Del: 16 Dicembre 2021 Di: Rebecca Nicastri Commenti: 0
"Admirabile Signum", opera d'incontro tra sacro e terreno

L’atrio di Ansperto della Basilica milanese di S. Ambrogio ospita fino al 9 gennaio l’evento Admirabile Signum, un grande presepe degli artisti Filip Moroder Doss e Thomas Comploi. L’evento è promosso dall’Associazione Culturale Art’è Muggiò, alla quale presiede Aldo Ramazzotti, ed è curato da Temple Franciosi con il sostegno della banca BPER.

Le maestose figure in legno, alte fino a 240 cm su struttura autoportante, danno vita a un presepe il cui spazio è condiviso con quello degli spettatori. Il maestoso porticato della Basilica a sfondo delle figure cala l’opera in una dimensione urbana cui partecipano i giochi di luce creati dal sole che – nelle giornate più fortunate – illumina i corpi arricchendoli di un’aura di sacralità.

Nella lettera Apostolica Admirabile Signum del 2019, Papa Francesco spiega che fin dall’origine francescana il presepe è un invito a “sentire” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione.

I corpi plasmati nella loro essenzialità esprimono una magistrale interiorizzazione delle tecniche scultoree che abbandonano la tradizione per inseguire un’innovazione elegante e sincera.

Filip Moroder Doss, classe 1966, inizia la formazione professionale nello studio del padre a Ortisei, incantevole paese dell’Alto Adige. La formidabile carriera lo porta nel 2017 a essere vincitore del concorso mondiale per la realizzazione di un Cristo al Santuario di Nostra Signora di Fatima in Portogallo e nel 2018 vincitore del premio Nadàl Furlan.

A pochi chilometri da Ortisei si trova Santa Cristina, villaggio d’origine di Thomas Comploi. Nato nel 1965, le sue sculture e i suoi bassorilievi in stile tradizionale abbelliscono chiese e cappelle in Italia e Germania e portano avanti l’autentica tradizione scultorea delle Dolomiti, meravigliosa terra dichiarata dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità.

La grandiosa rappresentazione della Sacra Famiglia accolta oggi da S. Ambrogio è stata esposta nel 2019 al Quirinale, su invito della Presidenza dello Stato; altri capolavori dei due scultori sono inoltre esposti fino al 9 gennaio presso la Chiesa parrocchiale S. Antonino Martire in Nova Milanese (MB).

Nel mezzo delle imponenti statue dell’opera, intitolata Nativity – Gesù pupilla di luce, troviamo il Bambin Gesù dorato, autentica pupilla che, secondo le parole dell’Ing. Aldo Benedetti: «In tutta la sua pienezza illumina il destino degli uomini. È scintilla di una fiamma ossidrica che salda due mondi, la vita terrena e quella che ci attende oltre, un miracoloso ponte sospeso senza orizzonti».

Assorte in una dimensione di mistica serenità, le figure sono al tempo stesso cariche di quotidiana concretezza: ecco che su un lato i Re Magi, depositando le loro corone, sembrano unirsi al popolo comune e non sono tre soltanto, ma accolgono anche quel quarto Re Magio che, assente dall’iconografia tradizionale perché partito in ritardo, incarna proprio quella parte invisibile di gente comune alla ricerca continua di Dio.

I corpi dei partecipanti divisi in gruppi si fondono l’un l’altro e allo stesso modo Maria e Giuseppe si fanno unità indissolubile per poter accogliere tra loro il figlio.

Filip Moroder Doss commenta: «Eseguo per voi, per la vostra Chiesa, per incentivare la fede, perché desidererei che vi sentiste partecipi a custodire il mistero plasmato dalle mie mani».

Il legno chiaro, dalle ampie superfici luminose e dalle fluide curve, veicola un’immaterialità che sembra suggerire una vicinanza con una dimensione altra, sacra, dove la plasticità dei corpi lascia spazio a verità più pure e forse inesprimibili.

In fondo, se per la comprensione dei dogmi divini ci serviamo della parola, del discorso razionale e della costruzione logica, lo stesso vale per il legno, che da materia grezza diviene qui potente mezzo per una comprensione umana del trascendente.

Rebecca Nicastri
Classe 2000. Studio lettere, sono innamorata del mondo e vorrei sapere tutto di lui. Per me le giornate sono sempre troppo corte.

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