Del: 27 Ottobre 2021 Di: Alice Sebastiano Commenti: 0

Esiste una temperatura precisa in cui l’acqua bolle, ed un’altra altrettanto precisa per quando ghiaccia. Un fenomeno antico, conosciuto da tempo immemorabile, ormai divenuto consuetudinario, noioso nell’avverarsi del suo processo: lo stupore si è smarrito. Le molecole possono essere reagenti incredibilmente semplici, uniformandosi al comportamento di altre molecole, basano la propria forza sulla condivisione di un’informazione. Lo stesso può valere per un’indefinita folla di persone che, spostandosi in varie direzioni, genererebbero un elevato livello di casualità e disordine, mentre, seguendo il flusso collettivo, tale disorganizzazione diminuirebbe nettamente.

All’inizio degli anni Settanta, Giorgio Parisi si occupava dello studio dei quark, nella cosiddetta branca della fisica dedita alla cromodinamica quantistica, domandandosi sulla ragione per cui essi non si spostassero mai dai protoni, come privi di “libertà”. Fu in quegli anni che si accorse per la prima volta della presunta fallibilità caratterizzante un metodo di risoluzione dei sistemi complessi, ovvero il metodo delle repliche, e con la presunzione tipica del giovane scienziato iniziò a cimentarsi in quella ricerca che lo accompagnò per il resto della sua vita.

È recente e ancora fresca la radiosa notizia riguardante il premio Nobel italiano insignito al fisico Giorgio Parisi (1948, Roma). Una conquista che subito ha suscitato una fervida esaltazione tra gli studenti dell’ateneo di Roma La Sapienza, dove Parisi investì ruolo di docente ordinario per la prima volta nel 1992. Ed è proprio Parisi, sin dalle primissime istanze di festeggiamenti, a dimostrare un giudizioso contenimento di entusiasmo, ancorato al suolo della sincera effettività; nell’occasione in cui ogni attenzione è proiettata briosamente sulla sua figura, il professore ne approfitta per aggirare esagerati sentimentalismi e ricorda, coscienzioso, come la ricerca scientifica non necessiti di grandi complimenti (seppur senza esagerati incoraggiamenti statali, i premi Nobel sono già stati conquistati in passato molteplici volte), ma di concretezze maggiori, riscontrabili nella finanziabilità della ricerca scientifica, drammaticamente scarsa in Italia.

Condensati come molecole, gli applausi nelle platee di aule magne e trasmissioni televisive, i cori di sostegno cantati dagli universitari del dipartimento di fisica Guglielmo Marconi di Roma, e le fotografie accompagnate da ampi e riconoscenti sorrisi del professore (in aggiunta presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei come anche uno dei tre fisici italiani membri della National Academy of Sciences degli Stati Uniti d’America) generano una cornice gioiosa e ottimista. Il genio versatile di Parisi si è destreggiato in copiosi ambiti della fisica teorica, per approdare finalmente alla meccanica statistica, impiegata nell’investigazione dei legami tra dinamica e termodinamica e con l’intenzione di descrivere i moti degli atomi anche in termini macroscopici. Successivamente al conferimento del premio Wolf nel medesimo anno, ciò che è stato premiato dal Nobel è una scoperta sensazionalmente esclusiva, la quale scava in soluzioni a problemi generalmente ignorati dall’immenso mondo della disciplina in questione, eppure rivelatisi indispensabilmente preziosi da conoscere al fine di comprendere molti altri fenomeni del mondo che ci circonda, compreso quello del riscaldamento globale.

L’indagine di Parisi tratta i cosiddetti sistemi complessi, il suo intento è allentare il groviglio conoscitivo che li connota, con metodi matematico-statistici di elevata competenza.

