Del: 17 Gennaio 2021 Di: Michela La Grotteria Commenti: 0
Il falò dei libri politically incorrect

«Sono molto orgogliosa di dire che quest’anno abbiamo rimosso l’Odissea dal curriculum!». Così ha dichiarato Heather Levine, un’insegnante della Lawrence High School di Lawrence, Massachusettes. Omero sarà depennato dal programma scolastico in quanto sostenitore, nei suoi poemi, della mascolinità tossica: ecco l’ultimo prodotto della cancel culture americana.

Cos’è la cancel culture

È la tendenza a rimuovere dalla sfera della circolazione culturale (o dell’educazione) persone, opere e autori giudicati colpevoli di aver fomentato atteggiamenti minatori in ambito di discriminazione etnica, disparità di genere, diritti delle minoranze e valori generali su cui si fonda la società contemporanea. Valori che, secondo i fautori della cancel culture, sarebbero minacciati da prodotti culturali di altre epoche e contesti sociali, anche molto distanti nel tempo.

In America sono già parecchie le vittime che ha mietuto: quelle che hanno avuto maggior risonanza sono state le statue di Colombo e di altri condottieri o politici associati al passato coloniale e razzista, abbattute o vandalizzate in diverse città statunitensi lo scorso giugno. L’azione si presentava come risposta simbolica all’uccisione brutale di George Floyd, in coda quindi alla serie di manifestazioni Black Lives Matter che hanno infiammato le strade per settimane.

E la letteratura?

Subisce danni ancora più profondi. «Sotto lo slogan #DisruptTexts gli ideologi della teoria critica, gli insegnanti e gli attivisti di Twitter si stanno scagliando contro i testi classici. Tutti, da Omero a Francis Scott Fitzgerald al Dr. Seuss», ha scritto Megan Cox Gordon sul Wall Street Journal, testata che ha denunciato l’avvenuta censura dell’Odissea. La scorsa primavera era toccato infatti a Il grande Gatsby, cancellato in una scuola dell’Alaska insieme ad altri quattro titoli “compromettenti”. L’accusa? Contengono riferimenti sessuali, linguaggio misogino, scene di violenza, messaggi “anti-bianco”. Nel 2019 è finito nel mirino Huckleberry Finn, per le sue «rappresentazioni di atteggiamenti razzisti che possono turbare gli studenti».

La questione è spinosa. Ciò che sembra mancare è un briciolo di prospettiva, quel tanto che servirebbe per distinguere libri che propongono modelli etici corrotti, e invitano ad assumerli, da libri che, al contrario, propongono questi scenari per metterli in questione. O meglio, servirebbe, come ha affermato Valerio Magrelli, distinguere letteratura e pedagogia: «[…] continuare a insegnare alle bambine delle favole che le prefigurano e le predispongono a determinati comportamenti è pericoloso. Il patriarcato passa anche da questo. Quindi io considero la pedagogia un terreno diverso dalla letteratura. Una cosa è studiare la letteratura, una cosa è modellare i ragazzi».

La questione più ampia che viene messa in discussione è la libertà di parola e di espressione: quella difesa dalla lettera pubblicata dalla rivista americana Harper’s, firmata da centocinquanta intellettuali tra cui Salman Rushdie, Noam Chomsky e Margaret Atwood. Quali sono, se ci devono essere, dei confini posti a questa libertà fondamentale? Il forzare un’istituzione affinché censuri un’opera che da alcuni è sentita come scomoda, è un corollario necessario alla libertà di pensiero o ne è una pericolosa deriva?

Alcuni hanno parlato di iconoclastie contemporanee, altri di ostracismo culturale: ma forse è più appropriato parlare di fanatismo, di fronte a dichiarazioni come quella dell’insegnante Evin Shinn, di Seattle. «Preferirei morire» ha detto «piuttosto che portare in classe La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne». C’è da chiedersi quali libri andranno a colmare i vuoti nel programma, quando tutti i classici saranno stati purgati dalla falce irrefrenabile del politically correct.

Michela La Grotteria
Made in Genova. Leggo di tutto per capire come gli altri vedono il mondo, e scrivo per dire come lo vedo io. Amo le palline di Natale, la focaccia nel cappuccino e i tetti parigini.

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