
Da un mese e due giorni esatti la Tanzania ha una nuova Presidente donna musulmana, Samia Suluhu Hassan.
La prima nella storia del Paese africano a prestare giuramento e ricoprire questo ruolo, succedendo a John Pombe Magufuli, scomparso il 19 marzo 2021 per problemi cardiaci. Volto di una politica nazionalista, negazionista ed autoritaria, Magufuli lascia in eredità a Suluhu un Paese da ricostruire, a partire dalla gestione della pandemia di Covid-19 e dalla messa in moto di un’efficace campagna vaccinale, la stessa che Magufuli si era rifiutato di far partire.
Ora, come previsto dalla Costituzione, a prendere il suo posto alla guida della Tanzania è Samia Suluhu, 61 anni, militante, come il suo predecessore, nel Partito della Rivoluzione, il principale movimento tanzaniano, fondato nel 1977 e da quel momento sempre al governo del Paese. Laureatasi presso l’Institute of Development Management della Mzumbe University, Suluhu è poi stata impegnata in un progetto organizzato dal Programma alimentare mondiale (World Food Programme), prima di ottenere una seconda laurea in economia all’Università di Manchester e un Master in Sviluppo economico comunitario.
La lunga esperienza in politica di Samia Suluhu comincia nel 2000, anno in cui viene eletta per la prima volta Ministro della Camera dei rappresentanti, diventando poi membro del parlamento per il collegio elettorale Makunduchi, sua città d’origine, situata nella principale isola di Zanzibar; membro dell’Assemblea nazionale, ministro di Stato per gli affari dell’Unione e vicepresidente dell’Assemblea Costituente incaricata di redigere la nuova costituzione. Una carriera rapida e brillante, culminata con l’elezione come vicepresidente nel 2015 e nel 2020 e, infine, come Presidente della Tanzania, che per la prima volta nella sua storia vede una donna velata nata a Zanzibar ricoprire questa carica.
Da subito più moderata e più attenta alle questioni impellenti del proprio Paese, Samia Suluhu, infatti, è anche la prima donna musulmana a salire alla guida della Tanzania, un dato non trascurabile se si pensa che solo il 35% della popolazione, che conta circa 63 milioni di abitanti, è di religione islamica.
Sin dall’epoca della vicepresidenza Magufuli, Suluhu aveva mostrato ai cittadini un animo pacato e conciliatorio, che oggi sembra la miglior cura per uno Stato fortemente polarizzato al suo interno e isolato dal resto del mondo. La politica del defunto Presidente, infatti, è sempre stata concentrata sugli affari interni al Paese, tralasciando gli incontri internazionali e diplomatici e condannando la Tanzania ad un isolamento giustificato con i tagli alle spese del governo.
Tuttavia, una politica così votata alla chiusura e al rifiuto delle relazioni non poteva che costare al Paese la propria influenza diplomatica, che fu invece di vitale importanza subito dopo la conclusione della Guerra Fredda, nella mediazione dei conflitti tra Mozambico, Ruanda e Burundi, e in seguito al genocidio in Ruanda del 1994, quando gli sforzi in politica estera da parte della Tanzania risultarono nella creazione da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del Tribunale penale internazionale per il Ruanda con sede ad Arusha, in Tanzania.
L’elezione di Samia Suluhu ha posto la Tanzania di fronte a un bivio e a una duplice prospettiva: da un lato, proseguire la linea dura di Magafuli, con buona pace di tutti coloro che avevano intravisto nella sua salita al potere il principio di una nuova era politica e sociale per il Paese; dall’altro, invece, un deciso e decisivo cambio di rotta, improntato all’apertura, al dialogo, alla risoluzione dei problemi interni ed esterni ai confini e al progresso.
Qualche passo in questa seconda direzione, tuttavia, è già stato compiuto: Suluhu, infatti, ha recentemente ammonito il proprio Parlamento, invitandolo ad interrompere i confronti tra lei ed il suo predecessore, poco costruttivi, e a concentrarsi sulle reali questioni che interessano il Paese. Inoltre, dopo aver costituito una task-force anti-Covid, Suluhu ha ridato voce a tutti i media zittiti da Magufuli, restituendo l’inviolabile diritto alla parola ed alla stampa e prendendo di fatto le distanze dalle azioni del defunto Presidente.