Del: 14 Marzo 2021 Di: Cristina delli Carri Commenti: 0
A cosa servono i segretari di partito

La scorsa settimana le dimissioni di Zingaretti da segretario del Partito Democratico sono arrivate come un fulmine a ciel sereno, facendo sprofondare uno dei maggiori partiti italiani, peraltro attualmente al governo, in una situazione di profonda crisi interna. Il Partito è di certo abituato alle crisi: diviso in innumerevoli correnti interne, dalla sua nascita a oggi ha cambiato un considerevole numero di segretari, spesso lontani tra loro per approccio politico e ideologico, mostrando quindi di avere tante anime a volte poco coese e collaborative tra loro.

Forse è anche per questa ragione che il più grande partito italiano di sinistra ha fatto fatica alle ultime tornate elettorali a fare appiglio sugli elettori meno affezionati. Lo stesso è possibile domandarsi in relazione al Movimento 5 Stelle: dopo il crollo vertiginoso dei voti, evidenziato soprattutto con la sconfitta in Calabria e nelle regionali del 2020, i battibecchi tra Di Battista e Di Maio e le dimissioni di quest’ultimo da capo politico del Movimento non danno certo un’idea di stabilità. Una stabilità che invece Giorgia Meloni sembra tenere in pugno all’interno di Fratelli d’Italia, così come si assicura di fare Matteo Salvini, segretario della Lega.

Certo è che in Italia, e soprattutto nell’Italia minacciata da pandemia e crisi economica, sicurezza e stabilità sono ciò che tutti gli elettori cercano: le liti intestine e i giochi di potere non coinvolgono il pubblico; anzi, rischiano di allontanarlo dal dibattito politico. Per questo motivo le dimissioni di Zingaretti rappresentano un avvenimento di rilievo sulla scena nazionale, anche per gli elettori di destra. Un capo politico saldo e rassicurante, soprattutto oggi, è essenziale per il successo del partito.

Ma chi è il segretario di partito? Chi lo elegge?

I partiti politici in Italia sono associazioni non riconosciute, ossia prive di personalità giuridica e dunque di autonomia patrimoniale. Ciò significa che dei debiti contratti dal partito risponde in solido chi ha agito per conto dell’associazione (in genere gli amministratori). In quanto associazioni, i partiti sono dotati di uno Statuto, che regola il loro funzionamento interno, e di un’Assemblea, che prende le decisioni più importanti.

Generalmente, sindacati e partiti politici non richiedono il riconoscimento: per ottenere l’autonomia patrimoniale assoluta infatti, l’organizzazione interna dei partiti dovrebbe rispondere ad alcuni criteri dettati dalla legge, fra questi anche il principio democratico. Per evitare invasioni dello Stato nelle scelte di amministrazione interna, nonché violazioni della privacy dei tesserati, i partiti e i sindacati evitano il riconoscimento, che teoricamente li sottrarrebbe anche dall’obbligo di rispetto delle procedure democratiche per l’elezione dei loro organi. I partiti vengono iscritti però in un apposito registro nazionale che permette loro di godere di alcuni benefici fiscali ed economici.

È nello Statuto che si scopre il ruolo del segretario di partito in Italia. Tradizionalmente, l’Italia utilizza leggi elettorali di stampo proporzionale: ciò significa che il leader del partito, solitamente volto della campagna elettorale, non coincide necessariamente con chi diventerà Presidente del Consiglio dei Ministri, poiché interferiranno anche le coalizioni o, nel modello più recente, i contratti di governo. Diversa è la situazione nei Paesi che utilizzano modelli a stampo maggioritario, come il Regno Unito, in cui il leader di partito incarna il partito stesso e, vinte le elezioni, diventa Prime Minister.

In Italia, il segretario – che in alcuni casi viene definito “capo politico” oppure “presidente” – ha il ruolo di rappresentare il partito sulla scena nazionale, esprimere la linea politica dell’associazione e condurre le relazioni con l’esterno. La linea politica del partito non è dettata dal segretario, bensì dal congresso o dall’assemblea nazionale. Di solito, possono partecipare al congresso tutti gli iscritti al partito, ma hanno diritto di voto solo i delegati, di volta in volta determinati dagli statuti o dai regolamenti interni.

In tutti i maggiori partiti italiani, seguendo procedure diverse, è il congresso a eleggere il proprio segretario ed eventualmente a sfiduciarlo, secondo il principio democratico.

Nel PD, il segretario viene scelto dalle elettrici e dagli elettori, anche non tesserati, secondo il modello delle primarie: i tesserati individuano i candidati segretari, mentre chiunque abbia compiuto i sedici anni può partecipare all’elezione di uno tra i candidati scelti. È l’assemblea che determina il funzionamento delle primarie (art. 4 Statuto PD).

Nella Lega, il congresso federale elegge il segretario tra coloro che hanno maturato 10 anni consecutivi di militanza nel partito come soci ordinari (art. 9 Statuto Lega per Salvini).

Nel M5S, gli iscritti votano sulla piattaforma online Russeau i candidati a capo politico. Chiunque tra i tesserati può candidarsi, a patto che non sia in corso un procedimento disciplinare a suo carico e che rispetti i valori del Movimento (art. 3 Statuto M5S9).

Insomma, la vita del partito e il suo sistema valoriale dipendono strettamente dalle decisioni prese dal suo organo assembleare: neanche i leader più autoritari come Meloni e Salvini, o i più amati come Berlusconi, possono prevaricare sulle decisioni dei congressi. Certo è che un volto conosciuto, specialmente sui social media, conquista più facilmente il cuore degli italiani, ai quali non può essere chiesto di interessarsi ai dibattiti interni al partito. Il rapporto tra eletti ed elettori deve essere basato anche e soprattutto sulla fiducia, che si instaura grazie a trasparenza, continuità e presenza assidua.

Tra i partiti maggiori, il PD è l’unico che permette a tutto l’elettorato, anche ai non tesserati, di esprimere una preferenza per il segretario.

La domanda non può quindi che sorgere spontanea: riuscirà il PD a ritrovare un segretario di fiducia?

Cristina delli Carri
Vegetariana, giramondo, studio giurisprudenza ma niente di serio. Se fossi un oggetto sarei una penna stilografica.

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