Del: 1 Febbraio 2021 Di: Chiara Malinverno Commenti: 0

Sono molti i temi che negli ultimi mesi animano e indignano l’opinione pubblica, ma ce n’è uno che non sembra mai trovare spazio: l’università. È sufficiente seguire gli interventi di politici e opinionisti per rendersene conto.

Se da un lato non si contano le dichiarazioni circa la necessità di riaprire scuole primarie e superiori, cinema, teatri e persino impianti sciistici, dall’altro ben pochi si interessano dell’urgenza di restituire ai giovani un luogo di formazione sicuro ed efficace. Secondo il DPCM del 14 gennaio scorso, è compito delle singole università predisporre, in base all’andamento del quadro epidemiologico, piani di organizzazione della didattica e delle attività curriculari, da svolgersi a distanza o in presenza. A un primo sguardo, sembrerebbe che una disposizione di così largo respiro sia idonea ad assicurare agli studenti provvedimenti calzanti le singole esigenze.

Nonostante sia così nella maggior parte dei casi, non è possibile ignorare come vi siano situazioni specifiche in cui l’ampio margine di manovra lasciato ai singoli atenei rischia di portare a conseguenze quasi paradossali.

Sul punto è emblematica la decisione presa dalla Statale in riferimento allo svolgimento delle sedute di laurea. A fronte del decreto rettorale adottato in attuazione del DPCM del 14 gennaio e in vigore dal 16 gennaio fino al 5 marzo prossimo, le sedute di laurea triennali, magistrali e a ciclo unico, nonché gli esami finali di dottorato si svolgeranno a distanza, indipendentemente dallo scenario di rischio in cui la nostra regione verrà collocata. Tale scelta che tra le altre motivazioni potrebbe esser stata dettata dal timore di festeggiamenti irresponsabili porta a risultati pratici sicuramente discutibili, come il fatto che, con il passaggio della Lombardia in zona gialla, ci si potrà sedere ai tavoli di un ristorante, si potranno visitare musei e mostre, si potranno seguire lezioni in presenza insieme a centinaia di studenti, ma ci si dovrà necessariamente laureare da remoto.

Ancor più sconcertante è come questa scelta porti a discriminazioni fra gli studenti stessi. Basta guardare al fatto che a meno di due chilometri da via Festa del Perdono le scelte prese sono del tutto diverse. Secondo il decreto del rettore Franco Anelli, agli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è concessa la possibilità di discutere la propria tesi di laurea anche in presenza.

La decisione di relegare uno dei momenti cruciali del percorso personale e accademico di uno studente esclusivamente ad una videochiamata quando sarebbe sufficiente adottare provvedimenti specifici affinché non siano permessi festeggiamenti azzardati rischia di essere percepito come sintomo di un generale disinteresse nei confronti dei giovani universitari

Questo disinteresse per gli studenti universitari non trova una vera spiegazione e che rischia di portare a conseguenze negative per l’intero Paese, se confrontato con l’alta considerazione riservata agli studenti delle scuole superiori. È vero anche che gli studenti delle scuole superiori sono i primi ad esprimere il loro pensiero e a chiedere che vengano adottati provvedimenti comuni, capaci di garantire sia il diritto all’istruzione sia il diritto alla salute. Che sia venuto il momento per gli universitari di far sentire la propria voce?

Chiara Malinverno
Scrivo articoli dal primo anno di liceo, ma non ho ancora capito se voglio farne un lavoro. In ogni caso avrò una laurea in giurisprudenza su cui contare, forse.

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