Del: 27 Dicembre 2021 Di: Redazione Commenti: 1
I 10 album più “vulcanici” del 2021

Anche questo lungo 2021 sta per concludersi e la redazione di Vulcano Statale ha preparato una lista dei 10 album più “vulcanici” di quest’anno.

A cura di Laura Colombi.


È tempo di bilanci anche per la produzione musicale che, a partire dallo stop imposto dalla pandemia, sembra aver ripreso un nuovo impulso – peccato non si possa dire lo stesso per la musica dal vivo, tenuta in continua sospensione dalle ondate dei contagi. Non si può dire che il 2021 sia stato un anno privo di proposte interessanti, lo dimostrano giganti come i King Gizzard, che sembrano aver ormai superato i limiti umani. L’hip-hop, che assume sempre più popolarità anche a livello commerciale, dà delle soddisfazioni, con artisti come Tyler the Creator o la giovane ma fortissima Little Simz, che non abbiamo potuto includere qui solo per motivi di spazio. Anche per il nostro paese è stato un anno importante, grazie a una giovane band, i Måneskin, che – piacciano o no – hanno portato ancora una volta la musica italiana nel mondo.

DISCLAIMER: la seguente non è una classifica e l’ordine è da ritenersi casuale. Proponiamo 5 album degni di nota per vari aspetti (fortuna, originalità…) tra quelli usciti nell’ultimo anno in Italia, mentre i rimanenti sono scelti dal panorama internazionale.


Teatro d’ira – Vol. I (Måneskin)

Teatro d’ira – Vol. I (Måneskin)

I Måneskin quasi non hanno bisogno di presentazioni. Sono proprio loro a spiccare tra le più grandi rivelazioni di questo 2021: vincitori al festival di Sanremo e all’Eurovision Song Contest, hanno aperto il concerto dei Rolling Stones e sono arrivati 58esimi nella classifica mondiale di Spotify 2021.

Teatro d’ira – Vol I, uscito il 19 marzo e secondo album dopo Il Ballo della Vita, è stato un punto di svolta importante nel genere pop-rock italiano. Un album graffiante, arrogante e coinvolgente, che rivisita un genere piuttosto debole in Italia, lanciando i giovanissimi artisti in un orizzonte internazionale e, perché no, globale. La band romana ha tutta quell’attitudine provocatoria e irriverente che trasforma in un punto di forza la spontaneità e l’energia dei loro vent’anni. La musica diventa una valvola di sfogo ed è così che la rabbia, l’ira del titolo, viene posta in arte, in “teatro” e quindi in musica.

L’album è stato registrato interamente in presa diretta rimandando marcatamente al legame strettissimo che il gruppo mantiene con la dimensione live: una loro caratteristica artistica peculiare è proprio quella di basarsi molto su una performance che ha come paradigma l’inclusione e la libera espressione delle loro carismatiche personalità. Le tracce esplosive e travolgenti di Teatro d’ira – Vol I sono riuscite a dare tutta una nuova voce al panorama musicale del pop-rock italiano, tanto da rimanere in curiosa attesa di un nuovo, freschissimo e ruggente album.

Recensione di Chiara del Corno.


Exuvia (Caparezza)

Exuvia (Caparezza)

Caparezza è tornato nel 2021, a 3 anni di distanza da Prisoner 709. Il suo nuovo viaggio, Exuvia, rappresenta la fase della rinascita del rapper pugliese. L’exuvia, infatti, è il resto di un esoscheletro dopo la muta. Michele Salvemini, in arte Caparezza, giunge con quest’opera alla tanto attesa rinascita. È una rinascita narrata in un album maturo e ricercato nei testi come solo Caparezza riesce a fare, ma con una leggerezza che lo rende ascoltabile anche ai più scettici. Se in Prisoner 709 Caparezza parlava di solitudine, della maledizione dell’acufene che lo ha colpito e di scelte di vita, qui l’artista direziona la propria penna verso una visione ottimista del mondo in alcuni testi, e verso una voglia di rivalsa in altri.

