Del: 19 Novembre 2021 Di: Laura Cecchetto Commenti: 0
Bookcity 2021. Una settimana senza social

Angela Biscaldi, professoressa di antropologia culturale presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche alla Statale di Milano e autrice di Una settimana senza social, racconta, in occasione di Bookcity Milano 2021, l’esperienza di alcuni studenti di un liceo di Crema ai quali è stata proposta (e non imposta) una settimana di allontanamento dai loro profili social, spingendoli al pensare criticamente riguardo usi, abusi e sensazioni ad essi collegati. 

Quest’anno il tema della manifestazione meneghina è incentrato sulla riflessione su cosa succederà ‘dopo’ all’interno delle nostre comunità di lavoro, dell’istruzione e della cultura tramite libri, parola e dialogo, per capire cosa come affrontare l’oggi e cosa ci riserva il futuro post pandemico.

In questo frangente, che ha dimostrato quanto siano stati fondamentali i social nel restare ‘vicini’ e connessi durante i lockdown che si sono succeduti nell’ultimo anno e mezzo, il libro getta una provocazione: saremmo in grado di passare una settimana lontani dai social? 

Temi cardine sono, innanzitutto, il tentativo di promuovere percorsi autonomi di crescita per il raggiungimento della consapevolezza e dell’autonomia nella conoscenza e nell’utilizzo dei nuovi media digitali e la responsabilizzazione verso un cammino di ‘sensibilizzazione social’. Un’educazione civica digitale, che coinvolge tanto i giovani quanto gli adulti che, dialogando e compenetrando linguaggi vecchi e nuovi, possono educare ed educarsi, partendo dalle mura scolastiche, all’utilizzo di strumenti che, in sé e per sé, non sono né morali né immorali e la cui agency dipende dall’utilizzo che ne fa il fruitore.

Importantissima appare dunque l’educazione alla riflessività, al porsi domande e darsi delle risposte alla luce di un pensiero critico e strutturato da parte di tutti coloro che lavorano, studiano e apprendono tramite i nuovi media digitali. Solamente formandosi sarà possibile estrapolare il meglio dagli strumenti che si hanno a disposizione senza che essi manipolino completamente l’esistenza, sfruttando la didattica per giungere a trasformazioni sociali necessarie in questa nuova era digitale, soprattutto a fronte del periodo della pandemia. Tuttavia, è bene ricordarsi che, dietro agli strumenti, vi sono degli individui pensanti e soprattutto con dei sentimenti: bisogna formare anche a livello di sensibilità, empatia, capacità di ascolto, inclusività e partecipazione emotiva.

L’invito è quello di abbandonare, soprattutto nell’ambito scolastico ed accademico, un modus operandi basato sul controllo e che proibisca l’utilizzo dei media digitali oppure, all’estremo opposto, che lasci soli i giovani nel loro utilizzo, e di mirare alla responsabilizzazione e alla condivisione di linguaggi, strumenti, capacità e norme per muoversi all’interno della rete.

Appare altresì necessario e doveroso cercare un equilibrio tra vita online e offline, due realtà inscindibili del nostro essere nella società che si intersecano tra loro, che spesso portano al disagio e all’inquietudine di non essere visti, all’ansia del non postare nulla, alla necessità di controllo su cosa succede nella propria bolla e alla paura di non essere aggiornati su cosa sta accadendo sulla propria pagina.

Questo equilibrio non può essere imposto e nemmeno dettato dall’alto o dall’altro, ma dato da un sé consapevole dei vantaggi e dei rischi che i nuovi media digitali offrono senza demonizzare questi ultimi né colpevolizzare una giovane generazione perché troppo dipendente dai social (anche se gli adulti stanno comunque popolando le piattaforme digitali con altrettanto interesse). 

È innegabile che i nuovi media digitali stiano lentamente permeando tutti gli aspetti della quotidianità, ma questo non vuol dire che debbano prendere il sopravvento. Uno status menti aperto, formato e responsabilizzato può fare la differenza in questa nuova tappa dell’evoluzione umana.

Laura Cecchetto
Scopro il mondo e me stessa con il naso dentro a un libro, rifletto su ciò che mi circonda e prendo appunti. Narro ciò che leggo, e di conseguenza ciò che provo, per relazionarmi con ciò che mi sta attorno, possibilmente con una tazza di tè sulla scrivania.

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