Del: 19 Febbraio 2021 Di: Laura Colombi Commenti: 0
Agarthi, un rave spirituale. Intervista a Sem&Stènn

È fuori oggi Agarthi (prod. Believe Digital), il primo concept album in italiano del duo electro pop milanese Sem&Stènn.

Agarthi ci introduce in un mondo interiore dove la spiritualità è connessa all’eccesso, dove le imperfezioni di tutti sono il valore più grande che abbiamo. Un rave spirituale in cui ci si spoglia dai vestiti e dalle energie negative. Dove ballare senza sosta diventa un rito di purificazione.

Sem&Stènn partono nell’aprile 2016 con un progetto interamente indipendente e lo promuovono in giro per il mondo tra Italia, Europa e Stati Uniti. Nell’estate 2017 arriva X Factor: qui Sem&Stènn divertono, disturbano, dividono, scuotono il pubblico e si fanno portavoce della comunità LGBTIQ+ contro qualsiasi stereotipo di genere.

Nel 2018 esce Baby Run feat. Manuel Agnelli, che li sceglie come opening performers all’unica data celebrativa dei 30 anni degli Afterhours. Sempre nel 2018 esce il primo album, OFFBEAT, cui segue l’omonimo tour nelle principali città italiane.

In occasione dell’uscita del nuovo album, abbiamo fatto loro qualche domanda per saperne di più.


Ciao ragazzi e benvenuti su Vulcano! Per primo, come descrivereste in poche parole il vostro progetto musicale?

Stènn: pop, visionario.

Sem: onirico!

Cos’è Agarthi? Da dove nasce quest’idea?

Sem: La leggenda induista racconta di Agarthi come la città sotterranea che gli dei crearono dopo essere fuggiti dalla superficie terrestre, stanchi dell’imperfezione dei mortali. Due anni fa, quando abbiamo iniziato a scrivere questo disco, lo sconforto e il senso di inadeguatezza ci portarono a immaginare un nuovo mondo ideale, dove sentirsi finalmente a casa. La sensazione di aver toccato il fondo ci ha fatto amare ancora di più l’idea di Agarthi: ci hanno sempre insegnato che in alto c’è il paradiso e in basso troviamo l’inferno. Se non fosse così? Se l’ordine delle cose fosse invertito, e si debba scavare in profondità anziché mirare ai cieli stellati?

In cima alla tracklist troviamo un titolo forte come Froci e normali

Stènn: Froci e normali parla del dualismo che si crea sempre nelle società tra minoranze e maggioranza della popolazione, un rapporto che tende a essere spesso conflittuale. Noi l’abbiamo declinato sulla nostra storia, ma penso si possa applicare benissimo ad altre situazioni. Credo sia un periodo storico in cui le minoranze finalmente hanno trovato la loro voce. Questo pezzo rappresenta un po’ il disagio delle minoranze e allo stesso tempo racconta del tentativo di migliorare la propria condizione.

Sem: Contestualizzato al racconto del disco, è in cima alla tracklist proprio perché rappresenta il momento in cui diciamo a noi stessi che le cose non ci vanno più bene, per questo andiamo alla ricerca di Agarthi, del nuovo mondo. E poi è stato anche il primo pezzo di questo disco a cui abbiamo lavorato, quindi anche il primo testo che abbiamo scritto in italiano. Ci siamo particolarmente legati, perché nel momento in cui abbiamo iniziato a scriverlo abbiamo dovuto riformulare tutto il nostro linguaggio in italiano, cercare una nostra strada. Ci eravamo ripromessi di essere senza filtri e ci siamo riusciti, credo, con un titolo così!

Cosa è normale?

Sem: La normalità per noi non esiste, nel senso che è del tutto soggettiva. È un concetto che vogliamo sradicare. Il titolo è estremamente provocatorio, anche froci è una parola da bannare. Sono due parole al limite, le abbiamo scelte proprio per aprire una discussione.

Agarthi è il vostro primo lavoro in italiano. Come mai questo cambiamento?

Sem: Con OFFBEAT ci siamo accorti che i testi passavano totalmente in secondo piano e ci spiaceva perché anche in quel disco c’erano dei messaggi che tenevamo a far passare. Oggettivamente in Italia non siamo ancora abituati a questo. Stavolta avevamo un contenuto che sentivamo il bisogno di comunicare in modo ancora più diretto, perciò abbiamo deciso di metterci alla prova, anche per darci nuovi stimoli. E poi il nostro sound non si trova in Italia e volevamo farci portavoce nel nostro paese delle sonorità che trovate nel disco.

Stènn: È stata una sfida, nel senso che volevamo creare qualcosa che non ci fosse qui e che aprisse un po’ una nuova strada. Penso che il risultato finale vada in quella direzione.

E se doveste riconoscervi in un genere musicale?

Sem: Mentre OFFBEAT era più legato al mondo new wave anni ’80, qui ci siamo ispirati alla scena electro-pop d’avanguardia europeo (britannica, svedese ed est-europea), per fare qualche nome ci riferiamo alle produzioni di A. G. Cook, ai lavori di artisti come Tommy Cash e Charli XCX. È quello che noi riteniamo essere il pop del futuro.

I-D Vice ha parlato di voi come «l’unica resistenza queer della musica italiana». Cosa vi rende diversi da altri artisti del mondo queer come Myss Keta o lo stesso Popolous, con cui avete collaborato?

Sem: Mi riferisco prettamente al sound. In primis siamo artisti che fanno musica, poi è inevitabile che passino certi messaggi come artisti queer. Purtroppo esporsi è ancora una grande discriminante in Italia, per noi è inevitabile farlo perché quando scriviamo o performiamo è inevitabile essere noi stessi. Per questo l’appellativo che ci ha dato I-D ci rende molto orgogliosi.

Stènn: È anche quello il senso della resistenza queer, anche per il modo di mostrare la queerness in maniera così evidente e così forte. Siamo fieri di essere la resistenza!

Il vostro è un disco da ballo, com’è pubblicarlo in questo momento?

Sem: È triste. Noi lo descriviamo come un rave spirituale, quindi abbiamo tanto immaginato la situazione live come un rito di aggregazione, di purificazione. Abbiamo tante idee in mente per il live, sicuramente è un disco che va suonato nei club. Abbiamo comunque deciso di pubblicarlo ora, un po’ per egoismo – ci stavamo lavorando da due anni – ma anche e soprattutto per gli altri. Pensiamo che in questo periodo in cui si sono fermate tante cose per noi artisti sia importante dare degli stimoli per chi è a casa, quindi l’idea è anche che uno possa ascoltare Agarthi e farsi il suo rave in casa da solo.

Stènn: In realtà ci sono anche dei pezzi più introspettivi, che pongono delle questioni importanti. Penso che ora sia il momento giusto per l’uscita del disco, perché il senso complessivo è anche quello di dare speranza, self empowerment… poi ci sarà tempo per ballarlo più in là!

Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.

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