‘Noi, invece, che abbiamo conosciuto il mondo della libertà individuale, sappiamo e possiamo testimoniare che l’Europa di un tempo si compiaceva spensierata del suo caleidoscopio di colori, e siamo percorsi da un brivido quando constatiamo fino a che punto questo mondo, nella sua follia suicida, sia divenuto più buio, più tetro, trasformandosi in carcere e schiavitù.
Quando è nata l’Unione Europea? Qualcuno potrebbe rispondere con il Trattato di Maastricht nel 1992, quando una nuova organizzazione internazionale è nata collocandosi accanto alle più risalenti Comunità Europee. Qualcun altro potrebbe invece dire che una vera e propria unione tra gli Stati europei non esiste ancora, divisi come siamo da barriere linguistiche, giuridiche, culturali, politiche.
Eppure, già agli inizi del 1900, prima del Manifesto di Ventotene, del fascismo, delle guerre mondiali, l’idea di un’Europa unita serpeggiava tra le discussioni degli intellettuali di quel tempo. Erano italiani, francesi, austriaci, sia donne sia uomini, spesso poliglotti, dediti alla scrittura e quindi allo studio e alla traduzione dei colleghi, ma anche all’incontro e al viaggio. Si conoscevano tramite amici comuni, ma anche e soprattutto grazie alla circolazione dei giornali a livello internazionale. Erano gli eredi della cultura del Grand Tour e del Risorgimento, erano i tessitori della Belle Époque. Tra loro, possiamo nominare Herman Hesse, Sigmund Freud, Italo Svevo, James Joyce, e – forse tra i meno celebrati e conosciuti dal grande pubblico – Stefan Zweig.
Di origini ebraiche, Stefan Zweig nasce a Vienna nel 1881, da una famiglia benestante che gli permette di condurre studi classici fino alla laurea in filosofia, conseguita dopo gli studi condotti a cavallo tra la nativa Austria e Berlino. Fin da giovanissimo inizia a viaggiare per tutta l’Europa, apprendendo numerose lingue oltre al suo tedesco, tra cui l’inglese, il francese e l’italiano, lingua di sua madre. Oltre a viaggiare, ancora liceale Zweig inizia a dedicarsi alla scrittura, approcciando inizialmente alla poesia e al teatro. Diventa quindi giornalista, ma si dedica anche alla traduzione e alla stesura di racconti e biografie.
Tra il 1908 e il 1911, si recherà in India e negli Stati Uniti, affrontando due viaggi che all’epoca pochi europei avrebbero potuto permettersi. Da questi viaggi nascono alcuni tra i suoi racconti brevi più celebri, come ad esempio Amok, pubblicato per la prima volta nel 1922.Il sogno europeo di Stefan Zweig, come quello degli altri intellettuali suoi coetanei, si interrompe bruscamente con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, come racconta nella sua autobiografia, pubblicata postuma nel 1942, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo.
Essendo ebreo austriaco, la testimonianza lasciata da Zweig grazie a Il mondo di ieri è estremamente preziosa.
L’autore racconta in prima persona dell’Europa che gli ha dato i natali, di com’era vissuta prima della sua nascita dai suoi genitori, di com’è cambiata a cavallo tra le due guerre. Dalla nascita del sionismo al trionfo dell’antisemitismo, dal rifiuto di combattere in nome del nascente movimento pacifista all’esilio a Londra, l’autobiografia di Zweig svela il dolore e lo sgomento del cittadino europeo di fronte alle barbarie prodotte dalla guerra e dal quel nazionalismo che al mondo della cultura è sempre stato estraneo.
E descrivendo il tentativo disperato di mantenere i contatti con i suoi colleghi ed amici stranieri, in un tempo in cui costoro erano visti dal suo Paese come nemici da uccidere in trincea, Zweig racconta dell’ascesa di Hitler, del suo progressivo successo, del rogo dei libri del 1933, di cui anche i suoi scritti saranno vittime, interrompendosi bruscamente nel 1939, quando con l’invasione della Polonia inizia la seconda Guerra Mondiale. Degli effetti che la guerra ha prodotto sulla società, sulla cultura, e soprattutto sulla sua persona, Zweig parla anche in altri scritti e continuerà a parlarne dopo il 1939. Emblematici sono i racconti Il Mendel dei Libri (1929) e La novella degli scacchi (1941), quest’ultima ambientata proprio negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Durante il regime hitleriano, negli anni della Shoa, Stefan Zweig riesce a fuggire in America. Nel 1942 si sposta però in Brasile, dove si toglierà la vita insieme alla sua seconda moglie. Autore estremamente prolifico e progressista, cultore dello scambio e della pace, Stefan Zweig mostra ai lettori un Novecento europeo diverso da quello noto per il martirio delle guerre. La sua autobiografia è l’espediente perfetto per riscoprire le nostre radici europee e coltivare quel transnazionalismo che ha caratterizzato i popoli del Vecchio Continente fin dall’antichità.