
Raccontare la storia del concetto di infinito facendone apprezzare la complessità.
Questo è lo scopo che David Foster Wallace si è proposto in Everything and More (tradotto in italiano come Tutto e di più), saggio pubblicato nel 2003 e dedicato proprio a quest’argomento. Un’opera di divulgazione, sicuramente peculiare, soprattutto per la voce narrante a cui è affidata: non quella di un autorevole scienziato o matematico, ma di una persona che ha sempre avuto un interesse nei confronti della disciplina, pur non essendo stato uno studente brillante in questa materia.
Del resto, infatti, la matematica raccontata nel libro è molto diversa da quella che viene spesso insegnata a scuola: sullo sfondo dell’evoluzione di questo concetto nel corso della storia occidentale, dall’antica Grecia fino al lavoro di Georg Cantor, Wallace dedica anche molto spazio agli aspetti filosofici dell’infinito, la cui complessità risiede, a suo parere, nell’elevato grado di astrazione.
Rivolto a un pubblico eterogeneo, formato da specialisti e non, Everything and More riesce a restituire bene la difficoltà dell’argomento di cui parla, e dimostra attenzione anche nei confronti del lettore non esperto, fornendo spiegazioni, glossari di emergenza e segnalazioni di sezioni che se non lette non impediscono di capire il concetto almeno nelle sue linee fondamentali. Riesce a risultare quindi davvero “a piece of pop technical writing”, come lo definisce il suo narratore, che non indugia troppo in digressioni, per esempio, sulla vita dei matematici che hanno studiato questo concetto.
Non si tratta certamente del classico libro da leggere sotto l’ombrellone assieme ad altri tre o quattro dalla facile digeribilità che si possono portare con sé in vacanza. È infatti un buon esempio della poetica di Wallace, anche senza raggiungere le vette di complessità ineguagliabili di Infinite Jest: tratta di un argomento a cui l’autore era molto interessato, che ricorre spesso anche in altri suoi testi di fiction e non-fiction, e richiede una lettura attenta.
Tuttavia, può essere una buona lettura anche per chi non è necessariamente un fan di Wallace e, da profano curioso verso la materia, cerca un’opera con un punto di vista originale nel panorama della divulgazione, non strettamente tecnico ma comunque rigoroso e attento a non allontanarsi dallo scopo originale di parlare di matematica, che resta sempre la protagonista.
È difficile, a meno che non si sia lettori che possiedono una formazione approfondita nell’ambito, arrivare a fine libro affermando di avere capito proprio tutto. Si può però concludere con un ragionevole grado di certezza che il narratore/autore sia riuscito a trasmettere il fascino esercitato da questo concetto su di lui ai propri lettori, anche quelli che, come lui, non erano esattamente brillanti in materia.