
È in rotazione radiofonica dal 18 dicembre Francesco, brano che vede il featuring di Motta ed estratto da Fragile (Blackcandy Produzioni), primo album solista di Maestro Pellegrini (Zen Circus).
Francesco Pellegrini, in arte Maestro Pellegrini, è uno dei musicisti più influenti della scena pop/rock italiana.
Polistrumentista classe ‘84, è noto al grande pubblico come membro degli Zen Circus con i quali, dal 2016, ha partecipato a due edizioni del Primo Maggio-Roma e alla penultima edizione del Festival di Sanremo nella categoria Big. La sua carriera è però cominciata diversi anni prima come membro dei Criminal Jokers al fianco di Francesco Motta, e Francesco parla proprio della loro amicizia.
Maestro ha cominciato a lavorare al suo primo disco solista nella primavera 2018 in un momento importante di crescita personale. Nel progetto discografico full lenght dal titolo Fragile – costituito e anticipato dai due EP omonimi – numerose sono le collaborazioni: oltre a Motta, Lodo Guenzi, Appino degli Zen Circus, Giorgio Canali del CSI.
Abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda direttamente a Maestro.
Ciao Francesco, iniziamo con la nostra domanda di rito: come riassumeresti in breve il tuo progetto musicale?
Userei una parola: vita. Direi che in questo disco ho messo una parte della mia vita – l’altra probabilmente sarà nel prossimo. Penso che le canzoni siano un ottimo strumento per comprendere sé stessi e raccontarsi. Era quello che non avevo fatto finora, lavorando come musicista e non come compositore: finalmente qui c’è la mia vita.
Quindi Fragile, come titolo dell’album, è molto significativo…
Fragile è la parola che rappresenta in modo più esaustivo i contenuti dell’album e il particolare momento in cui l’ho scritto (nella casa livornese del regista Paolo Virzì, ndR). L’intento era quello di raccontare le nostre paure, le nostre fragilità. È questa la chiave per liberare il nostro mondo interiore, soprattutto quello dell’immaginazione, continuamente tenuto nascosto da tutto, in primis dalla nostra coscienza. Lei ci dice che le emozioni non servono, anche perché a volte ci fanno paura. È per questo che il titolo si confà molto bene alla situazione che stiamo vivendo, semplicemente perché ci crediamo sempre forti, ma non lo siamo. Ci sono cose molto più grandi di noi.
Francesco racconta l’amicizia tra te e Motta…
È il primo brano che ho scritto, anche per questo è il più importante di Fragile. In Francesco cerco di raccontare la storia di un’amicizia che è stata poi sopraffatta dalla vita e dagli eventi. In realtà i Criminal Jokers non si sono mai sciolti e io e Francesco non abbiamo mai smesso di essere amici. Semplicemente si cresce e si prendono strade diverse: Francesco ha deciso di trasferirsi a Roma mentre io sono rimasto a Livorno. In Francesco cerco di domandarmi se veramente ci sia un motivo per il quale ci siamo allontanati, oppure no.
E com’è stato cantare insieme?
È stato un momento molto bello e importante. Tra l’altro Francesco è stato l’unico tra gli ospiti dell’album ad aver cambiato alcune parole al brano, proprio perché voleva cantare la sua risposta. È la prima cosa ufficiale che facciamo insieme dopo dieci anni, quindi per me ha un’importanza grandissima e spero che la abbia anche per lui. Sono sicuro di sì, conoscendolo.
Fragile è un disco molto pop ma ricco di sonorità rock… qual è l’anima di Maestro?
Inizio col dire che il mio nome d’arte è dovuto al mio percorso accademico e alla mia origine familiare, infatti vengo da una famiglia di musicisti da generazioni. Fare parte di una famiglia di musicisti non è facile e da qui viene la mia vocazione per il rock. Da giovane è stato il linguaggio che ho usato per emanciparmi: non volevo studiare musica come faceva mio padre, sentivo che il rock esprimeva al meglio me stesso. Quando ho scritto il mio disco, invece, era un momento diverso: avevo 33 anni, non ero più un adolescente e mi ero anche riavvicinato ai miei genitori.
Lì ho elaborato l’idea della musica come un tutt’uno: credo che la musica sia una e che le distinzioni di genere siano sbagliate.
Se proprio devo, direi che la mia idea di musica è sicuramente più classica che rock: in questo disco emerge lo studio dell’armonia, i suoni che ho studiato, quindi sfocio nel pop. Generalmente è così: chi lavora nel pop ha studiato classica, i due generi si avvicinano tantissimo.
Hai dato anche una bella impronta elettronica al tuo lavoro…
Tutte le tracce sono state inizialmente composte piano e voce, poi in fase di produzione abbiamo deciso di arrangiarle in una veste più moderna. Ne è uscito un sound ibrido tra elettronica e acustica, conta che nel disco hanno suonato undici musicisti, gli strumenti sono tanti, ma non mi sono vergognato nel lavorare con strumenti elettronici: credo che per ottenere una sonorità nuova non si possa non passare da questo tipo di strumentazione.
Scrittura e cantato, invece, mi hanno ricordato Dente…
Dente è il grande escluso del mio disco, è un amico e avrei voluto molto farlo partecipare. Anzi, spero sia il prossimo ospite di un mio brano, lo stimo molto come persona e come artista. Sicuramente ci sono molti punti in comune tra noi.
Ringraziamo Maestro e vi lasciamo con un ultimo brano inciso con un amico. Questa volta di tratta di Lodo Guenzi: