Il 18 giugno, qualche giorno fa, si è verificata la morte di Adil Belakhdim, un lavoratore che stava partecipando ad un presidio fuori dalla sede di Lidl a Biandrante, a Novara. L’uomo aveva 37 anni, una moglie e due figlie, ed era il coordinatore interregionale dei sindacati SiCobas.
La tragedia è avvenuta durante lo sciopero nazionale del comparto logistica, per il quale era stata organizzata la protesta davanti al Lidl di Biandrate. Adil Belakhdim si trovava con i propri colleghi nella manifestazione, quando un camion ha imboccato i cancelli di entrata nel senso contrario, per forzare il blocco e continuare a lavorare, volendo portare a tutti i costi a destinazione il contenuto del veicolo. Per effetto di questo gesto spazientito ha, però, trascinato con sé tre persone, una delle quali è rimasta ferita, l’altra illesa, mentre per Belakhdim è rimasto ucciso. A quanto dicono i testimoni il camion avrebbe volutamente forzato i cancelli, per poi accelerare quando aveva investito l’uomo, infine fuggendo verso l’autostrada, dove i carabinieri lo hanno fermato e posto in stato di arresto. Il conducente del camion è ora accusato di omicidio stradale, omissione di soccorso e resistenza ai pubblici ufficiali.
Il decreto cosiddetto “Sicurezza” ha reintrodotto nel 2018, per volontà di Matteo Salvini il reato di blocco stradale, che è stato reinserito nel codice penale. Il testo recita: «Chiunque, al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione, depone o abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ordinaria o ferrata o comunque ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata, ad eccezione dei casi previsti dall’art. 1-bis, è punito con la reclusione da uno a sei anni.»
Per quanto riguarda la vicenda di Biandrate le indagini riveleranno come si è svolta precisamente la vicenda, sulla quale ci sono ancora dei dubbi.
I commenti non si sono fatti attendere. Attraverso un post la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha affermato di ritenere inaccettabile morire sul posto di lavoro nel 2021. Anche l’ex premier Giuseppe Conte è intervenuto a riguardo, dicendo: «No, non si può morire come Adil mentre si lotta per i propri diritti. Non si può essere aggrediti durante un presidio, come è successo ad alcuni lavoratori della logistica settimane fa», aggiungendo come le condizioni di lavoro per gli italiani stiano peggiorando e che quindi potrebbe essere necessario un nuovo Statuto dei lavoratori.
I morti sul lavoro, tristemente, non sono una novità nel nostro Paese. Lo scorso mese era avvenuta la morte di Luana D’Orazio, ragazza di 22 anni che lavorava in una fabbrica tessile in provincia di Prato. La causa, secondo alcune ricostruzioni, potrebbe essere stata una manomissione del macchinario che stava utilizzando, al fine di ottenere una maggiore produttività, ma sacrificando in modo fatale la sicurezza. Secondo i dati Inail, nel primo quadrimestre del 2021 sono già morte 306 persone sul luogo di lavoro, il 9,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2020. I rallentamenti dovuti alla pandemia hanno causato un effetto di ripresa spropositato nel momento in cui si è potuto riaprire; le ristrettezze economiche hanno spinto i proprietari di aziende a cercare soluzioni per sanare le finanze segnate dal periodo di crisi. Questi interventi sono sempre più frequenti e il prezzo da pagare sono i piccoli infortuni dei casi minori e le morti nei casi più gravi.
Se in certi comparti si prosegue con gli scioperi, manifestazioni e proteste significa che ci sono delle condizioni che non tutelano a pieno i lavoratori; appoggiarsi ai sindacati per denunciare ciò che non funziona è un diritto: morire mentre si fanno valere i propri diritti non è accettabile.