Del: 16 Novembre 2021 Di: Erica Ravarelli Commenti: 0
Sì al nuovo San Siro, ma resta l'ipotesi referendum

Tra passi avanti, proteste, discussioni ed elezioni sono passati ormai due anni dalla presentazione dei progetti La cattedrale e Gli Anelli di Milano, ma questa volta sembra che, indipendentemente dal successo della prima o della seconda proposta, il via libera più importante sia arrivato: il nuovo San Siro si farà, ma non sarà pronto prima del 2027, per fare in modo che sia il “vecchio” Meazza a ospitare la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali che si svolgeranno nel 2026.

Il sì della giunta Sala è arrivato lo scorso 5 novembre, quando gli assessori hanno approvato la delibera del pubblico interesse sui progetti avanzati da Milan e Inter per la realizzazione del nuovo distretto dello sport. A palazzo Marino, l’incertezza è stata superata quando i club si sono dichiarati disposti a rispettare tre condizioni: la prima consiste nell’attenersi all’indice volumetrico pari allo 0.35 imposto dal Piano di Governo del Territorio. Da ciò deriva la seconda condizione, che riguarda l’aggiornamento del Piano Economico e Finanziario dei club: meno edifici, in sostanza, significa minore ritorno economico per Milan e Inter, dunque le squadre dovranno rifare i conti considerando il fatto che il taglio riguarderà principalmente le attività commerciali adiacenti allo stadio. Si tratta di un traguardo importante per l’amministrazione comunale che, sottraendo 0.16 punti dalla soglia stabilita in seguito alla mediazione iniziale, ottiene una consistente riduzione della superficie edificabile (dai circa 140 mila metri quadrati corrispondenti allo 0.51 si passerà a 100 mila metri quadrati). La terza e ultima condizione riguarda la “riconfigurazione a distretto sportivo dell’area dove attualmente insiste il Meazza, con ampia valorizzazione e incremento del verde”.

Alcune criticità, tuttavia, non sono state superate, e continuano ad alimentare le proteste del fronte del “no”.

Giovedì scorso, ad esempio, i cittadini del Coordinamento San Siro, insieme alla rete di comitati milanesi contrari a quella che definiscono un’operazione di “devastazione e cementificazione”, hanno protestato davanti a palazzo Marino mostrando dei “cartellini gialli per ‘ammonire’ la giunta per una serie di falli realizzati in questa vicenda”.

I manifestanti fanno notare che la demolizione dello stadio comporterebbe “7 anni di inquinamento”, che abbattere il Meazza significherebbe distruggere un monumento “di fama mondiale” e che il Comune non ha ancora preteso di sapere chi siano i titolari effettivi di Milan e Inter, ossia gli enti con cui sta trattando. A tal proposito, non diversamente da quanto accaduto un anno fa, è di nuovo il comitato antimafia a sottolineare come il territorio del Comune di Milano costituisca “un’area aggredibile dai grandi capitali di provenienza ignota, che si avvalgono dei meccanismi dei fondi […] che si celano dietro l’anonimato”.

A fronte di tali problematiche sono in molti a sostenere che sia sbagliato accantonare l’ipotesi ristrutturazione: «San Siro […] è un impianto sicuro e a norma», afferma Carlo Monguzzi, capogruppo di Europa Verde in consiglio comunale, il quale fa notare che, mentre in Italia i club insistono sulla demolizione del vecchio stadio, «in giro per l’Europa hanno rimesso a nuovo i loro impianti, un settore per volta, continuando a giocarci dentro».

Tra coloro che, come Monguzzi, dicono sì alla ristrutturazione ma si oppongono con convinzione all’ipotesi “distretto dello sport”, la quale prevederebbe la costruzione di un nuovo stadio ma anche di uffici, hotel, un centro commerciale, residenze e dunque tanto (troppo?) cemento, c’è anche chi pretende di coinvolgere la cittadinanza indicendo un referendum.

Su questo punto, tuttavia, Sala non ha dubbi: «Siamo delegati dai cittadini per prendere decisioni». Il sindaco ritiene che i referendum debbano riguardare «questioni di natura etica e morale», e aggiunge: «Va sempre bene discutere ed approfondire. Ma se il dibattito è sul nuovo stadio “sì o no’’, non va bene. Ho portato le società ad accettare le nostre condizioni. Non c’è più spazio per ripensamenti».

Scartata l’opzione referendum, il sindaco sembra voler puntare sul dibattito pubblico. Si tratta di uno strumento introdotto nel Regolamento comunale a partire dallo scorso luglio per volere dell’ex assessore Lorenzo Lipparini. Il procedimento, che durerebbe circa 60 giorni dalla data dell’indizione (ma c’è chi dice che potrebbe protrarsi fino a 90 giorni), permetterebbe di coinvolgere soltanto la parte più interessata della cittadinanza, attraverso una serie di incontri ristretti guidati da tecnici esperti del Comune. Al termine del confronto verrebbe steso un resoconto finale che l’amministrazione, tuttavia, non sarebbe vincolata a considerare. La delibera in cui si chiede di attivare questo strumento sarà presentata in settimana dai Verdi, i quali si dichiarano favorevoli a percorrere anche la strada del referendum cittadino a patto che a promuoverlo sia la società civile milanese e non i partiti.

A insistere perché si coinvolga la cittadinanza nella sua complessità ci sono anche Rifondazione Comunista e Coordinamento San Siro, consapevoli del fatto che non c’è tempo da perdere: la procedura referendaria, infatti, si attiva solo previo deposito di almeno mille firme autenticate entro 120 giorni dalla delibera del Comune, per cui aspettare il termine del dibattito pubblico coinciderebbe con la rinuncia.

Una volta depositate le firme, rimarrebbero da superare altri due ostacoli: la valutazione della congruità del quesito da parte del Comune e la raccolta di altre quindicimila firme da parte del Comitato. Si tratta di un obiettivo tutt’altro che irraggiungibile poiché tra i sostenitori del referendum non ci sono soltanto i partiti di Sinistra radicale e i Verdi: il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa, ad esempio, ha dichiarato: «Ci stiamo già attivando, saranno i cittadini a dire se questo magnifico monumento della Milano di oggi, di ieri e io mi auguro anche di domani debba essere abbattuto con il guaio di camion che portano i detriti per anni». Al flash mob di giovedì scorso, inoltre, erano presenti anche il neoconsigliere di Forza Italia Marco Bestetti e Stefano Pillitteri, assessore ai tempi di Letizia Moratti.

A conti fatti, insomma, sembra evidente che l’accelerazione impressa dall’amministrazione comunale non abbia messo a tacere lo scetticismo e i malumori provenienti tanto dalla società civile quanto dalle forze politiche di destra e di sinistra.

Forse, contrariamente a quanto dichiarato, il sindaco dovrà lasciare spazio ai ripensamenti.

Erica Ravarelli
Studio scienze politiche a Milano ma vengo da Ancona. Mi piace scrivere e bere tisane, non mi piacciono le semplificazioni e i pregiudizi. Ascolto tutti i pareri ma poi faccio di testa mia.

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