Del: 28 Giugno 2021 Di: Elisa Letizia Commenti: 0
Milano, una statua per Cristina Trivulzio di Belgiojoso

Negli ultimi anni sempre più si è sentito parlare di statue che sorgono nelle città, di cui spesso si ignora la presenza e il significato. Negli Stati Uniti i sostenitori del Black Lives Matter danneggiarono o rimossero le statue rappresentanti personaggi della guerra civile, colonizzatori come Cristoforo Colombo, simbolo di oppressione delle popolazioni indigene; Edward Carmack, politico ed editore americano che ha sempre sostenuto posizioni razziste; e lo stesso è accaduto in Europa con il danneggiamento della statua di Leopoldo II di Danimarca, colpevole del genocidio in Congo.

Non ugualmente vivace, ma altrettanto importante è stata la critica mossa in Italia nei confronti dell’assenza o di una rara presenza di statue in memoria di donne che in qualche modo hanno contribuito  ̶  politicamente, socialmente o culturalmente  ̶ alla crescita della nazione. Milano non aveva nessuna statua dedicata a una personalità donna prima dell’inaugurazione nel 2019 della scultura omaggio all’artista milanese Rachele Bianchi. Un triste primato che vede questa come la prima statua di una donna contro le 121 raffiguranti uomini.  

A partire dal 15 settembre, sarà però accompagnata da un’altra scultura femminile dedicata alla principessa ed eroina del Risorgimento: Cristina Trivulzio di Belgiojoso.

La sua è una storia dimenticata per decenni e recentemente riscoperta, la storia di una donna tenace, avventurosa, forte e dai valori lontani dalla tradizione, che vuole la figura della donna solo come madre e moglie.  Nata nel 1808, a 16 anni si ribella a un matrimonio combinato e sposa un giovane conquistatore di donne, ma presto si accorge che il suo unico interesse è la sua dote e la vita extraconiugale. Contrariamente a quello che una donna ubbidiente dell’epoca avrebbe fatto, lascia Milano e il marito, ignorando i pettegolezzi della nobiltà meneghina.

Entra in contatto con alcuni dei maggiori esponenti del Risorgimento e dell’epoca, come Cavour, Nicolò Tommaseo, Giuseppe Montanelli, Carlo Alberto, tanto che viene rigidamente controllata dalle spie austriache. Scappa in Francia per timore di essere rinchiusa in un convento, qui diventa una donna amata e molto corteggiata dalle personalità più importanti della Francia: Balzac, Listz, Bellini, ma lei volge il suo interesse agli intellettuali e ai politici del nuovo regno di Luigi Filippo. Tra questi: lo storico Augustin Thierry, il politico e futuro presidente delle Repubblica francese, Adolphe Thiers e infine François Mignet. Quest’ultimo è uno dei principali artefici della rivoluzione orleanista, prima amico e poi marito segreto di Cristina T. di Belgiojoso, da cui ha una figlia: Maria.  

Nel 1855 a Locate, alle porte di Milano, comincia un’opera di sviluppo socioculturale attraverso la costruzione di asili e scuole, modernizzando così il paese e portando l’istruzione ai ceti più bassi, cosa che ha fortemente scioccato la nobiltà milanese che trovava scandaloso e inutile coinvolgere nell’istruzione dei poveri contadini. Organizza un battaglione a Napoli per contribuire alle Cinque Giornate di Milano, per poi unirsi ai patrioti della Repubblica Romana, lavorando negli ospedali durante l’assedio della città.

Proprio trovandosi di fronte alla situazione caotica degli ospedali romani, ha la geniale idea di introdurre il corpo delle “infermiere”, volontarie laiche che assistono e confortano i malati, affiancando i medici. La nobile donna riunisce dame, borghesi e perfino prostitute, ed è la presenza di queste ultime che crea un grave scandalo.

Non è stata una grande donna solo in Europa, ma è riuscita a dedicarsi alle sue opere di bene anche in Oriente.

Si trasferisce, infatti, in Cappadocia e vi fonda una colonia agricola e intanto assiste la parte povera della popolazione turca. Oltre alla Turchia, viaggia attraverso l’Anatolia, la Siria, il Libano e la Palestina, di cui parlerà in molti dei suoi articoli, in cui racconta la realtà misera, l’analfabetismo, la fame e la povertà, al contrario invece di quanto si credeva in Europa dove si pensava all’Oriente come a un luogo esotico, ricco e fastoso.

Dopo il ritorno da Gerusalemme, nel 1853 un profugo bergamasco colpisce la donna con cinque coltellate. Le ferite non sono mortali, ed è lei stessa a dirigere i suoi soccorritori nelle cure, ma rimane fisicamente segnata da questo episodio. Neanche la vecchiaia riesce a fermarla: negli ultimi anni della sua vita fonda un giornale, L’Italie e scrive altri saggi politici. Morirà il 5 luglio 1871 nella casa della figlia a Milano.

La scultura a lei dedicata sarà una riproduzione della donna a grandezza naturale con gli abiti e la pettinatura che era solita portare, una statua in movimento che sembrerà accogliere chiunque acceda alla piazza Belgiojoso. Una riproduzione artistica adatta a una personalità così inclusiva, solidale e operosa nel campo sociale, culturale e politico; una ricca ereditiera che ha usato le sue ricchezze e il suo tempo per aiutare gli ultimi della società, i dimenticati.

Sul monumento sarà inciso il suo messaggio: «Vogliano le donne felici e onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori e alle umiliazioni delle donne che le precedettero, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!».

Immagine di copertina: “Cristina Belgiojoso Trivulzio” (Francesco Hayez, 1832).

Elisa Letizia
Sono Elisa, studio lingue, appassionata d'arte, musica e cinema. Nel tempo libero scrivo del presente e lavoro per costruire il mio futuro.

Commenta