È il 1950 quando il governo italiano commissiona al maestro catalano Salvador Dalì la realizzazione dell’incredibile serie di acquerelli, in previsione del 700° anniversario della nascita di Dante Alighieri (1265-1321).
La sfida, affrontata un secolo prima dal disegnatore Gustave Dorè, porta l’artista spagnolo a rivoluzionare le scene dantesche nel suo linguaggio surreale del sogno e della scomposizione.
Nelle 100 xilografie Inferno, Purgatorio e Paradiso prendono forma immagini misticheggianti e soprannaturali che vanno a esplorare la spiritualità e che portano l’osservatore all’interno di spazi onirici e tempi dilatati. Se Dorè ricalcò quasi letteralmente le terzine dantesche con le sue illustrazioni dettagliatissime e il suo stile professionalmente didascalico, Dalì stravolgerà l’operazione, a partire dalla scelta dei temi. Non ci sono né Paolo e Francesca, né Ulisse e Diomede: le immagini evocate, da Minosse alla Vergine Maria, rimangono riconoscibili ma all’interno di un immaginario estremamente antitradizionale.
Ecco che la selva oscura (Inferno, canto I) diviene un ampio deserto giallo attraversato da una stradina che si perde all’orizzonte, con soltanto un gruppo d’alberi sullo sfondo.
Il limbo (Inferno, canto IV) suggerisce un incatenarsi di corpi che, con tinte neutre e linee che sembrano infinite, evoca la profonda drammaticità che tormenta le anime alle quali manca la speranza di potersi redimere. E ancora, colori vivaci e forme che esprimono un’enigmatica vitalità vengono usate dall’artista per rappresentare la golosità punita nella VI Cornice del Purgatorio.
Le tavole esprimono in pieno il metodo pittorico paranoico-critico, secondo il quale le immagini nascerebbero dall’agitarsi dell’inconscio (la paranoia) per poi prendere forma grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). Lo stesso Dalì scrive:
«Attraverso un processo nettamente paranoico è possibile ottenere un’immagine doppia, rappresentazione di un oggetto che, senza la minima modificazione figurativa o anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un oggetto assolutamente diverso».
Il Surrealismo è, dunque, per l’artista spagnolo, occasione per far emergere il suo inconscio e quest’ultimo diviene mezzo per sbloccare il potere dell’immaginazione. Il tempo e lo spazio non danno più retta alle leggi della fisica e assumono nuova vita, attraversando un’interiorità profonda e misteriosa nella quale il capolavoro dantesco assume forme stravolgenti.
Le opere sono state esposte alla mostra di Cinisello Balsamo nel 2019 e ritornano quest’anno – proposto dal Ministero della Cultura come l’anno di Dante poiché viene celebrato il 700° anniversario della sua morte – a mostrarsi in tutta la loro bellezza nel Kapannone dei libri di Angera, dal 14 maggio al 25 giugno, rendendo omaggio ai due sommi geni.