Del: 30 Novembre 2020 Di: Arianna Locatelli Commenti: 0

È un tema sempre attuale quello della richiesta della cittadinanza nel nostro Paese. Ritorna infatti spesso nei titoli di giornale o in televisione, quasi sempre in seguito a fatti di cronaca che riaccendono il dibattito, come nel caso di Ramy, il ragazzo che aveva contribuito ad evitare la tragedia del pullman scolastico nel marzo 2019 (di cui abbiamo parlato nell’articolo a questo link).

In Italia la cittadinanza viene ottenuta automaticamente per iure sanguinis o per nascita in territorio italiano (al compimento dei 18 anni); i cittadini stranieri che non sono nati qui possono invece presentare la domanda, a determinate condizioni, se risiedono sul territorio da almeno 10 anni. Nell’iter confuso e infinito della richiesta si è ritrovato anche Abdelhakim Elliasmine, ventunenne di origini marocchine, mezzofondista bergamasco che vive in Italia ormai dal 2008, quando raggiunse con la famiglia il padre qui dal 1999, anno di nascita dell’atleta.

Abdelhakim inizia la carriera sportiva proprio nel suo paese di origine, seguendo i passi dei più grandi, per poi iscriversi alla società di atletica leggera di Brembate Sopra.

Ad oggi corre per l’Atletica Bergamo 59, sotto la guida di Ruggero Sala, e un anno fa ha avanzato la richiesta della cittadinanza “per meriti sportivi”. Questa dinamica non è una novità: nel 2015 Yassine Rachik, un altro mezzofondista italiano classe ’93, aveva dovuto ricorrere alla piattaforma change.org per lanciare la sua petizione con l’obiettivo di poter correre ai campionati europei dello stesso anno. Grazie a 21000 firmatari, Rachik era riuscito ad ottenere in tempi più o meno brevi la cittadinanza e quindi il pass per gli Europei. Nonostante suoni quasi paradossale il dover ricorrere a una piattaforma per questo tipo di problematiche, la storia si ripete, come si suol dire, e oggi è il turno di Abdelhakim.

Ma che cosa comporta essere in possesso della cittadinanza a livello sportivo? Per prima cosa l’atleta di Bergamo potrebbe vestire la maglia della nazionale e di conseguenza partecipare a competizioni internazionali, in secondo luogo avrebbe la possibilità di entrare a far parte di un corpo militare, uno dei pochi, se non l’unico modo per praticare atletica a livello professionistico nel nostro paese.

E Abdelhakim potrebbe rientrare a pieno titolo nella squadra italiana per partecipare a mondiali ed europei di categoria: da quando corre a livello agonistico ha vinto infatti 10 titoli italiani tra 800, 1500 e cross-country, l’ultimo lo scorso settembre quando si è laureato campione italiano categoria promesse proprio sui 1500, dopo un anno problematico, con la maggior parte delle competizioni cancellate causa Coronavirus e svariati problemi fisici dello stesso atleta. Vederlo correre è uno spettacolo: leggero e scattante, compete da anni con ragazzi italiani tanto quanto lui.

Ma, nonostante i 10 anni di residenza e i titoli vinti, ancora non si vede la fine di questa ennesima battaglia.

L’argomento era tornato in auge dopo il caso Suarez, quando l’attaccante uruguaiano era stato protagonista di un esame farsa di italiano all’università per Stranieri di Perugia, al fine di ottenere in breve il passaporto e giocare per la Juventus. Sul tema si era espressa un’altra atleta italiana, una delle principali paladine di questa lotta, Madam Danielle, pesista classe ’98 di origini camerunesi.

Alla domanda “che cosa ti dà più fastidio di tutta questa situazione?” Abdelhakim risponde così:

Nelle categorie giovanili avrei partecipato a tante gare con la nazionale, ma purtroppo a causa della cittadinanza non ho potuto. Ora sto ancora sperando che me la diano per poter competere nelle prossime gare internazionali e onorare il paese dove sono cresciuto. Ciò che mi dà più fastidio è che sono in Italia da 12 anni, mi sono diplomato qua, ho vinto 10 titoli italiani, ho fatto 6 medaglie d’argento e 5 di bronzo e nonostante tutto ciò, a un anno di distanza, non ho ancora nessuna notizia sullo stato della mia richiesta. E ci sono tanti altri ragazzi che vivono, studiano e fanno sport in Italia da anni ma si trovano nella mia stessa situazione. Io mi chiedo: siamo nel 2020, per quanto dovremo ancora convivere con queste tempistiche e questo razzismo verso gli immigrati? Immigrati che tra l’altro sono magari anche nati qui. Penso a quelli che dicono “prima gli italiani”: va bene, siamo in Italia ed è giusto così, ma in fondo siamo tutti uguali, mangio pasta e amo la pizza come tutti voi.

Ennesima storia di assurdità e contraddizioni, di tempistiche dilatate e meandri burocratici. Speriamo di vedere presto Abdelhakim correre forte sul rettilineo finale di un 1500 in giro per il mondo, con indosso la maglia azzurra del suo paese.

Qual è il tuo sogno in ambito sportivo?

Quello di tutti gli atleti. Le Olimpiadi.

Arianna Locatelli
Da piccola cercavo l’origine del mio nome perché mi affascinava la storia che c’era dietro. Ancora oggi mi piace conoscere e scoprire storie di cui poi racconto e scrivo. Intanto corro, bevo caffè e pianifico viaggi.

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