uscita la notizia della sua guarigione i toni si sono riaccesi e la campagna è ricominciata, pur se in maniera diversa e rigorosamente a distanza, almeno per il momento. Qualche giorno fa infatti son tornati in scena i dibattiti presidenziali, ma in una forma ben diversa. Si è infatti optato per un “town hall”, una sorta di dibattito a distanza, con entrambi i candidati intervistati in zone diverse degli Stati Uniti, su reti televisive diverse, nello stesso momento. Poco da dire su Joe Biden, che a Philadelphia ha mantenuto la calma e la compostezza di chi sa di avere un vantaggio cospicuo e di non dover fare altro che assecondare la marea che in questo momento lo dà avanti di quasi 11 punti rispetto a The Donald

Durante il suo pacato town hall Joe Biden ha parlato anche di politica estera

Com’è andato Trump? Basta leggere il titolo per capire che non è andata benissimo. Trump ha fatto molta fatica a giustificare tutte le sue azioni, che andavano dall’essere risultato positivo al Coronavirus, su cui permangono ancora molti dubbi come ad esempio quando è risultato positivo, alla questione inerente all’indagine del New York Times sulle tasse pagate, fino al suo supporto passivo ai gruppi suprematisti bianchi e di estrema destra, ed in ultimo a teorie complottistiche che con prove di dubbia veridicità vorrebbero legare Biden a contatti inopportuni con l’Ucraina tramite il figlio Hunter. A tal proposito ha fatto molto discutere l’articolo del giornale New York Post, che avrebbe individuato (in modo controverso e poco credibile, secondo molti) un legame molto forte tra la famiglia Biden e la compagnia energetica ucraina Burisma

Interrogato su alcuni suoi retweet, su questa ed altre news, ecco andare in scena lo show vero e proprio. Alla risposta di Trump che sosteneva “fosse solo un retweet, che comunque le persone si sarebbero fatte la propria opinione”, Guthrie lo affonda facendogli notare che “Lei è il Presidente, non uno zio pazzo che retweetta qualsiasi cosa”. Poco da aggiungere, perché fondamentalmente la frase si commenta da sola. 

16 ottobre: town hall del presidente Trump

Si nota come dall’inizio della campagna Trump ha in generale perso numerosi confronti con i giornalisti, che sono ripetutamente riusciti ad incalzarlo con domande scomode alle quali Trump più volte non è semplicemente stato in grado di controbattere, cosa di per sé sintomatica delle sue difficoltà, lui che era sempre stato in grado finora di eludere le domande scomode e di non lasciarsi travolgere.


L’ultimo dibattito televisivo

Nel frattempo è già stato annunciato che il secondo dibattito tra Donald Trump e Joe Biden, che si terrà questa notte, prevederà regole molto diverse. La più importante, i microfoni dei candidati verranno spenti a turno per consentire a ciascun candidato di poter parlare due minuti senza interruzioni. Notizia che non deve sorprendere, dato che già dopo il primo dibattito, dove Trump arrivò ad interrompere Biden per ben 71 volte contro le 21 di Biden, la Commissione sui dibattiti aveva annunciato cambiamenti in tal senso. 


Corte Suprema, finite le audizioni

Sono andate avanti al Senato le audizioni della giudice Amy Coney Barrett, nominata da Trump alla Corte Suprema, che in questi giorni è stata chiamata a rispondere a diverse domande in vista del voto che dovrà ratificare la sua nomina. Barrett si è fatta notare soprattutto per la sua compostezza e risoluzione nel non presentarsi come una giudice troppo severa né troppo “chiusa”, in parte evitando progressivamente di rispondere alle domande più dirette, in parte ammorbidendo leggermente le sue posizioni contro chi la considera capace di affondare alcune delle leggi progressiste approvate sotto l’amministrazione Obama. Si teme infatti uno spostamento a destra della Corte Suprema per decenni, prospettiva che in tutti i modi i senatori democratici stanno cercando di evitare, sfruttando la questione a proprio vantaggio in vista delle elezioni del 3 novembre, interrogando Barrett su questioni sociali di importanza elevatissima ma con scarso successo, data la fin qui ottima gestione delle risposte da parte di Barrett. 

Il 12 ottobre Coney Barrett ha pronunciato questo discorso introduttivo

Chi ha già votato

Il voto anticipato intanto continua a far discutere. Al 18 ottobre sono stati espressi circa 28 milioni di voti, cifra record che fa impallidire la statistica di quattro anni fa, dove il totale dei voti anticipati fu di poco inferiore ai 6 milioni. Ma ancora più sorprendente è quanto sta accadendo col voto per posta. La Corte Suprema infatti ha stabilito che in Pennsylvania, uno degli stati in bilico più importanti, i voti per posta saranno contati se saranno ricevuti entro tre giorni dall’election day, anche se privi di un timbro postale leggibile. Ad uscire sconfitti da questa decisione sono senza dubbio Trump ed i repubblicani, che invece avrebbero voluto che fossero contate solo le schede consegnate entro l’election day

Riccardo Sozzi
Da buon scienziato politico mi faccio sempre tante domande, troppe forse. Scrivo di tutto e di più, perché ogni storia merita di essere raccontata. γνῶθι σαυτόν

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