Radici racconta la storia della Prima Repubblica italiana, dal 1946 al 1994.
Nella giornata del 19 novembre 1969 era prevista una grande manifestazione in Italia, uno sciopero generale proclamato dai sindacati: «la giornata di lotta per una nuova politica della casa e per una profonda riforma urbanistica che prevedano, insieme col blocco dei fitti e dei contratti e con l’introduzione dell’equo canone, un immediato arresto della speculazione sulle aree e il diritto di esproprio», in quegli anni infatti il prezzo degli affitti cresceva, mentre l’edilizia popolare scarseggiava.
In mattinata 2500 operai parteciparono al convegno sindacale tenuto al teatro Lirico in via Larga a Milano, proprio a due passi dalla sede della Statale di via Festa del Perdono. All’esterno erano riuniti un migliaio di operai, successivamente raggiunti da circa 500 militanti marxisti-leninisti provenienti Piazza Duomo e da alcuni membri di Movimento studentesco della Statale, con in testa il loro leader Mario Capanna. La giornata, che doveva essere l’occasione di una protesta pacifica, cambiò registro verso le 11.30, quando dei mezzi della polizia che seguivano dei manifestanti rimasero imbottigliati nella folla e, cercando di fare marcia indietro, investirono di striscio un manifestante, trasformando il clima da sereno in esplosivo.
Iniziarono subito degli scontri pesanti tra forze dell’ordine e manifestanti che si armarono con sbarre di ferro, una delle quali colpì alla testa e uccise Antonio Annarumma, poliziotto ventiduenne che si trovava dentro una camionetta.
Le tensioni e i tafferugli continuarono e dilagarono anche nelle zone adiacenti a via Larga, poi si spensero lentamente. Fulcro nevralgico della protesta continuò ad essere la sede della Statale che fu occupata dagli studenti per tutta la notte. In Aula Magna un’assemblea approvò due mozioni, la prima invitava alla mobilitazione generale di operai e studenti per le giornate a venire, mentre la seconda avrebbe dovuto avere il fine di «rendere inutilizzabili tutti quei giornali che non daranno la notizia veritiera sulla versione dei fatti […] Quei giornali che non parleranno della provocazione della polizia».
Il Corriere della Sera del giorno seguente non diede evidentemente retta a questa mozione e condannò fortemente l’accaduto, dicendo che: «I lavoratori dovrebbero sentirsi più di ogni altra categoria vicini alla memoria dell’agente caduto […] Annarumma faticava e duramente — sbeffeggiato dai figli di papà delle Università, come tutti gli agenti — per 81mila lire al mese”. L’Unità invece, commentando la vicenda, sottolineò anche il ruolo delle forze dell’ordine nella vicenda: «L’irresponsabile, ingiustificato comportamento della polizia è stato all’origine, ieri a Milano, durante l’imponente sciopero generale che ha visto l’adesione plebiscitaria anche del capoluogo lombardo, di gravi incidenti, nel corso dei quali un agente di 22 anni ha perduto la vita».
Ai funerali del giovane poliziotto partecipò un’enorme folla e alla famiglia giunsero messaggi di solidarietà dai politici di tutti gli schieramenti e dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.
Le polemiche, tuttavia, non si placarono neanche il giorno dell’ultimo saluto all’agente.
Gli animi infatti si accesero quando arrivò al funerale Mario Capanna, leader del Movimento studentesco, intenzionato ad affermare l’estraneità del gruppo all’uccisione di Annarumma. Appena lo videro, dei membri delle forze dell’ordine e alcuni militanti neofascisti tentarono di aggredirlo. A sottrarlo dal linciaggio fu il commissario Luigi Calabresi, ancora naturalmente ignaro del ruolo di protagonista che gli spettava nella storia degli Anni di piombo, un periodo di violenza politica che portò con sé troppe vittime innocenti e che era appena iniziato con l’uccisione dell’agente Annarumma.
Bibliografia:
- L’Unità, 18 novembre 1969.
- L’Unità, 20 novembre 1969.
- Corriere della Sera, 20 novembre 1969.
- Corriere della Sera, 22 novembre 1969.