Le proteste in Birmania, il cui nome ufficiale dal 1989 è Myanmar, continuano. Per il quinto giorno consecutivo in migliaia continuano a insorgere contro il colpo di stato militare, nonostante la censura di Internet e gli arresti. Le manifestazioni sono state represse dalla polizia con l’uso di idranti e proiettili di gomma che hanno colpito alcuni contestanti provocando diversi feriti e una vittima.
Ma cosa è successo?
Il primo febbraio l’esercito birmano, con a capo il generale Min Aung Hlaing, ha preso il potere con un colpo di stato facendo arrestare tutti i principali leader del partito di maggioranza, la Lega nazionale per la democrazia (NDL) tra cui Aung San Suu Kyi, promotrice dello stesso partito. Il golpe è avvenuto il giorno in cui il parlamento birmano si sarebbe riunito per la prima volta dopo le elezioni di novembre, vinte dalla NDL che ha battuto il Partito per la solidarietà e lo sviluppo dell’Unione (USDP), sostenuto dai militari, che non hanno accettato la sconfitta e hanno assunto il controllo della nazione, dichiarando nullo il risultato delle elezioni, ritenendolo fraudolento.
Questa azione militare conclude il tentativo di democratizzazione iniziato nel 2011, dopo un lungo periodo di governo militare cominciato nel 1962. Il paese, infatti, non è nuovo ai colpi di stato: il quadro politico birmano ha visto alternarsi governi militari repressivi a tentativi puramente formali di democrazia. Il Myanmar è un paese caratterizzato ancora da condizioni di profonda arretratezza, nel quale il potere è stato per molto tempo nelle mani di militari e guerriglieri. La nazione aveva ottenuto l’indipendenza definitiva dal Giappone nel 1948, grazie anche alle forze nazionaliste birmane guidate da Aung San (padre di Aung San Suu Kyi). Nel 1962 il primo colpo di Stato da parte dell’esercito, che creò un governo militare monopartitico (il Burma Socialist Programme Party).
Nel 1988, in un altro colpo di Stato, i militari soffocarono la vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia, creando il gruppo militare noto come “Consiglio di Stato per la restaurazione della legge e della sicurezza” (SLORC).
Nel 1990, la NDL vinse le elezioni e sembrò avviarsi un periodo di democratizzazione, ma la maggioranza rifiutava di limitare il ruolo centrale dell’esercito nel parlamento e nelle istituzioni amministrative locali. L’esercito intensificò così le persecuzioni contro gli oppositori del regime che inasprirono nuovamente il clima politico nazionale.
L’esercito ha sempre avuto un ruolo predominante all’interno della politica birmana, la stessa costituzione fu scritta da alcuni esponenti politici appartenenti all’ambito militare.
Ciò permette il controllo di alcuni importanti ministeri come il Ministero della Sicurezza, della Difesa e degli Affari Interni e di conseguenza la gestione della polizia, dei servizi di intelligence e delle frontiere. Anche nell’economia, i militari rivestono un ruolo rilevante, controllando società come la Myanmar Economic Holdings Limited (MEHL), la Myanmar Economic Corporation (MEC), e altre centinaia di imprese in diversi settori, dall’edilizia al turismo.
Nel marzo del 2020, la NDL ha proposto alcune modifiche alla Costituzione che avrebbero permesso un ridimensionamento del potere militare in ambito legislativo, proposte che furono però bocciate. Mentre l’esercito riprende il controllo del paese, le repressioni delle proteste sono diventate oggetto di preoccupazione per le Nazioni Unite che hanno condannato l’uso della forza sui contestanti e hanno indetto una sessione straordinaria sulle “implicazioni per i diritti umani della crisi in Myanmar”.