Del: 2 Gennaio 2021 Di: Arianna Locatelli Commenti: 0

Viaggi, esplorazioni, vagabondaggi. In questa rubrica, un’indagine intorno al movimento e al desiderio di spostarsi e cercare altri luoghi.


Capita spesso di avere il desiderio impellente di partire, abbandonare la routine, per scoprire nuove realtà, fare nuove esperienze. E sicuramente questa sensazione bussa alla porta in particolare in un momento storico come quello che stiamo passando a livello globale. Questa spinta al cambiamento è però qualcosa di presente da ben prima e le storie di scelte radicali sono svariate: tra tutte, quella più famosa, è forse la vicenda di Christopher Johnson McCandless.

Christopher McCandless nasce nel 1968 in una cittadina vicino a Los Angeles, da una famiglia benestante ma piuttosto contrastata. Dopo essersi spostato a Washington laureandosi con ottimi voti in Antropologia e Storia, Christopher decide di abbandonare la ricerca di un lavoro sicuro per partire alla volta di un viaggio attraverso gli Stati Uniti d’America spingendosi fino alle selvagge terre dell’Alaska. Lascia tutto indietro, famiglia, legami, impieghi e addirittura il suo nome, che cambierà in Alexander Supertramp: ciò che più in generale il giovane sta però rifiutando è l’obbligo di sottostare a determinate regole dettate dalla società capitalista contemporanea.

Dopo aver donato i 24mila dollari che aveva sul suo conto a un’associazione benefica, inizia quello che sembra un vero e proprio pellegrinaggio, attraversando gli Usa al margine della società, in una sorta di un viaggio ascetico.

È il 1992 quando Chris arriva all’imbocco dello Stampede trail, nel Denali national park, il più importante parco nazionale dell’Alaska, situato circa 400 km a nord di Anchorage, che prende il nome dall’omonimo monte che con poco più di 6000 metri è la vetta più alta dell’America del Nord.

È questo lo scenario che gli si apre davanti, 2 400 000 ettari di natura incontaminata, di territori disabitati. L’intenzione del ventiquattrenne americano è quella di “vivere nella natura per qualche mese” come racconta l’ultima persona che ha parlato con il ragazzo, un anziano signore che gli aveva dato un passaggio in pick up fino all’inizio della Stampede trail.

Chris inizia il suo trekking fino ad arrivare a quello che viene soprannominato il Magic Bus, un autobus abbandonato in cui vivrà per un po’ di tempo cacciando piccoli animali e cibandosi con piante e radici che riconosce grazie a un libro che ha con sé. Ma arriva l’estate e, tornando sui suoi passi, Christopher raggiunge il fiume Teklanika che aveva guadato con facilità all’andata: lo scioglimento dei ghiacci ha provocato l’ingrossamento del corso d’acqua, diventato impossibile da attraversare. Anche tutta la selvaggina ha abbandonato il lato del parco in cui si trova e sarà proprio questo fatto a determinare la sua fine: provato fisicamente, impossibilitato dal procurarsi di che nutrirsi, dopo poco tempo Cristopher morirà nel Magic bus. Lo ritroveranno 19 giorni dopo il decesso avvenuto il 18 agosto 1992 alcuni cacciatori: al momento della morte pesava 30 kg.

La storia di Christopher McCandless è difficile da interpretare, straordinaria e insieme folle. Negli anni il giovane è stato definito come un luminare, uno spirito libero animato da profondi ideali ma al tempo stesso come un incosciente, un ragazzo inconsapevole dei pericoli dei suoi sogni. E’ difficile giudicare scelte di questo tipo proprio per il loro estremismo: Christopher non era partito per un semplice viaggio, ma per un pellegrinaggio moderno portato all’estremo, come le terre in cui il suo percorso è tragicamente terminato.

Scelte di questo tipo rispondono a un istinto naturale e primitivo dell’uomo, quello di muoversi, di spostarsi e scoprire, fuggendo di fatto dai vincoli che caratterizzano la vita nella sua quotidianità. Wanderlust è il termine utilizzato in psicologia per indicare questa spinta, questa desiderio di partire e vagabondare, definita “malattia del viaggiatore”, concetto cardine tra l’altro del romanticismo tedesco. D’altronde “L’unica cosa immutabile è il desiderio di cambiamento”, sosteneva Eraclito. Cambiamento che Christopher McCandless ha inteso in uno dei modi più radicali possibili. Scelta che ha portato ad esiti sicuramente contrastati se, poco prima del suo decesso, il ragazzo ha scritto su una pagina del suo diario una frase ormai piuttosto rinomata: “happiness is real only when shared”, la felicità è reale solo se condivisa.

La storia del giovane americano ha di sicuro avuto enorme risonanza, portando Jon Krakauer a scrivere un libro sulla vicenda “Into the wild” da cui in seguito è stato tratto un film prodotto dal Sean Penn.

Oltre a ciò, sono stati numerose le persone che hanno deciso di mettersi sulle tracce del “supervagabondo” alla ricerca del Magic Bus, tra l’altro recentemente rimosso proprio a causa di questi pellegrinaggi spesso improvvisati da viaggiatori impreparati che più volte si sono messi in pericolo. Ciò che ha spinto Christopher a partire è forse racchiuso in una lettera mandata all’amico Ron ancora prima di avventurarsi nelle selvagge terre dell’Alaska.

Troppe persone vivono circostanze infelici, eppure non prendono l’iniziativa di cambiare le cose perché sono condizionati da una vita di sicurezze, conformismo e tradizionalismo

[…] La gioia della vita deriva dai nostri incontri e dalle nuove esperienze, pertanto

non c’è gioia più grande di avere un orizzonte costantemente diverso, vedere ogni giorno un sole nuovo e differente.

E quindi, Ron, in breve, scappa dalla città e mettiti sulla strada. Muoviti, sii nomade, fai in modo di vedere un orizzonte nuovo ogni giorno.

Forse scelte come quelle di Christopher sono davvero difficili da concepire e soprattutto da conciliare con i vincoli della società occidentale. Forse è vero che a un centro punto ci si arriva a scontrare con l’imperturbabilità della natura, con i legami sociali, con l’impossibilità di vivere alla giornata, di essere completamente privi di radici. Ciò che emerge è però che ci sono degli istinti, radicati nel profondo, che spingono verso l’altro, verso ciò che è lontano e distante e che alimentano l’intrinseca curiosità che caratterizza parte della natura umana.

Arianna Locatelli
Da piccola cercavo l’origine del mio nome perché mi affascinava la storia che c’era dietro. Ancora oggi mi piace conoscere e scoprire storie di cui poi racconto e scrivo. Intanto corro, bevo caffè e pianifico viaggi.

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