Le recenti proteste sui cambiamenti climatici durante la sfilata di Louis Vuitton hanno riacceso l’interesse dell’opinione pubblica circa l’impatto ambientale dell’industria della moda. Dal 28 settembre al 6 ottobre si è tenuta la settimana della moda parigina che ha visto protagonisti non solo gli stilisti, i modelli e le personalità internazionali più celebri, ma anche alcuni attivisti appartenenti a Extinction Rebellion, Amis de la Terre e Youth For Climate, gruppi di protesta socio-politici impegnati nella lotta contro il cambiamento climatico e nella protezione dell’ambiente: una di loro ha fatto irruzione sul palco durante la sfilata di Louis Vuitton, mostrando al pubblico un lenzuolo con scritto “Consumismo=estinzione”.
Non è la prima volta che Extinction Rebellion boicotta l’industria della moda: episodi simili sono avvenuti durante la London Fashion Week 2019, con proteste pacifiche di denuncia nei confronti del business della moda, che ha la sua parte di responsabilità nella crisi climatica. Il gruppo chiese perfino l’annullamento della London Fashion Week, inviando una lettera ufficiale al British Fashion Council, senza però ottenerlo.
Quella della moda ecologica non è una tematica emersa di recente, perché già da tempo si parla di Green Fashion: a partire dagli anni ’90, parallelamente all’aumento dell’interesse dell’opinione pubblica e dei media nei confronti dei cambiamenti climatici, è cresciuta anche la consapevolezza delle conseguenze che l’industria della moda produce ai danni dell’ambiente.
Per moda ecologica si intende un’industria “a basso impatto ambientale”, sensibile alle tematiche ambientali e impegnata nell’uso di materie prime ecologiche.
La moda eco-sostenibile è la fusione tra la moda ecologica e quella etica: si impegna verso una produzione ecologica e socialmente etica nei confronti dei lavoratori.
Da una parte, il mondo della moda si presenta sensibile alla situazione climatica, dimostrandosi aperto a cambiamenti verso una produzione socialmente ed ecologicamente più sostenibile. Cresce il numero di marchi di lusso e minori che usano materiali ecosostenibili o riciclati, come ad esempio scarti di ortaggi e frutta, plastica riciclata o più in generale rifiuti; altri marchi promuovono la raccolta di abiti vintage o usati; alcuni brand di lusso fanno la loro parte abbandonando definitivamente l’uso di pelli e pellicce vere.
Dall’altra parte, una grande componente del sistema industriale della moda è ancora ben lontana dal migliorarsi veramente: un esempio è il Fast Fashion, un modello industriale di business che si basa produzione di massa, prezzi bassi e grandi quantità di capi in vendita. Questo comporta non soltanto un importante aumento della produzione, ma anche la crescita del numero di indumenti utilizzati e poi gettati dopo poco tempo.
Intorno agli anni ’90, si è fatto largo un nuovo fenomeno industriale, il greenwashing: il termine deriva dall’unione di green, ad indicare l’elemento ecologico, e washing, l’attività di nascondere imperfezioni. Questa espressione indica la pratica di marketing che alcune aziende attuano, fingendo una politica eco-friendly, attraverso pubblicità ingannevoli, l’uso improprio del prefisso eco- e dei colori quali verde, marrone o colori che rimandano all’idea di natura: tutto ciò per ottenere maggiore visibilità e, di conseguenza, maggiori guadagni, senza realmente impegnarsi nella tutela del pianeta, ingannando così i consumatori e intralciando l’economia sostenibile.
L’industria della moda è oggi uno dei settori più inquinanti al mondo.
Tra le sue principali responsabilità vi sono: un eccessivo consumo di acqua, un bene limitato prezioso e non sempre reperibile come bene primario in alcuni paesi del mondo; l’inquinamento idrico dovuto al rilascio di sostanze inquinanti nei bacini idrici naturali e a quello di microplastiche, a causa del lavaggio dei capi vestiari sintetici; le elevate emissioni di CO2 e il difficile smaltimento dei numerosi indumenti che vengono gettati ogni anno, invece di essere riutilizzati o donarti.
Questo settore è uno dei più importanti nell’economia mondiale e sicuramente uno dei più incidenti sull’ambiente e, se molti brand si impegnano nella realizzazione di nuovi progetti per la tutela dell’ambiente, molti altri ancora non si sono mossi. Inoltre, è altrettanto responsabilità del consumatore rendersi consapevole e informarsi su ciò che acquista e quale impatto questo abbia sull’ambiente.