Il cambiamento e l’evoluzione sono caratteristiche sociali necessarie a cui non ci si può sottrarre, che riguardano tutte le società e gli uomini d’ogni tempo e luogo. Il cambiamento odierno è stato costruito sulle spoglie di eventi storici pregressi che hanno colpito le minoranze e le categorie considerate diverse, che oggi sono invece promosse col fine di eliminare il concetto negativo di disuguaglianze sociali, promuovendo invece una diversità concreta positiva.
Sono sorti nuovi fenomeni sociali che hanno contribuito al cambiamento: tra questi il Black Lives Matter, l’introduzione (parziale) dei diritti civili per la comunità LGBTQ+ e le ancora attuali lotte sociali per la conquista dei diritti civili non ancora raggiunti in Italia e in molti altri paesi del mondo; la moda genderless, l’identificazione sessuale Genderfluid o non binaria, il movimento #metoo che ha smosso la questione della violenza sulle donne, ma anche movimenti sociali e politici femministi volti alla promozione delle figure femminili nel settore lavorativo, politico, culturale; la normalizzazione dell’invalidità fisica, delle malattie mentali, non più considerate come difetti da nascondere, ma da accettare e normalizzare.
Tutti questi fenomeni hanno colpito profondamente non solo l’aspetto sociale ma anche il settore economico industriale, che ha risentito molto di quest’ondata di solidarietà. Sono sempre di più i marchi internazionali di tutti i settori del commercio che sfruttano il concetto di diversità nella commercializzazione dei loro prodotti e dei servizi.
L’industria della moda è una di queste, probabilmente quella che ha subito il cambiamento più rilevante all’interno del settore economico da questo punto di vista.
La moda Genderless rappresenta una delle novità nell’industria del Fashion. Questo fenomeno riguarda il superamento della categorizzazione del vestiario in base al sesso, sempre molti più marchi di moda abbandonano l’idea di creare abiti esclusivamente maschili o femminili: recentemente Stella McCartney ha creato una linea di abiti unisex pensata per le esigenze delle nuove generazioni.
I red carpet più importanti si sono evoluti e sempre più celebrità presentano un look genderless, personaggi come il cantante Harry Styles, che più volte ha indossato abiti di pizzo e gonne. Questi è inoltre diventato il primo uomo a cui Vogue US abbia dedicato una copertina in cui ha indossato un meraviglioso abito di pizzo firmato Gucci e una giacca da smoking.
Il gruppo italiano Måneskin a sua volta è la personificazione del concetto di Gender Fluid, i membri della band romana non badano alla tradizionale differenziazione degli abiti maschili e femminili, indossano ciò che vogliono scavalcando pregiudizi e critiche. Recentemente il cantante del gruppo, Damiano David si è presentato sul palco degli MTV Ema Awards in culotte e reggicalze rompendo qualunque precetto sulla moda. I Måneskin non sono nuovi a questo tipo di abbigliamento; infatti, da sempre hanno assunto una chiara posizione sulla libertà di esprimere sé stessi in qualunque modo lo si desideri, che si tratti di abiti o makeup.
Non solo abiti e trucco: la body positive è un altro movimento sociale moderno che promuove la diversità fisica del corpo, quello che non rientra nei canoni di bellezza standard socialmente accettati.
Inizia come movimento di accettazione, di normalizzazione di un’estetica diversa da quella che normalmente viene promossa sulle riviste, sulle passerelle, al cinema; un movimento d’accettazione del diverso, dell’amore e della cura di sé. Molte donne hanno iniziato a condividere il concetto di amor proprio per definire una rappresentazione più ampia a livello mediatico di tutte le donne e uomini che finora hanno vissuto nell’ombra delle regole estetiche dettate dalla società e dalla moda. Un tentativo di affermare sé stessi, di condividere l’importanza d’essere e amare sé stessi, al di là di quel che la legge sociale impone. Non è più la moda a dettare le regole dell’estetica, ma è questa ad adattarsi alle necessità delle persone, che hanno volti, colori e corpi differenti.
Il movimento è esploso sui social media (prevalentemente su Instagram) per poi diffondersi e ingrandirsi, fino a diventare un movimento globale di rivendicazione sociale e culturale, volta alla normalizzazione di tutte le diversità fisiche, non solo quelle generali quali il peso corporeo e l’altezza, ma anche le diverse invalidità. L’atleta paralimpica Bebè Vio è la dimostrazione di quanto la moda sia stata influenzata dall’evoluzione sociale del pensiero comune. La campionessa paralimpica ha infatti partecipato come modella alla sfilata di L’Oréal a Parigi, insieme a lei anche l’attrice premio Oscar Helen Mirren ha camminato sulla passerella parigina, entrambe sono ambasciatrici del noto brand francese che ha scelto i loro volti per rappresentare modelle poco convenzionali, quelle che qualche anno fa difficilmente sarebbero apparse come testimonial di un brand così importante.
Nell’industria della moda ormai tutti i marchi più famosi hanno fatto i conti con questa nuova realtà: il noto marchio americano Victoria’s Secret ha rinunciato alle famose sfilate con le più belle e famose modelle al mondo, sostituite da un gruppo di modelle più conformi alle esigenze odierne, donne ordinarie, atlete, attrici (che nulla hanno da invidiare alle colleghe passate) ma che incarnano un canone di bellezza più specifico e differente.
Anche Alessandro Michele, direttore artistico di Gucci, ha totalmente rivoluzionato il volto del marchio italiano scegliendo di portare sulle scene la modella Armine Harutyutunyan, la cui apparizione ha causato non poche polemiche dal punta di vista estetico, sociologico ed economico del brand. Non soltanto lei, ma tutti i volti di Gucci sono stati scelti dallo stilista romano proprio per le loro caratteristiche fisiche estranee all’ideologia estetica dominante, dove eccentricità e diversità diventano sinonimo di bellezza. L’ultima campagna di Gucci Beauty ha così scelto come protagonista Ellie Goldstein, una modella giovanissima (18 anni) con sindrome di Down.
Anche la comunità LGBTQ+ ha le sue testimonial.
Non poche critiche ha suscitato l’uscita della campagna pubblicitaria di Calvin Klein che presenta un gruppo di nove modelli LGBTQ+ tra cui la modella nera transgender Jari Jones. Anche Dolce e Gabbana, nella nuova campagna televisiva realizzata in collaborazione con Baci Perugina, presentano una serie soggetti diversificati: coppie omosessuali, etero, una coppia di anziani, una di giovani ragazzi, una madre e un bambino, una donna asiatica e così via. Un chiaro esempio di come la moda necessiti di allargare i suoi orizzonti, rinunciando ai tradizionali standard e abbracciando la diversità di ogni genere: sessuale, culturale, fisica.
Il mondo della moda è stato totalmente rivoluzionato da alcuni anni, i tradizionali modelli non sono stati del tutto eliminati, ma integrati ad altri, così da creare una più ampia rappresentazione possibile del pubblico, rispettando le diversità, non eliminandole; valorizzando i difetti, non cancellandoli; privilegiando quelle caratteristiche singolari che finora sono rimaste nascoste. La diversità non è più sinonimo di vergogna, ma di bellezza. Anche un’industria importante come quella della moda vuole partecipare a questa rivoluzione, e anche se all’inizio si può trattare semplicemente di un interesse economico, non si può negare l’effettiva importanza e necessità del cambiamento, quello volto a una politica sociale più inclusiva.