Del: 27 Marzo 2021 Di: Angela Perego Commenti: 0

Incerti, disorientati, irritabili, scoraggiati. Soprattutto, stanchi. Queste le parole con cui lo scorso dicembre, a dieci mesi dall’inizio della pandemia, 1000 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni hanno deciso di descrivere il proprio stato d’animo, nell’ambito di un’indagine condotta da Ipsos per Save the Children. L’istruzione, la crescita, la salute mentale dei giovani sono stati (e continuano a essere) fortemente messi a repentaglio dal difficile momento che stiamo attraversando: eppure, il loro grido di aiuto è rimasto per lo più inascoltato.

Sui social così come nei programmi televisivi, ci siamo abituati a vederli indicati come i principali diffusori del virus. Per lo più sono stati additati come viziati e irresponsabili, incapaci di accettare persino il più piccolo sacrificio e di comprendere quanto siano fortunati: perché, si sa, tutto quello che viene loro richiesto è di restare al caldo nelle proprie case, seguendo le lezioni a distanza, mentre a quell’età “I loro bisnonni andavano in guerra”.

Questa è la narrazione che è stata portata avanti da un gran numero di adulti nel corso dell’ultimo anno: eppure, i dati a oggi disponibili circa l’impatto della pandemia sulla vita dei giovani raccontano di una realtà affatto diversa.

Lo scorso gennaio, il prof. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù di Roma, ha manifestato una forte preoccupazione dovuta all’aumento esorbitante dei ricoveri conseguenti ad attività autolesive o a tentativi di suicidio tra i giovani: dai 12 del 2011 si è passati ai 300 dell’anno appena concluso. Dal novembre del 2020 al gennaio appena trascorso, nel reparto del prof. Vicari sono stati occupati il 100% dei posti disponibili, contro una media del 70% negli anni passati: un dato sconcertante, rivelatore di una sofferenza profonda, che ha aggredito moltissimi ragazzi in tutto il mondo, come testimonia il rapporto emanato dall’ONU nel maggio 2020 e intitolato Covid-19 and the Need for Action on Mental Health.

Il rapporto sottolinea come l’emergenza sanitaria in corso stia avendo un impatto fortemente negativo sulla salute mentale della popolazione in generale, con delle ripercussioni più gravi, però, su determinate categorie di persone, tra le quali possiamo citare i più giovani, le donne, gli anziani rimasti soli, i soggetti che esercitano una professione sanitaria o che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro. In molti casi, lo stress e la sofferenza sono stati affrontati da questi soggetti in modo negativo, incrementando il consumo di alcool, tabacco e sostanze stupefacenti, oppure dedicando gran parte del proprio tempo ad attività che possono creare dipendenza, quali il gioco online.

Tra i fattori che la pandemia ha fatto emergere e che si trovano alla base di questo malessere diffuso, vi sono certamente la paura di ammalarsi o di perdere una persona cara; la necessità di trascorrere la maggior parte del tempo tra le mura di casa, dovendo magari condividere spazi angusti con familiari o compagni violenti; l’incertezza relativa al proprio futuro o alle proprie condizioni economiche; la confusione derivante dalle notizie contrastanti diffuse dai media; l’impossibilità, per i giovani, di frequentare la scuola o l’università in presenza e di incontrare figure con le quali instaurare delle relazioni positive.

L’importanza di questi ambienti è stata sottolineata con decisione anche dal prof. Vicari. In riferimento soprattutto agli studenti delle scuole superiori, egli ha messo in evidenza come, in mancanza della scuola, l’affermazione di sé possa passare attraverso valori negativi: i litigi violenti con i propri coetanei e genitori, l’aggressività, l’autolesionismo. «Forse non si è tenuto abbastanza conto del fatto che la scuola non è solo il luogo della trasmissione della cultura» – osserva Vicari, commentando il dibattito che fino ad ora si è svolto circa la DAD, incentrato maggiormente sulla sua inefficacia che non sull’impatto che essa può avere sulla salute psicologica dei giovani – «ma anche quello delle relazioni umane indispensabili al consolidamento e alla crescita della personalità».

È proprio a questo livello che, secondo il professore, essa costituisce una maggiore deprivazione per i ragazzi, nonostante anche la sua inadeguatezza resti un problema grave e molto sentito dagli studenti. A dimostrazione di questo, possiamo considerare nuovamente i risultati dell’indagine condotta da Ipsos, sulla base dei quali emerge il rischio di dispersione scolastica per almeno 34mila studenti delle scuole superiori. Inoltre, il 35% degli intervistati ha affermato di sentirsi meno preparato rispetto a quando andava a scuola in presenza, mentre il 37% ha riportato ripercussioni negative sulla capacità di studiare.

Nonostante i dati parlino da sé, molti adulti hanno mostrato di essere incapaci di comprendere le esigenze e il malessere dei propri figli, alunni e nipoti, trattandoli come semplici capricci e dimenticandosi che la salute non è soltanto fisica, ma anche mentale.

Un atteggiamento di questo tipo potrebbe aver approfondito quel gap generazionale che da sempre ha caratterizzato, in maniera più o meno importante, la società nelle sue diverse evoluzioni, in un momento storico, però, in cui sarebbe stato di fondamentale importanza che tutti restassero uniti, per potere affrontare l’emergenza che stiamo vivendo nel modo più efficace e accelerare la ripresa del Paese.

Come si può impedire che la situazione peggiori? Innanzitutto, rimettendo i giovani al centro del dibattito politico e non, assicurandosi che una parte cospicua dei fondi del Next Generation EU venga impiegata nell’ambito dell’istruzione, della formazione e della ricerca. È poi necessario potenziare le strutture psichiatriche presenti sul territorio, risolvendo anche il problema legato alla scarsità di posti letto dedicati alla psichiatria dei minori: basti pensare che, nonostante il 20% degli adolescenti soffra di un disturbo mentale, nel nostro Paese i posti letto complessivi risultino essere soltanto 92, con alcune Regioni italiane che non ne possiedono alcuno.  

Angela Perego
Matricola presso la facoltà di Giurisprudenza, “da grande” non voglio fare l’avvocato. Nel tempo libero amo leggere e provare a fissare i miei pensieri sulla carta.

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