Del: 26 Marzo 2021 Di: Simone Santini Commenti: 0

Come le tempeste di fulmini hanno permesso la vita sulla Terra


Il dottor Frankenstein (o, almeno, il suo omologo cinematografico) ci aveva visto giusto: i fulmini sono la chiave per la creazione della vita, non in una creatura terrificante ma sulla superficie della Terra primordiale. Per capire come, bisogna concentrarsi sull’elemento che gli scienziati ritengono essere stato necessario per la comparsa delle prime forme biotiche: il fosforo.

Necessario per compiere ogni processo vitale (crescita, movimento e riproduzione), era presente agli albori del nostro pianeta interamente in minerali insolubili in acqua, eccetto che nel caso della schreibersite, un fosfuro del ferro e del nichel con la peculiarità di poter dissolversi in acqua.

La chiave di violino ideale, insomma, per far iniziare la sinfonia della biogenesi.

Tale minerale è sempre stato associato ai meteoriti (non a caso, venne identificato nel 1848 proprio analizzando il meteorite Magura, schiantatosi nell’attuale Slovacchia), tant’è che buona parte delle ipotesi relative all’origine della vita sulla superficie terrestre hanno finora legato l’evento agli impatti meteoritici sul nostro giovane pianeta, che avrebbero portato una buona fonte di fosforo solubile nella forma di schreibersite sulla Terra.

Tuttavia, uno studio condotto da Benjamin Hess (oggi studente post-doc all’Università di Yale) per la School of Earth and Environment dell’Università di Leeds e pubblicato questo mese su Nature Communications ha mostrato come un altro evento abbia avuto effetto pari se non maggiore all’impatto dei meteoriti per la creazione della vita: le tempeste di fulmini. Hess infatti, interessato agli effetti geologici delle saette fin dagli studi triennali, ebbe l’opportunità di studiare un campione della fulgurite (il minerale creato dall’impatto di un fulmine sul suolo) raccolta in Illinois nel 2016.

In quella roccia, Hess trovò concentrazioni relativamente altre di schreibersite. Da qui, l’ipotesi che sia stato proprio l’impatto dei fulmini sulla superficie della Terra a permettere la formazione del fosforo solubile necessario alla biogenesi. Fenomeni atmosferici del genere dovevano essere presenti e comuni circa 3,5 miliardi di anni fa (l’età dei primi microfossili) e inoltre l’impatto di un fulmine è certamente un evento meno traumatico di un meteorite che si schianta al suolo, per un ecosistema ancora agli albori.

Lo studio della fulgurite si dimostrerà quindi sempre più fondamentale per comprendere l’evoluzione biochimica del nostro pianeta.

Ma le implicazioni di tale scoperta non si fermano allo studio della Terra primordiale, anzi spaziano addirittura oltre le frontiere esterne del Sistema Solare. Secondo il professor Jason Harvey, mentore di Benjamin Hess durante le ricerche, una vita nata dal fulmine apre nuove frontiere alla ricerca di forme biologiche sugli esopianeti simili alla Terra, quei piccoli mondi rocciosi individuati dal telescopio Kepler della NASA come potenziali ospiti di esseri viventi.

«Il bombardamento di meteore», afferma infatti il professore, «è un evento unico nella storia di un sistema solare. Quando i pianeti raggiungono la loro massa, l’apporto di fosforo dovuto allo schianto meteoritico diviene irrisorio. Per contro, i fulmini non sono eventi così irripetibili: poste le condizioni atmosferiche per tali fenomeni, i mattoni base della vita possono essere creati sulla superficie del pianeta». Ciò aumenta di molto la probabilità che su qualche pianeta là fuori, mentre state finendo di leggere questo articolo, un organismo, grazie alla luce delle saette aliene, compia per la prima volta l’atto straordinario di vivere. 

Simone Santini
Nato nel 1999 e studente di Biotecnologia, scrivo racconti per entusiasmare e articoli quando la scienza è il racconto più entusiasmante.

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