Del: 23 Novembre 2020 Di: Redazione Commenti: 0
Il diritto di scegliere: consultori, aborto e pandemia (foto di Non una di meno)

A risentire della grave emergenza sanitaria causata dal Coronavirus, ci sono anche i servizi per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), che avevano vacillato già con il precedente lockdown. Agli ospedali sopraffollati, alla chiusura di cliniche specializzate e a procedure tutt’altro che limpide, si aggiunge anche la mancata concretizzazione delle nuove linee guida ministeriali sull’aborto farmacologico, relative alla pillola RuD86. Uno scontro di lunga durata è quindi quello che investe le donne del giorno d’oggi, ancora in lotta per un diritto inalienabile.

La pillola Ru486

Ma veniamo a descrivere meglio le caratteristiche del farmaco Ru486, esemplificate dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

Si tratta di un farmaco usato per l’interruzione di gravidanza che si assume in via orale e a differenza degli altri metodi abortivi non richiede l’ospedalizzazione, interventi chirurgici e anestesie, annullando qualsiasi rischio da questo punto di vista e può essere utilizzato nelle prime settimane di gravidanza.

I dati del Ministero della Salute

Analizzando i dati relativi agli ultimi anni possiamo notare che secondo i calcoli del Ministero della Salute nel 2017 vi era una percentuale di obiettori del 68,4%. L’Italia è uno dei paesi con i tassi più bassi e l’aborto è in netto calo, in parte per l’utilizzo di contraccettivi di emergenza, per la pillola del giorno dopo e per l’alto numero di obiettori, portatori di critiche anche nei confronti dell’aborto farmacologico che è diventato una valida alternativa e usato nel 20% dei casi.

Tabella dati relativi agli aborti dal 1978 al 2017 del Ministero della Salute

Nel 2018 sono state rilevate 76.328 IVG, confermando il continuo andamento di riduzione del fenomeno (-5,5% rispetto al 2017) a partire dal 1983. Il numero delle IVG è più che dimezzato rispetto ai 234.801 casi del 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia. Vi è stato un aumento degli obiettori: il 69% dei ginecologi, il 46,3% degli anestesisti e il 42,2% del personale non medico, valori in leggero aumento rispetto a quelli riportati per il 2017.

Dati estratti il 18 nov 2020, 13h37 UTC (GMT) da I.Stat

Analizzando i dati forniti possiamo avere una chiara descrizione degli andamenti delle interruzioni volontarie di gravidanze pubblicate nel 2020 e riportante i dati del 2018. Guardando all’anno corrente, secondo i dati del sito ufficiale dell’OMS sembra che 25 milioni di aborti ogni anno non avvengano in sicurezza in Asia. Nel mondo il 25% delle gravidanze termina con un aborto spontaneo, ogni anno ci sarebbero 35 aborti ogni 1000 donne. Secondo il parere dell’OMS, un modo per ridurre gli aborti sarebbe facilitare l’accesso alla contraccezione.

Movimenti e proteste

Venendo agli ultimi mesi, il 12 agosto il ministro della Salute Roberto Speranza aveva aggiornato le direttive sull’aborto permettendo l’uso della pillola abortiva RU486 anche senza ricovero. Nonostante le numerose critiche dei pro-life si era giunti a un passo estremamente importante della storia, fino a quando la pandemia ha bloccato tali possibilità. In molti casi l’aborto non è stato considerato una pratica sanitaria essenziale e l’ipotesi agevole della pillola Ru486 è stata malvista dagli oppositori, per quanto avrebbe evitato un ulteriore sovraffollamento.

Il movimento femminista Non una di meno ha dato il via a una serie di proteste che hanno trovato il loro culmine a seguito delle dure dichiarazioni sull’aborto di don Leonesi. Un messaggio forte lanciato sulle reti da Non una di meno trans territoriale Marche e Macerata ha portato 300 donne appartenenti al movimento a manifestare e a difendere i loro diritti in piazza Mazzini a Macerata.

Don Andrea Leonesi, vescovo di Macerata il 27 ottobre giorno dell’Immacolata durante l’omelia aveva infatti espresso pareri estremamente forti mostrandosi favorevole alle scelte delle leggi abortiste della Polonia e paragonando l’interruzione di gravidanza alla pedofilia. Fra le parole che più colpiscono ricordiamo quest’ultime: «L’aborto è il più grande degli scempi», esordisce. Ma «è più grave l’aborto o un atto di pedofilia?», si chiede don Leonesi. «Scusate, il problema di fondo è che siamo così impastati di una determinata mentalità. Questo non vuol dire che un atto di pedofilia non sia una cosa gravissima, ma che cosa è più grave?». La discussione si è infine conclusa parlando del matrimonio cristiano e del fatto che la moglie debba essere sottomessa al marito. Le donne di Macerata non hanno potuto tacere al riguardo e hanno manifestato.

Si è trattato di un gesto di grande rilevanza perché ha evidenziato la grave condizione in cui si trova la regione Marche con un elevato tasso di pro-life anche tra il personale medico. Le scuse del vescovo sono arrivate con una serie di giustificazioni dove dichiara: «Non ho detto che l’aborto sia più grave della pedofilia, ho solo detto che l’aborto è una cosa grave. Non volevo offendere nessuno. Chiedo scusa a tutti».

Il 22 novembre è già stato pianificato dai nodi NUDM un incontro in forma virtuale, procedendo con le linee guida precedentemente dichiarate e recante il titolo: La violenza sui nostri corpi: consultori, aborto e pandemia. Ancora molti i passi che devono essere compiuti per giungere ai tanto attesi diritti e le donne del movimento femminista stanno portando avanti la loro lotta, unite alle loro sorelle polacche. Il movimento Non una di meno e le loro azioni sono state anche un caldo sostegno a quest’ultime che stanno lottando senza tregua contro il loro governo. Una coalizione di donne che stanno scrivendo una storia della pagina e che è ancor più rilevante essendo prossimi al 25 novembre, giornata nazionale contro la violenza di genere.

Articolo di Gaia Iamundo

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