Il premio Nobel, con più precisione, è stato assegnato per l’audacia nel decifrare l’interazione tra disordine e fluttuazione nei sistemi fisici da scala atomica a scala planetaria. Il solo titolo della vincente scoperta adagia una sorta di garza poetica ad un elemento che solitamente verrebbe collocato nei tecnicismi più austeri pensabili, e incuterebbe svogliatezza di comprensione da parte di chiunque non mastichi la materia. Eppure, sconfiggendo l’iniziale risentimento circa la cognizione dell’argomento, è possibile scoprirne un aspetto incredibilmente affascinante e, perché no, scientificamente ma anche artisticamente sbalorditivo. Il presupposto da cui partire è la tendenza, di ogni sistema fisico, a raggiungere un livello minimo di energia. La complessità che emerge da alcuni sistemi, cambiando di poco le proprie condizioni inziali, conduce all’ottenimento di risultati finali estremamente difformi. Ciò è sentore di una variabilità alla quale pare quasi impossibile porre ordine, quasi come in qualsiasi altra situazione di sgomento e frustrazione. E proprio il termine frustrazione definisce il comportamento di tali atomi inseriti come impurezze magnetiche all’interno del sistema fisico in analisi (denominato spin glass). La difficoltà di comprensione compare, spontanea e giustificata, anche per questo motivo essi stessi prendono il nome di sistemi complessi, disordinati, non periodici. Questi atomi non riescono infatti ad allinearsi nella stessa direzione e di conseguenza si mostrano incapaci di soddisfare in sincrona contemporaneità l’insieme di legami necessari per minimizzare l’energia al completo.

Più stati, più parametri, sopraffatti dalla moltitudine delle possibilità a cui poter far fronte, esattamente come gli atomi, alcune delle unità più minuscole che costituiscono la materia e che accomunano ogni singolo elemento presente in questa realtà che ci si palesa giorno per giorno, noi uomini viviamo immersi in un’unica costante: quella della contraddizione, alimentata dalla multidimensionalità delle scelte, inevitabili pronunce dell’esistenza antropologica. Forse, la gerarchia degli stati che Parisi cerca da anni di misurare con graduale e progressiva maestria matematica non è poi così distante dai fenomeni che attorniano la consistenza di ogni giorno.

Dai moti delle masse d’aria a quelli degli stormi degli uccelli, il microscopico si sta rivelando come primordiale chiave per descrivere l’universo tutto, nella sua più strabiliante e sconvolgente generalità, a cui l’occhio abitudinario umano probabilmente ha assegnato fin troppa assodata prevedibilità. 

Che quindi la scienza sia fondata su categorizzazioni, che essa cataloghi ogni fenomeno in un modello specifico, non significa necessariamente che, nelle sue schematizzazioni, sia sempre aspra, caustica e severa, ma tutt’altro: le scoperte meritevoli di Giorgio Parisi dimostrano ancora una volta l’universalità del potenziale scientifico, laddove la matematica ha deciso di rintracciare spiegazioni della crisi climatica, dei sistemi neurali (come funzionano gli algoritmi) e magari si è proferita come il verso di una nuova suggestione poetica, singolare perché empirica, ma romanticamente stupefacente: un idillio scientifico che convoglia l’atomo e la condizione umana, e consola nella comunanza con questo frastagliato disequilibrio infinitesimale.

«Tutto ciò che vediamo intorno a noi è un sistema complesso, compresi noi stessi. Nel cervello o nell’organismo i neuroni o gli organi si scambiano di continuo messaggi che influenzano il loro funzionamento. Sistemi complessi sono anche le interazioni tra le persone protagoniste dell’economia e altrettanto un ecosistema con i vari organismi in azione o l’intero insieme della vita sulla Terra»

Giorgio Parisi
Alice Sebastiano
Di Milano. Studio international politics, law and economics, nasco nel 2001 e ho il callo sull’anulare per la pressione della biro sin dalla prima elementare. Elogio la nobile virtù dell’ascolto reciproco. Scrivo per legittima difesa, il piacere personale è poi accessorio.

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