Del: 12 Maggio 2021 Di: Laura Cecchetto Commenti: 0

Ogni mese Vulcano propone un libro, più o meno conosciuto, da (ri)scoprire per poter riflettere con sguardo nuovo sull’attualità.


17 maggio 1972, ore 9.15. Il commissario Luigi Calabresi viene ucciso in via Cherubini, a Milano, da due colpi di pistola sparati alle spalle. Lascia la moglie, Gemma Capra e tre figli, Paolo, Mario e Luigi. Attivo partecipe alle indagini seguite alla  Strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), venne indagato per la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. La Magistratura lo riconobbe innocente, nonostante la stampa l’avesse additato come il commissario assassino. Dopo vent’anni di indagini, il 22 gennaio1997 Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi, appartenenti al movimento di Lotta Continua, vennero condannati dopo numerose revisioni del processo.

In Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo (Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2008) Mario Calabresi ricostruisce con lucidità e precisione gli eventi gravitanti attorno all’assassinio del padre, avvenuto in un periodo di “alta tensione” come quello degli anni di piombo, della famigerata “notte della Repubblica”, i quali segnarono irrimediabilmente l’Italia e i suoi cittadini. Sono anni di pressione continua, di angoscia covata sotto la cenere, che esplode in attacchi terroristici di destra e di sinistra ad enti pubblici e privati, mietendo vittime perlopiù innocenti. Calabresi ricuce insieme i suoi ricordi infantili, quelli di sua madre Gemma, dei nonni, degli amici più cari e di tutti coloro che hanno conosciuto il commissario per creare un’immagine a tutto tondo di un uomo strappato prematuramente alla vita, con l’intenzione di riaccreditarne la figura e la memoria.

«Dovevo portarlo con me nel mondo, non umiliarlo nelle polemiche e nella rabbia, così non l’avrei tradito. Bisognava scommettere tutto sull’amore per la vita». 

Il fulcro della narrazione è proprio la condivisione della memoria, delle vite e delle storie delle altre vittime del terrorismo, spesso dimenticate o addirittura sconosciute, come Antonia Custra, figlia del vicebrigadiere Antonio Custra; Francesca Marngoni, figlia di Luigi Marangoni; Marco Biagi, Maria Bitti, Eugenia Vergani e tanti altri che sottolineando quanto sia faticoso e lancinante scavare nei ricordi, di come nessuno, nemmeno le autorità, si sia mai fatto carico del loro dolore, della sete di giustizia e di quel senso di vuoto per la perdita di un proprio caro avvenuta in maniera così atroce, impegnandosi a non vivere nell’odio o nel rancore.

Il 9 maggio, Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo (in occasione dell’anniversario dell’omicidio Moro) non basta per alimentare il ricordo e la ricerca di un riconoscimento tangibile per il sacrificio di tante vite. Molti hanno perso la speranza di poter ricevere giustizia, alcuni non ha avuto la forza di andare avanti, criticano l’oblio in cui sono cadute intere famiglie dopo l’archiviazione delle indagini, non aiutati a sopportare e valorizzare queste tragedie. «Bisogna partire dalle vittime, dalla loro memoria e dal bisogno di verità. “Farsi carico” è la parola chiave. Delle richieste di giustizia, di assistenza, di aiuto e di sensibilità. Lo dovrebbero fare le istituzioni, la politica, ma anche le televisioni, i giornali, la società civile. Un Paese capace di voltare pagina in modo sereno e giusto conviene a tutti, non certo e non solo a chi è stato colpito». 

Emblematico è il titolo, Spingendo la notte più in là: la vita va avanti, al giorno segue un nuovo giorno, trascinandosi delle ferite che guariscono ma che rimarranno sempre impresse sulla pelle, così come resta impressa la narrazione vivida, attuale, concreta. Non vi è denuncia od odio, l’intento è quello di illustrare in maniera limpida e schietta i fatti accaduti. Racconta la pura e semplice verità ed è proprio questo che rende la lettura di grande impatto,  facendo diventare una vicenda privata un esempio e un monito di ricostruzione di identità e memoria legato a uno dei periodi più bui del Novecento italiano. 

Laura Cecchetto
Scopro il mondo e me stessa con il naso dentro a un libro, rifletto su ciò che mi circonda e prendo appunti. Narro ciò che leggo, e di conseguenza ciò che provo, per relazionarmi con ciò che mi sta attorno, possibilmente con una tazza di tè sulla scrivania.

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