Del: 22 Aprile 2021 Di: Redazione Commenti: 0
Catcalling, perché non è un complimento

In queste settimane c’è stato un tema che ha richiamato l’attenzione un po’ di tutti, sia per le assurdità che sono state pronunciate, ma anche per le conseguenti reazioni scatenate: si tratta del catcalling.

Il catcalling è un fenomeno ampiamente diffuso; la riflessione sul suo significato e sulle conseguenze è però relativamente recente.

Si tratta dell’unione del termine cat, ovvero gatto, e il verbo calling, chiamare: il catcalling è una forma di molestia sessuale e verbale che molteplici donne subiscono semplicemente camminando per strada. Sono molti i video facilmente reperibili in rete che mostrano donne oggetto di svariati commenti, fischi, suoni di clacson al loro passare davanti a luoghi pubblici e privati.

Diverse le misure prese per combattere tale molestia; basti pensare ai provvedimenti del governo francese, che nel 2018 ha approvato una legge che dichiara punibile il catcalling su strade o mezzi di trasporto pubblico con multe fino a 750 euro, oltre a una mora per comportamenti più aggressivi. Anche il Perù ha attuato delle forme di tutela simili nel 2015, così come gli Stati Uniti e in diversi altri paesi. L’Italia, però, sembra non aver mosso i primi passi verso un controllo della situazione. E nel frattempo i casi di molestie continuano ad aumentare e voci più conosciute dicono la loro, tra cui quella di Aurora Ramazzotti.

La ragazza ha usato la piattaforma Instagram per lamentarsi dei commenti sessisti ricevuti mentre faceva jogging: «Possibile che nel 2021 succeda ancora di frequente il fenomeno del catcalling? Sono l’unica che ne è vittima costantemente nonostante mi vesta da maschiaccio? Non appena mi metto una gonna o, come in questo caso, appena mi tolgo la giacca sportiva, perché sto correndo e fa caldo, devo subire fischi e commenti sessisti e altre schifezze. A me fa schifo. Se sei una persona che lo fa, sappi che fai schifo», ha concluso la figlia di Michelle Hunziker ed Eros Ramazzotti.

Nel mondo la tematica era stata presa in considerazione diversi anni fa; infatti, già nel 2005 a New York veniva fondato il movimento Hollaback, il quale condusse uno studio in 22 Paesi intervistando un campione di circa 16mila donne e constatando che l’84% aveva subito molestie prima dei 17 anni.

Si tratta di un dato allarmante: ricevere attenzioni non gradite in età adolescenziale incide pesantemente sulla crescita e sullo sviluppo della persona.

Per quanto riguarda l’impatto emotivo, la ricerca ha dimostrato che ad accomunare le vittime di molestie da strada sono da un lato la rabbia, dall’altro un sentimento di umiliazione. Nel caso dell’Italia, uno dei Paesi presi in esame, è emersa la più alta percentuale di donne che hanno scelto di cambiare strada per tornare a casa dopo aver subito episodi di catcalling. La vicedirettrice di Hollaback, Dbjani Roy, ha dichiarato che l’indagine evidenzia innanzitutto che questo fenomeno rappresenta una sorta di epidemia globale. Inoltre, essendo un fenomeno che tende ad essere minimizzato in modo sconcertante, sono diversi coloro che si sono mossi attivamente per dare una voce a tutte le vittime.

Sophie Sandberg, giovane studentessa newyorkese, ha fondato nel 2016 il progetto Catcalls of Nyc. La sua idea è stata quella di raccogliere attraverso la pagina Instagram del movimento le testimonianze in forma anonima di ragazze vittime di catcalling e di trascriverle sull’asfalto con dei gessetti colorati nelle vie in cui sono state pronunciate. Le foto delle frasi accompagnate dall’hashtag #StopStreetHarassment vengono poi postate sulla pagina. L’ideatrice del progetto ha spiegato che la scelta dei gessetti colorati ha l’intento di attirare l’attenzione dei passanti attraverso il contrasto tra un oggetto simbolo dell’infanzia e la volgarità delle frasi trascritte. Questa forma di attivismo diversa dal solito e portata avanti sui social ha riscosso notevole successo: il progetto è oggi diventato un movimento internazionale e oltre 200 account associati sono stati aperti in diverse città del mondo.

Anche in Italia sono nate diverse pagine, tra cui l’account Catcalls of Mi gestito da Chiara Franzoni e Valentina Fattore, due giovani studentesse che con questo progetto intendono mostrare che il catcalling è una vera e propria molestia, non certo un complimento. «Sulla pagina e dal vivo riceviamo spesso complimenti e supporto morale», racconta Fattore a The Vision, «ma non sono mancati episodi negativi. Lo scorso settembre mentre mi trovavo con altre ragazze in zona Colonne di San Lorenzo a Milano per scrivere una frase ci si è avvicinato un signore sulla cinquantina, visibilmente contrariato. Abbiamo provato a spiegare cosa stessimo facendo ma lui ha cominciato a insultarci pesantemente, ha provato cancellare la nostra scritta e minacciato di chiamare la polizia. Noi però non ci siamo lasciate intimorire: abbiamo ripassato la frase davanti a lui e aggiunto anche i suoi insulti». Il principale merito della protesta è quello di aver permesso alle vittime di condividere liberamente le loro esperienze. «Per noi è fondamentale il rapporto con la nostre iscritte»,  aggiunge Franzoni, «se non ci fossero le loro testimonianze la nostra pagina non potrebbe esistere. Spesso siamo le prime a cui raccontano gli episodi di catcalling che hanno subito».

Fino a quando non capiremo che urla e fischi nei confronti delle donne non sono complimenti, non riusciremo a sovvertire una visione ancora troppo patriarcale per il moderno 2021. L’obbiettivo universale è quello di diffondere la parola e la cultura dell’informazione sostenendo coloro che ne sono vittime e rendendo coscienti coloro che attuano il catcalling senza pensare all’impatto delle loro parole e dei loro gesti.

Articolo di Gaia Iamundo.

Redazione on FacebookRedazione on InstagramRedazione on TwitterRedazione on Youtube

Commenta