Nei brani che compongono l’album, ben 19 in totale, le tematiche variano da un continuo auto citazionismo alla ricerca di una propria identità, che era stata messa a rischio con la prigione mentale dell’album precedente. L’obiettivo di Exuvia non è stato raggiungere le vette musicali italiane, ma permettere agli ascoltatori e all’autore stesso di conoscere meglio la persona oltre l’artista. Una persona che cerca di volare via dalla sua exuvia, che deve superare i dolori della vita per ripulire la propria identità, per rinascere ancora. Tra i brani sicuramente da ascoltare El sendero, Contronatura, Come Prypiat, o ancora La scelta, brano molto più cantautoriale.

Come dice Caparezza stesso, «l’ottavo album è più difficile del secondo», estremamente più complicato a causa dei dolori che lo hanno influenzato nello scolpire un’opera che resterà sicuramente per molto tempo, come tutte le esperienze che l’autore ha saputo donare.

Recensione di Francesco Pio Calabretta.


Per resistere al tuo fianco (La Municipàl)

Per resistere al tuo fianco (La Municipàl)

Nel panorama indie per quanto riguarda l’ultimo anno non può non venire in mente il nome de La Municipàl, che a giugno ha pubblicato in un solo album dal titolo Per resistere al tuo fianco i singoli usciti a partire dall’anno precedente.

I testi, elaborati dal musicista Carmine Tundo anche a partire dall’isolamento imposto dalla pandemia, raccontano infatti a 360 gradi l’Italia dei nostri giorni. L’Italia del sud e del nord, quella fascista e antifascista, è narrata attraverso uno sguardo critico e maturo, allo stesso tempo disincantato e ricco di emozione, che è quello di Quando crollerà il governo.

Un lavoro originale e ricco di spunti dal punto di vista musicale, che dimostra come il pop, se immerso in atmosfere differenti, abbia la potenzialità di essere un genere decisamente aperto. A portare le tracce verso il rock contribuiscono sicuramente le atmosfere dark fortemente presenti nel disco. Ne risultano brani come Fuoriposto e La terza stagione di dark, forse tra le migliori tracce uscite in Italia negli ultimi anni.

Recensione di Laura Colombi.


Unconscious Collective (PS5)

Unconscious Collective (PS5)

Il primo lavoro del collettivo napoletano guidato dal noto sassofonista Pietro Santangelo (tra gli altri, nei Nu Guinea) merita sicuramente una menzione tra i migliori lavori dell’anno per quanto riguarda la produzione jazz italiana. Un disco che è vero viaggio e che spicca per originalità.

Il sound dei PS5 è di matrice jazz con influenze che attingono dalla tradizione partenopea, per raggiungere sonorità con radici afrobeat. Le 8 tracce di Unconscious Collective sembrano trascinarci in un viaggio che parte dai vicoli del centro storico di Napoli (con la prima traccia, Transe Napolitaine) e arriva in Sud America (in Sempre Dodici), passando per l’Africa. Ma è allo stesso tempo un viaggio virtuale. L’obiettivo dichiarato del collettivo è infatti «creare uno stato di trance e scavalcare la ragione umana attraverso un immaginario viaggio di andata e ritorno attraverso il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, collegando idealmente Napoli con l’Africa del nord e subsahariana e l’America Latina», si legge dal comunicato stampa che accompagnava l’uscita dell’album il 23 maggio.

Recensione di Laura Colombi.


Magica Musica (Venerus)

Magica Musica (Venerus)

Uscito a inizio anno (19 febbraio), il primo disco di Venerus, preceduto da due EP, ha fissato molto in alto l’asticella per la musica italiana fin dai primi giorni del 2021. Una voce nuova, fresca e molto delicata, che trova con le basi di MACE, che ha prodotto 12 dei 16 brani, una perfetta sintonia. Il disco è difficilmente inquadrabile all’interno di un singolo genere, complici anche i featuring presenti (tra i quali Rkomi e Frah Quintale), che imprimo ciascuno uno stile diverso e unico alle singole canzoni, dall’hip-hop al blues, fino alla musica elettronica.

Magica Musica si distingue nettamente dal resto del cantautorato italiano e si presenta, fin dalla copertina, come un mondo onirico, esoterico e colorato, fatto di canzoni sincere e di rara dolcezza, ma anche di grande attenzione a livello tecnico. Il disco, sicuramente molto corposo rispetto alle produzioni contemporanee, non dà l’impressione di essere pesante o ridondante e, anzi, riesce a gestire molto bene questa ricchezza e articolazione interna.

