Del: 12 Novembre 2021 Di: Luca Pacchiarini Commenti: 0
L’Elettra smascherata di Testori e Marrazzo

Le vicende di Elettra, figlia di Agamennone e Clitennestra e sorella di Oreste, sono ripercorse e osservate da punti di vista abbastanza originali all’interno dell’omonimo spettacolo diretto da Pasquale Marazzo. In scena fino al 14 novembre all’MTM teatro Litta di Milano, l’Elettra di Giovanni Testori cerca di spogliarsi di tutto, di essere più del personaggio che sempre è stata: paure, dolori, angoscia per un’attesa di cui non ha certezze, tutto la stringe in una morsa da cui cerca costantemente di liberarsi. Ma dall’altro lato c’è Clitennestra, una donna disposta a tutto per perseguire i suoi obiettivi, cinica e che non perde occasione di sbeffeggiare Elettra, la figlia che non ama.

Il conflitto tra queste due figure è ciò su cui ruota tutto il meccanismo dello spettacolo: la loro non è una semplice antipatia, è un odio carnale che ha radici molto profonde e che in questo palco ha vari momenti in cui si dà in tutta la sua potenza.

L’essenzialità pervade ogni aspetto dell’opera. La scenografia, scarna e tagliente, interamente in legno, rimanda alla psiche dei personaggi e alla complessità che essa ha, alla sua fragilità ma anche alla sua potenza. Essa viene smossa nei momenti di rammarico o frustrazione, un legno aguzzo che sembra superiore a tutti i personaggi e per questo, forse, li accomuna tutti nel dolore in cui sono incastrati. Allo stesso modo, i costumi estremamente semplici e sobri, uguali per tutti i personaggi così da omologare personalità all’apparenza antitetiche, mostrano quanto siano tutti inseriti nello stesso processo distruttivo.

L’impegno richiesto alle attrici per quest’interpretazione è molto elevato. Grande potenza la dà il personaggio di Clitennestra che in molte occasioni esplode in scene di disperazione e rabbia, che riescono a far arrivare tutta l’energia dirompente e il pathos di questa donna cinica ma anche incerta. Anche Oreste, sempre interpretato da una donna, ha dei momenti in cui tutta la sua furia mista a dubbio riesce a uscire, tuttavia qui non è un’esplosione come nel caso della madre, ma più un’afflizione insuperabile, un mettere tutta la sua forza per superare gli impedimenti, e questa forza arriva al pubblico in maniera impetuosa, ma lui non riesce a rompere il suo flagello.

Per realizzare tutto ciò, gli attori operano un’interessante scelta recitativa: i gesti sono pochi, spesso piccoli, ma ognuno con un suo significato, e quando vi sono movimenti più ampi essi sorprendono e permettono di aumentare il valore degli avvenimenti.

È la voce il principale strumento dello spettacolo, essa non solo fa dialogare ma rimanda a tutto il substrato emotivo dei personaggi, alle motivazioni del loro agire. Tutto ciò è ampliato da un sistema di luci che esalta le forme rigide dei personaggi, a volte li esclude dal resto del mondo, li racchiude: sono inseriti in una loro personale zona di intimità, di interiorità, a volte dolce e a volte profondamente amara. In conclusione, questo spettacolo cerca di smascherare Elettra, non è più solo la figlia che vuole vendicare il padre, qui i suoi dolori sono umani e lei ne è incastrata, è combattiva ma le sue debolezze la raggiungono sempre: qui è una persona oltre il mito.

Luca Pacchiarini
Sono appassionato di cinema e videogiochi, sempre di più anche di teatro e letteratura. Mi piace scoprire musica nuova e in particolare adoro il post rock, ma esploro tanti generi. Cerco sempre di trovare il lato interessante in ogni cosa e bevo succo all’ace.

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