Il 12 ottobre del 1896 nasceva Eugenio Montale, uno dei più importanti poeti di tutto il Novecento e uno dei maggiori intellettuali di tutta la storia della letteratura italiana. Oggi, dopo 125 anni dalla sua nascita, Montale viene ancora ricordato e celebrato per la sua attività di scrittore, critico letterario, traduttore, filosofo e soprattutto poeta. I suoi componimenti, che mettono in scena paesaggi o semplici oggetti che potrebbero far parte della vita quotidiana di tutti noi, nascondono in realtà significati profondi e complessi.
Gli anni in cui Montale inizia a comporre le sue poesie sono anni difficili: terminata la Grande Guerra, nella quale egli stesso aveva combattuto, si stava affermando sempre di più una nuova forza politica, il fascismo. Il poeta ne prende immediatamente le distanze, arrivando a sottoscrivere nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Oltre a dissociarsi dalle ideologie politiche di quel periodo, Montale sviluppa anche un atteggiamento ostile nei confronti della nuova civiltà che si stava formando e, per questo motivo, inizia a maturare dentro di sé malessere e infelicità nei confronti della vita, che cercherà di manifestare attraverso la scrittura, fin dalla sua prima raccolta poetica.
Con Ossi di Seppia, raccolta pubblicata nel 1925, Montale inaugura la cosiddetta poetica del “male di vivere”. Ponendosi in un orizzonte di pensiero quasi leopardiano, Montale attraverso queste poesie riflette sulla dolorosità dell’esistenza umana, dovuta all’impossibilità da parte dell’uomo di trovare delle risposte certe sulla vita e sulla sua stessa esistenza. L’unico rimedio possibile, che in verità non libera davvero l’uomo dal dolore, è la “divina Indifferenza”, ovvero una posizione di duro distacco dalla realtà:
Bene non seppi, fuori del prodigio
“Spesso il male di vivere ho incontrato” in “Ossi di Seppia”, 1925
che schiude la divina Indifferenza:
L’attività poetica di Montale prosegue fino al 1939, anno di pubblicazione della seconda raccolta di poesie, intitolata Le Occasioni. All’interno di questi componimenti, il poeta mette in scena oggetti, situazioni, ricordi di vita carichi di un profondo significato simbolico, che si rivelano essere “occasioni” di speranza in un mondo strettamente legato all’incertezza. Un ruolo importante è ricoperto dai personaggi femminili presenti in questa raccolta che, nascosti dietro nomi fittizi, assumono la funzione di “donne – angelo”, figure salvifiche per il poeta senza le quali la vita sarebbe peggiore. È evidente l’ispirazione derivata dalla Beatrice dantesca. Nelle Occasioni si ricorda principalmente la presenza di Clizia, la “donna angelo” che è stata identificata con Irma Brandeis, una studentessa americana realmente amata da Montale.
Il sentimento di negatività e di angoscia maturato in quest’ultima raccolta si intensifica ulteriormente nelle poesie composte durante la Seconda Guerra Mondiale e il secondo Dopoguerra, contenute in La bufera e altro (1956).
Il poeta stesso avrebbe definito La bufera come “un’appendice alle Occasioni”, nelle Note alla seconda edizione di Finisterre (prima sezione della raccolta La bufera e altro) pubblicata a Firenze nel 1945. Il percorso poetico di Montale termina nel 1971 con la pubblicazione di Satura: in quest’ultima raccolta, Montale critica molteplici aspetti del mondo a lui contemporaneo, tramite l’utilizzo di toni e livelli stilistici differenti, primi fra tutti l’ironia e il sarcasmo.
Questo breve viaggio attraverso l’attività poetica di Montale permette di cogliere le differenti sfaccettature del suo pensiero, estremamente complesso e articolato, forse difficile da comprendere appieno a una prima lettura. Per quale ragione allora, rispetto ad altri poeti del Novecento, il lascito di Montale è stato così significativo? Come la sua poesia è riuscita a «sopravvivere nell’universo delle comunicazioni di massa»? Questo interrogativo se lo pose Montale stesso nel suo discorso alla cerimonia di premiazione del Premio Nobel per la letteratura (di cui lui fu vincitore nel 1975). La sua risposta fu cristallina:
«È ciò che molti si chiedono, ma a ben riflettere la risposta non può essere che affermativa. Se s’intende per la così detta bellettristica è chiaro che la produzione mondiale andrà crescendo a dismisura. Se invece ci limitiamo a quella che rifiuta con orrore il termine di produzione, quella che sorge quasi per miracolo e sembra imbalsamare tutta un’epoca e tutta una situazione linguistica e culturale, allora bisogna dire che non c’è morte possibile per la poesia».
Eugenio Montale è stato in grado di raccontare la propria realtà politica e culturale, celando significati profondi e forti aspettative di vita dentro le cose più comuni. Allontanandosi dalla tradizione, attraverso la rappresentazione della semplicità, Montale si è posto accanto ai suoi lettori e li ha portati con sé nel suo mondo poetico. A 125 anni dalla sua nascita, la sua poesia è ancora viva ed Eugenio Montale viene omaggiato come uno dei più grandi autori nel panorama della letteratura italiana. L’anniversario della sua nascita è stato opportunamente ricordato con un post anche dall’account Twitter del Premio Nobel.