Completamento necessario dell’album è stato il Magica Musica Tour in giro per l’Italia: un’esperienza magica all’insegna di musica ed emozioni, durante la quale le canzoni sono state riarrangiate e Venerus – che sembra provenire direttamente dal mondo delle fiabe – ha avuto la possibilità di liberare tutta la propria espressività con jam improvvisate. Il concerto è stato registrato e reso fruibile in un disco che raccoglie le versioni live. Una occasione, forse fondamentale in questo momento storico, per ricordarci il valore della musica, soprattutto se live.

E non mi trovo più, tra le strofe mi confondo
Vorrei soltanto un altro momento
Per sentirmi al sicuro senza alcun segreto.

da “Una certa solitudine

Recensione di Costanza Mazzucchelli.


L.W. (King Gizzard & the Lizard Wizard)

L.W. (King Gizzard & the Lizard Wizard)

Si è di certo fatto notare il terzo album di musica microtonale dei King Gizzard & The Lizard Wizard, L.W. Posto a completamento della trilogia Exploration into microtonal music iniziata nel 2017 con Flying Microtonal Banana, con questo album i King Gizzard hanno infatti dimostrato di saper unire la musica microtonale a un sound psichedelico tendente al rock, al metal, ottenendo un risultato che è certamente da pochi. E, nonostante la complessità esecutiva dei brani, l’album scorre liscio come l’olio anche per i non intenditori.

La sperimentazione dei King Gizzard è davvero senza confini. Parliamo di una band che ha saputo produrre una ventina di album corrispondenti ad altrettanti generi diversi, e L.W. non fa eccezione – qui dalla seconda traccia, O.N.E, l’atmosfera si fa quasi arabeggiante.

In soli 10 anni di attività, ma in cui abbiamo assistito a una produzione a dir poco frenetica (5 lavori nel solo 2017) i King Gizzard sono già band cult del rock psichedelico. Lo avrete capito, con loro la parola d’ordine è monumentale. Da tenere d’occhio.

Recensione di Laura Colombi.


Bright Green Field (Squid)

Bright Green Field (Squid)

La band di Brighton, dopo una serie di EP pregevoli, conferma alla grande le aspettative di pubblico e critica con il suo primo album ufficiale. Bright Green Field è un disco post-punk nevrotico e pieno di energia, che attinge da realtà più sperimentali e intellettuali come i This Heat, e ne ricostruisce la formula donandole una vitalità estremamente personale.

Non solo post-punk: una delle carte vincenti degli Squid è la scommessa di contaminare con il jazz e l’elettronica, e del resto la prima traccia G.S.K. è in questo senso programmatica dell’intero album. L’impressione è che attraverso le tracce dell’album si vogliano fornire all’ascoltatore diversi punti di vista sul reale, e del resto il paesaggio è sicuramente tema centrale della riflessione (a partire da titolo e copertina). La quinta traccia, Documentary Filmmaker, racconta per esempio l’agonia di un regista che soggiorna in un reparto ospedaliero e assiste a una serie di tristi eventi che si susseguono senza un motivo preciso, proprio come le stagioni. Infine, in un album in cui c’è davvero tutto, troviamo anche un pezzo per gli orecchi meno allenati, intitolato Paddling, un dignitosissimo tentativo di virare verso sonorità pop.

Soddisfare le aspettative della critica non era cosa facile, in anni di revival del post-punk. Bright Green Field ci riesce in pieno, basti pensare ai tanti che hanno additato tra i riferimenti addirittura giganti come i Talking Heads. Da questo punto di vista, questo lavoro degli Squid dà la sensazione di rispecchiare lo spirito di molti giovani del 2021 e il loro bisogno di ripescare tra le voci di protesta del passato recente, per cercare di districare il disordine di un presente sempre più nevrotico.

Losing my flow and my memories are so unnatural
I am my own narrator.

Da “Narrator”

Recensione di Laura Colombi.


