Del: 20 Febbraio 2021 Di: Martina Di Paolantonio Commenti: 0

Le tematiche di carattere economico rientrano senza dubbio nel ventaglio di argomenti spesso difficili da comprendere a fondo per chi non ne ha mai approfondito lo studio. Abbiamo deciso di dare vita a questa rubrica nella quale cercheremo di sviscerare, con il linguaggio più semplice e accessibile possibile, vari temi economici legati all’attualità. A questo link trovate le scorse puntate.


Febbraio è stato il mese di Mario Draghi. Il Presidente del Consiglio fresco di nomina ha dato modo ai media di occupare il tempo in attesa dello scioglimento della riserva ricordando il suo operato come presidente della Banca Centrale Europea. Tra le azioni intraprese durante la presidenza un ruolo importante è ricoperto dal quantitative easing. Ma cos’è?

La traduzione del termine è «alleggerimento quantitativo» e descrive al meglio il suo scopo, ossia quello si togliere un po’ del gravoso peso dei titoli di stato (i “pezzettini” di debito che potete approfondire a questo link) al fine di permettere una maggior circolazione di moneta. Il QE annunciato dal Presidente Draghi il 22 gennaio 2015  prevede l’acquisto di titoli di stato dalle banche nazionali, liberandole dal fatto di non poter concedere prestiti e crediti proprio per conservare nelle loro casse questi titoli che si facevano via via più pesanti. 

Per capire come si è arrivati a questa misura bisogna ripercorrere il mandato di Draghi alla BCE. I primi problemi si presentarono già nel 2011, un anno molto difficile per le banche europee a causa di un largo aumento dello spread (la differenza tra i titoli di stato nazionali con quelli tedeschi, notoriamente i più stabili e a rischio pressoché nullo) che ha coinvolto in particolar modo le banche del sud dell’Europa: Spagna, Portogallo e Italia, senza contare la questione sempre più preoccupante della Grecia.

Era necessario prendere una posizione a livello europeo, tanto più che la situazione andava peggiorando, così il 26 luglio 2012 Mario Draghi pronunciò la sua promessa: la BCE avrebbe fatto tutto il possibile per salvare l’Europa, «whatever it takes».

Il quantitative easing è stato il modo adottato nel 2015 per assolvere a questa promessa. L’Europa si trovava in un momento di deflazione, era necessario adottare un provvedimento che permettesse di rimettere in circolo moneta, incentivare gli acquisti, risollevare così l’inflazione (la quale fino a un certo limite è da considerarsi positiva). Per far questo la BCE si propose di acquistare 60 miliardi di titoli (e non solo) al mese per ogni mese fino a settembre 2016.

Le banche, in quanto maggiori acquirenti di titoli, erano in possesso di grandi quantità di denaro immobilizzate dal fatto che quando si acquistano titoli non è possibile riavere il denaro investito (e tantomeno gli interessi) prima della scadenza del titolo stesso. Questi titoli possono però essere venduti prima del loro termine, la BCE si è quindi fatta avanti per acquistarli rimettendo in circolo la moneta. Più moneta in circolo non significa solo più prestiti e più acquisti, ma anche più inflazione, che all’epoca era l’effetto ricercato. Anche se non funzionò pienamente (in quanto non fu raggiunto l’obiettivo dell’inflazione al 2%), fu comunque una soluzione che permise di far respirare gli Stati all’epoca più in crisi, non mancando di scatenare qualche malumore in Stati più ricchi come la Germania.

Il quantitative easing non è un’invenzione di Draghi; ce ne sono esempi anche al di fuori del panorama europeo, ad esempio in Giappone e negli Stati Uniti. Nel caso del Giappone l’alleggerimento è uno dei pilastri di un modello che viene definito “Abenomics”, dal nome del Primo Ministro nipponico Shinzo Abe, ed è stato adottato nel 2013, principalmente con lo scopo di incentivare i consumi e l’export minacciato dalla potenza cinese.

L’esempio americano è ancora precedente: la Federal Reserve attuò questo sistema, diviso in tranche che hanno avuto luogo nell’arco di sei anni, già per far fronte alla crisi del 2008, e questo modello ha costituito una grande ispirazione per l’UE. Anche in questo caso gli obiettivi previsti non furono raggiunti completamente, ma c’è stata comunque una crescita dell’economia statunitense.

In poche parole, quindi, il quantitative easing è una misura atta a mettere in circolazione più moneta (ogni istituzione può decidere il modo migliore per farlo), quando si sta attraversando un periodo di crisi particolare…un po’ come adesso.

La pandemia ha certamente provocato una crisi non indifferente, per questo una misura molto simile al QE del 2015 è stata proposta dalla BCE a marzo 2020. «Non ci sono limiti al nostro impegno per l’euro», è stato il commento dell’attuale Presidente della BCE Christine Lagarde su Twitter all’annuncio del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), frase che per la sua forma è lontana dal trasmettere l’emozione del «whatever it takes» di Draghi, ma comunque d’effetto.

Il programma è stato proposto con lo scopo di stabilizzare i mercati scossi dalla diffusione del virus mobilitando 750 miliardi di euro con un termine iniziale corrispondente con la fine del 2020 il quale è stato esteso fino a giugno 2021, aumentando il suo valore a 1350 miliardi di euro. Il PEPP prevede è un programma di acquisto di titoli che si aggiunge al già presente Asset Purchase Programme (APP, il nome più ampio che racchiude le procedure di QE adottate in Europa da metà 2014). Il progetto della BCE è quanto mai necessario alla luce delle stime sull’inflazione, che già a giugno non erano incoraggianti se si guardava all’obiettivo del 2%. 

Fonte: Banca Centrale Europea

Il quantitative easing è una misura importante che, come dimostra il passato, può concretamente contribuire a un miglioramento della situazione attuale: non può fare magie, non può risolvere la crisi da solo, ma se adeguatamente accompagnato da una gestione competente delle altre modalità (il Next Generation EU), può certamente fare la sua parte nel costruire la ripresa economica. 

Martina Di Paolantonio
Dal 1999 faccio concorrenza all'agenzia di promozione turistica abruzzese, nel tempo libero mi lamento per qualsiasi cosa.

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