Del: 24 Maggio 2021 Di: Chiara Malinverno Commenti: 0
Dote18, una tassa per il futuro dei giovani

Lo scorso 20 maggio, in una intervista al settimanale Sette del Corriere della Sera, il segretario PD Enrico Letta ha avanzato la proposta di creare una dote per i giovani, finanziata con una parte dei proventi della tassa di successione.

Secondo la proposta del Partito Democratico, mantenendo la franchigia di un milione di euro e portando al 20% l’aliquota massima di tassazione per le eredità e le donazioni tra genitori e figli superiori ai 5 milioni di euro, sarebbe possibile ricavare 2,8 miliardi annui con cui finanziare annualmente una dote da 10.000 euro una tantum per il 50% dei diciottenni italiani. I destinatari di questa proposta sarebbero i giovani della generazione Covid, ossia i ragazzi che oggi hanno fra i 13 e i 17 anni, i quali attraverso la già ribattezzata dote18 sarebbero sostenuti nel loro futuro scolastico, lavorativo e familiare.

Intervenendo sulla tassa di successione, vi sarebbe il pregio di non aumentare ulteriormente il debito nazionale, ma d’altro canto si andrebbe a incidere direttamente sui patrimoni degli italiani. Per questo motivo, nonostante il lodevole scopo, questa proposta non è stata accolta con totale favore dal mondo politico e istituzionale.

La critica più autorevole all’introduzione di questa nuova forma di tassazione, seppur destinata a gravare solo sull’1% degli italiani, è stata espressa dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, secondo cui non sarebbe il momento migliore per prendere i soldi dai cittadini, ma di darli. Della stessa idea sembrerebbero anche gli esponenti della destra, da sempre restii all’introduzione di ogni forma tassazione patrimoniale, i quali guardano con favore alla chiara presa di posizione del Presidente Draghi.

Di altro avviso sembra essere la sinistra, la quale in via generale plaude alla proposta del Segretario PD, sostenendo l’idea per cui sia necessaria una redistribuzione delle risorse da parte dei più ricchi per chi è più in difficoltà, seppur anche fra gli stessi esponenti del Partito Democratico siano state avanzate critiche, come quella espressa dal capogruppo PD in Senato secondo cui la proposta del Segretario nazionale risulterebbe «sbagliata nei tempi e nei modi».

Indipendentemente dalle modalità con cui effettivamente questa dote sarà finanziata, la proposta di Letta suscita non pochi interrogativi.

Secondo quello che è stato presentato dal Partito Democratico, come si è detto, unici destinatari della proposta sarebbero i ragazzi fra i 13 e i 17 anni, ai quali sarebbero destinati 10.000 euro una tantum. A fronte di queste specifiche, è lecito chiedersi se una dote così strutturata possa realmente portare beneficio ai giovani di domani. In particolare, sembra utopistico pensare che 10.000 euro erogati annualmente possano effettivamente incidere in maniera significativa sul futuro di migliaia di giovani.

L’esclusiva erogazione di fondi non supportata da programmi di sviluppo e di crescita sembra debole come soluzione ai problemi di una generazione ormai martoriata dal Covid. Al fianco di questa proposta dal mero contenuto economico, sembra dunque più opportuno allargare lo sguardo a interventi formatori di più ampio respiro. Possiamo perciò riconoscere che la dote18 sia un punto di partenza, ma non un punto di arrivo.

Immagine di copertina di Jeswin Thomas, via Unsplash.

Chiara Malinverno
Scrivo articoli dal primo anno di liceo, ma non ho ancora capito se voglio farne un lavoro. In ogni caso avrò una laurea in giurisprudenza su cui contare, forse.

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