Call Me If You Get Lost (Tyler, The Creator)

Call Me If You Get Lost (Tyler, The Creator)

Dopo il grande successo di Igor, che nel 2020 ha vinto il Grammy come migliore album dell’anno, il rapper californiano Tyler, The Creator è tornato sulla scena musicale con il suo sesto album in studio. Call Me If You Get Lost è uscito il 25 giugno 2021: qualche settimana prima a Los Angeles erano stati avvistati dei cartelloni promozionali contenenti un numero di telefono. Se chiamato, il numero +1 (855) 444-8888 riproduceva un messaggio registrato di una conversazione tra Tyler e la madre, che ritroviamo nella traccia Momma Talk.

La discografia di Tyler ha visto un’importante oscillazione da testi aggressivi e alienati verso l’esplorazione di temi più introspettivi e vulnerabili. Abilissimo produttore e un apprezzato cantautore, in questo suo ultimo lavoro Tyler sperimenta.

Il suo alter-ego, Tyler Baudelaire, è il protagonista dell’intero album: tra pezzi di freestyle, sound vintage ed eclettici testi, è impossibile scegliere un pezzo preferito. Innovativo, originale, maturo: nella scena rap internazionale Call Me If You Get Lost è sicuramente uno degli album più apprezzati dell’anno. Da ascoltare tutto d’un fiato.

Recensione di Rebecca Pignatiello.


Civilisation (Orelsan)

Quattro anni dopo l’uscita di La fête est finie, Orelsan (nome d’arte di Aurélien Cotentin) presenta al mondo il suo ultimo progetto Civilisation, composto da 19 tracce e già doppio disco di platino in Francia a un mese esatto dall’uscita. È un Orelsan nuovo ma fedele al suo modo di produrre, che trae numerose conclusioni sulla civilizzazione e sui mali che essa produce. Dal punto di vista musicale, si passa dalle ballate (La quête) al puro rap (Casseurs Flowters Infinity) a un pop sempre molto ricercato.

Accompagnato da un’infinità di strumenti musicali, il rapper di Alençon crea un’opera ricca di sperimentazioni nuove, inventiva e richiami al passato. Fin dal primo brano, Shonen, si capisce la volontà dell’autore di esprimersi senza perdere quell’identità che lo ha sempre distinto nel panorama musicale francese. Tra i temi trattati, il ricordo del passato in La quête, il rapporto tra amore e alcolismo in Bébéboa o ancora la volontà di denunciare la civiltà moderna attraverso dei manifesti, narrati comunque con un tono piuttosto leggero. A 39 anni, Orelsan conosce l’urgenza di dover esprimere certi concetti per farli arrivare al pubblico attraverso lo stile della denuncia civile per eccellenza, il rap. Un album che riconferma il successo ottenuto dai progetti precedenti, e che conferma il rapper tra le migliori penne francesi, accompagnato da una ricerca musicale elaborata e in completa sintonia con i testi.

Che si conosca l’ambiente musicale francese o si abbia la voglia di affacciarcisi per la prima volta, Orelsan è sicuramente un artista da ascoltare e da analizzare con cura, e Civilisation è un album che, come conferma il suo successo, è riuscito a fare arrivare al grande pubblico temi delicati e maturi, narrati dall’uomo prima che dall’artista.

Recensione di Francesco Pio Calabretta.


To See the Next Part of the Dream (Parannoul)

To See the Next Part of the Dream (Parannoul)

«Questo album affronta sentimenti di solitudine, isolamento, depressione e disillusione» si trova scritto nella pagina genius.com. relativa al secondo lavoro della band sudcoreana. È sicuramente una descrizione calzante della sensazione che si prova durante l’ascolto delle 10 tracce che compongono To See the Next Part of the Dream. Ma c’è anche della soddisfazione.

Il nome dei Parannoul, forse più noto agli amanti dello shoegaze, meriterebbe di guadagnarsi una posizione anche al di fuori della sua nicchia. To See the Next Part of the Dream è infatti un album per certi versi impegnativo ma anche fortemente sentimentale, in cui l’emozione è sempre tenuta alta. È il caso di Age of Fluctuation, un meraviglioso brano di oltre 9 minuti in cui immergersi a fiato sospeso.

La band – non è ancora chiaro se si tratti di una persona sola – ha lavorato a ben tre dischi nell’ultimo anno. To See the Next Part of the Dream è il primo di questi, pubblicato il 23 febbraio.

Recensione di Laura Colombi.


Ascolta la nostra playlist con il meglio del 2021:

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