Del: 13 Marzo 2021 Di: Federico Metri Commenti: 0
Da rivedere per la prima volta: The Game

David Fincher è uno di quei registi sbocciati nella Hollywood di fine secolo scorso. A differenza di molti colleghi come Tarantino e Nolan, che hanno iniziato con progetti indipendenti a basso budget, il suo primo lungometraggio è stato il terzo film di Alien, al tempo una delle saghe più famose e redditizie. Il risultato fu un fallimento cinematografico a causa di un processo produttivo disorganizzato e confusionario, il regista però si dimostrò essere competente e con buone prospettive. Questo gli garantì la possibilità di poter dirigere un film secondo la sua idea e infatti Seven, il suo vero primo progetto, fu un’importante occasione di riconoscimento nell’ambiente hollywoodiano.

Fincher è l’esempio lampante di come la libertà creativa sia fondamentale per dar vita a un’opera artistica; il regista americano è uno dei pochi che infatti ha mantenuto la sua filmografia a un altissimo livello. Seven, Fight Club, The social network, Gone Girl e le serie che ha prodotto (House of Cards e Mindhunter) sono le sue opere più conosciute, ma il picco massimo della sua espressione cinematografica lo raggiunge con uno dei suoi film meno conosciuti: The Game, uscito nel 1997 con protagonista Michael Douglas e disponibile su Amazon Prime video.

Nicholas Van Orton è un ricco dirigente bancario e vive in un’immensa villa a San Francisco. È rimasto da solo dopo la morte suicida del padre quando era piccolo, un divorzio complicato e un fratello invisibile a causa dei suoi problemi mentali. Il lavoro è la sua unica valvola di sfogo e questo lo ha reso un uomo freddo ed estraneo a qualsiasi emozione. La sua vita cambia il giorno del suo compleanno quando il fratello gli regala un’esperienza alla CRS, un’azienda che si occupa di avventura e giochi di ruolo su misura per ogni cliente. Nicholas accetta senza troppa voglia e si dirige ai loro uffici dove si deve sottoporre ad alcuni test psicofisici. Il giorno dopo annulla tutti gli appuntamenti e aspetta la loro chiamata per iniziare, ma sfortunatamente gli viene comunicato che la sua richiesta è stata respinta. Torna a casa molto deluso per non essere stato accettato, soprattutto dopo aver sentito alcuni suoi colleghi entusiasti del prodotto che offre la CRS.

Quello che non ha capito è che il gioco inizia proprio in quel momento.

La vita di Nicholas cambia drasticamente, le sue abitudini vengono stravolte da fenomeni inspiegabili che lo indirizzano verso una precisa destinazione: bambole inquietanti con dentro delle chiavi, televisori che parlano solo con lui e valigette di lavoro che non si aprono, sono solo i primi segnali per capire che sta succedendo qualcosa di inquietante. Realtà e finzione iniziano a sovrapporsi, Nicholas fa sempre più fatica a capire se quello che sta vivendo stia succedendo veramente o se sia solo frutto della sua immaginazione, fino a quando tutte le domande ottengono risposta in un finale clamoroso e senza precedenti. Tutti i finali di David Fincher sono sconvolgenti e unici nel loro genere, ma con The Game è andato oltre creando un climax che sfocia in una rivelazione inaspettata e scioccante come quelle viste in Seven e Fight Club.

Il film non racconta solo una storia thriller e avvincente, è anche in grado di coinvolgere lo spettatore e confonderlo tanto quanto il protagonista. Il cinema in questo caso non vuole essere reale, catturare la realtà tramite immagini, ma ha il preciso intento di mentire, andare oltre al concetto di vero e falso. Il personaggio interpretato da Michael Douglas è immerso in una realtà costruita per fargli prendere coscienza della persona che è e del ruolo che ha deciso di assumere dopo tutto quello che è successo. Il gioco imbastito dalla CRS fa emergere tutti i problemi che ha cercato di nascondere per non crollare miseramente.

Fincher è un maestro nel maneggiare riflessioni profonde sulla veridicità della realtà; mente e nasconde elementi come se stesse costruendo un gioco di magia, per poi svelare il trucco e lasciare impietrito il pubblico. The Game funziona proprio perché il gioco viene rivelato solo alla fine: non avere tempi morti garantisce al film un ritmo perfetto, con avvenimenti sempre più curiosi e avvincenti.

Federico Metri
Assiduo lettore, appassionato di cinema e osservatore del mondo. Comunico attraverso una scrittura personale e senza filtri.

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