
Lo scorso 2 aprile il leader della Lega Matteo Salvini ed il premier polacco Mateusz Morawiecki hanno accettato l’invito del premier ungherese Viktor Orbàn per un incontro a Budapest. Come dichiarato durante la conferenza stampa che ha seguito il meeting, l’obiettivo è quello di creare un nuovo gruppo parlamentare nell’Unione, che raccolga le forze sovraniste in nome di un ”nuovo rinascimento europeo”.
Attualmente il partito di Salvini nel Parlamento europeo fa parte del gruppo Identità e Democrazia (ID), mentre quello di Morawiecki – insieme a Fratelli d’Italia – è con i Conservatori e riformisti europei (ECR). Il partito guidato da Orbàn, Fidesz, è uscito nei primi giorni di marzo dal Partito Popolare Europeo (PPE), a seguito di una modifica nel regolamento del gruppo, che permette di espellerne intere delegazioni: la misura era indirizzata proprio a Fidesz, al governo con Orbàn dal 2010.
Mentre ID e ECR si presentano come gruppi parlamentari sovranisti ed euroscettici, il PPE è un gruppo di centrodestra, cristiano ed europeista, di cui fra gli altri è parte anche il partito di Angela Merkel.
Essendo il governo di Fidesz da tempo polemico e critico verso i meccanismi dell’UE, la tensione con i colleghi eurodeputati era salita alle stelle. Il partito di Orbàn era già stato sospeso dal PPE nel 2019, due mesi prima delle elezioni europee. Il governo ungherese infatti, insieme per altro a quello polacco, è accusato da tempo di avere posizioni contrarie ai valori dell’Unione Europea ed in particolare allo Stato di diritto: i due Paesi stanno affrontando la procedura di infrazione prevista all’art. 7 del TUE, che potrebbe portare a sanzioni di vario genere.
Sempre per questo motivo, è stato inserito tra i principi generali che permettono l’accesso ai fondi di Next generation EU anche il rispetto dello Stato di diritto, dopo settimane di tensione durante le quali Polonia e Ungheria hanno minacciato di porre il veto sulla discussione al Consiglio euroepo. Numerosi sono i punti di attrito tra Polonia, Ungheria e Unione Europea. Dalla scarsa libertà d’espressione in Ungheria, dove la televisione e la stampa sono controllate dal governo, alle continue violazioni dei diritti civili perpetrate in Polonia (noti sono il divieto di aborto e le discriminazioni a danno della comunità lgbtq+ ), fino al perenne disaccordo sul tema immigrazione. Preoccupa inoltre la scarsa indipendenza della magistratura in entrambi i Paesi.
L’uscita di Fidesz dal PPE rischia di indebolire molto la presenza di Orbàn all’interno dell’UE. Gli eurodeputati ungheresi sono ancora parte del Parlamento, ma non hanno più l’appoggio dei colleghi degli altri Stati membri, tutti coalizzati all’interno dei partiti europei già citati. È in questa prospettiva che si chiarisce la ragione del vertice a Budapest: ostracizzato dal PPE, Orbàn ha bisogno di creare un nuovo gruppo con nuovi alleati. Salvini è il leader del partito più rappresentato in Parlamento ancora privo di rappresentanza istituzionale (la Lega infatti non esprime nessuna posizione di vertice in Europa, nonostante il suo successo alle elezioni del 2019), mentre Marawiecki condivide con l’omologo ungherese la procedura di infrazione per le scelte politiche nazionali poco apprezzate dall’UE.
I tre leader sovranisti si incontreranno nuovamente a maggio per chiarire la portata della loro alleanza.
Sono numerosi i nodi da sciogliere, specialmente in politica estera: per fare un esempio, Orbàn e Salvini hanno ottime relazioni con il governo russo di Putin, mal visto in Polonia tanto dal partito di Morawiecki quanto dalla popolazione in generale. Come ha riportato Il Post «Dal punto di vista dei numeri, un’alleanza tra i partiti di estrema destra sarebbe sensata: se, come ha proposto giovedì Salvini, ECR, ID e Fidesz si unissero, diventerebbero il secondo gruppo nel Parlamento europeo per numero di deputati».
I tre leader sembrano in ogni caso fiduciosi: «Vogliamo essere un’alternativa – ha detto Salvini – rispetto alla sinistra che predomina ideologicamente all’interno dell’Unione».