Le tematiche di carattere economico rientrano senza dubbio nel ventaglio di argomenti spesso difficili da comprendere a fondo per chi non ne ha mai approfondito lo studio. Abbiamo deciso di dare vita a questa rubrica nella quale cercheremo di sviscerare, con il linguaggio più semplice e accessibile possibile, vari temi economici legati all’attualità. A questo link trovate le scorse puntate.
Lo scorso 7 ottobre si è tenuta la prima riunione della Cabina di Regia, presieduta dal Presidente del consiglio Mario Draghi, sul PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Il PNRR è un documento in cui sono illustrate le riforme e gli investimenti in programma per il prossimo decennio, presentato dall’Italia alla Commissione Europea lo scorso aprile.
Il PNRR, secondo Maria Cristina Messa, Ministro dell’Università e della Ricerca, «rappresenta per noi tutti una straordinaria opportunità di investimento sul capitale umano, la ricerca e l’innovazione. Per la prima volta, infatti, grazie a importanti investimenti avremo l’opportunità di recuperare ritardi e superare divari che rallentano la crescita e aumentano la marginalizzazione.»
Per garantire la corretta ripresa economica post-pandemica, l’Unione Europea ha stanziato fondi per 750 miliardi di euro attraverso il programma Next Generation EU (NGEU). Parte fondamentale del NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF). Il suo bacino di finanziamenti comprende in totale 672,5 miliardi di euro (312,5 di sovvenzioni e i restanti 360 di prestiti a tassi agevolati) e sarà disponibile dal 2021 al 2026.
L’Italia è uno dei Paesi che più beneficeranno dei finanziamenti messi a disposizione.
Solo attraverso il RRF avrà accesso a 191,5 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno, entro il 2023, ulteriori 13 miliardi provenienti dal programma REACT-EU. Attraverso Italia Domani, il Governo si è impegnato per presentare all’Unione Europea il pacchetto di riforme e gli investimenti da attuare con le sovvenzioni stanziate, aggiunte a 30,6 miliardi del Fondo Complementare istituito con il Decreto Legge n.59 e, entro il 2032, ad altri 26 miliardi per reintegrare il Fondo Sviluppo e Coesione. In conclusione, l’Italia avrà a propria disposizione circa 250 miliardi di euro.
Il piano presentato, tuttavia, non si articola liberamente, perché per volere della Commissione Europea, deve ergersi su tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Il principale obiettivo del PNRR, infatti, è quello di ridurre i divari territoriali, generazionali e di genere. Per questo motivo, 82 miliardi dei 206 attualmente a disposizione del Paese sono stati destinati al Mezzogiorno, in particolare modo alle donne e ai giovani.
In totale, grazie al PNRR integrato con i fondi REACT-EU, le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea per le Università, le istituzioni AFAM, la ricerca e l’innovazione tecnologica equivalgono a ben 15 miliardi di euro.
Con il decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca del 7 ottobre 2021, n.1141 sono state approvate le Linee Guida per l’impiego delle risorse destinate all’aspetto Dalla ricerca all’impresa della missione Istruzione e Ricerca.
Il MUR ha quindi deciso di servirsi di 6 dei 9 miliardi di euro messi attualmente a disposizione dal Governo per potenziare quattro apparati del mondo universitario e della ricerca.
1,3 miliardi di euro verranno impiegati nella creazione di “ecosistemi dell’innovazione”, per potenziare la ricerca volta allo sviluppo di un’economia più green. Il fine del MUR è di dare finalmente voce ai giovani ricercatori che vogliono e possono fare la differenza nel campo del sostenibile, portando l’Italia in prima linea contro la lotta al riscaldamento globale.
Altri 1,61 miliardi di euro dovranno essere utilizzati per estendere le partnership tra le aziende anche al mondo dell’università. In questo modo, per gli studenti sarà più facile approcciarsi all’ambiente lavorativo che attende loro e, contemporaneamente, le imprese italiane potranno contare su studenti altamente formati sia didatticamente che professionalmente. Il MUR e il MiSE, inoltre, si impegneranno a rendere la mobilità reciproca tra studenti e manager aziendali più semplice e immediata, attraverso la creazione di una regia interministeriale e l’emanazione di due decreti ministeriali.
Con una simile somma (1,6 miliardi) si potenzieranno alcune strutture di ricerca, creando campioni nazionali di ricerca e sviluppo. In particolare, i Centri di Ricerca Nazionale sono il vero focus della riforma. Attraverso la collaborazione con le università, le aziende e lo Stato, essi potranno raggiungere alti obiettivi e rendere il Paese sempre più competitivo a livello internazionale. Gli elementi essenziali del progetto e dei Centri Nazionali sarà di supportare le start-up e la generazione di spin-off, senza dimenticare di coinvolgere i soggetti privati nelle attività di ricerca e nel rinnovamento delle strutture.
Infine, 1,58 miliardi saranno destinati alla realizzazione di un vero e proprio sistema di infrastrutture per la Ricerca tecnologica. L’obiettivo è quello di potenziare ed estendere territorialmente centri di trasferimento tecnologico per alcuni apparati industriali, oltre a continuare a erogare finanziamenti alle start-up.
Tanti altri sono, invece, i progetti per l’Università italiana del Domani. Eccone alcuni.
Entro il 2026 il Ministero prevede, attraverso l’impiego di 1,91 miliardi di euro (di cui 450 milioni provenienti dal REACT-EU), di triplicare i posti per gli studenti fuori-sede. Questi passeranno quindi da essere 40.000 a 100.000. Verrà aumentato anche l’importo delle borse di studio e il bacino di studenti a cui saranno offerte.
Contestualmente, 500 milioni di euro sono stati stanziati per riqualificare la didattica e le competenze universitarie avanzate, e altri 250 milioni di euro per orientare al meglio gli studenti nel passaggio dal mondo scolastico a quello lavorativo. Anche se quest’ultimo progetto non si riferisce direttamente a studenti universitari, bensì agli alunni dal terzo anno della scuola Superiore di Secondo Grado, è utile a tutti coloro che sono prossimi a scegliere quale direzione intraprendere dopo aver conseguito il diploma. È necessario che gli studenti comprendano al meglio i percorsi didattici universitari offerti e le competenze di base che sono richieste nel mondo lavorativo. Per farlo, il MUR impiegherà i fondi a disposizione per fornire dei brevi corsi erogati da insegnanti e docenti universitari nelle scuole superiori.
Anche ai dottorati sono destinati ingenti fondi che, sempre entro il 2026, saranno utilizzati per aumentarne il numero e migliorarne la qualità. Di 1,51 miliardi di euro stanziati, se ne impiegheranno 430 per aumentare il numero di posizioni disponibili per conseguire il dottorato di ricerca; 480 milioni (da fondi REACT-EU), più nello specifico, per dottorati volti all’eco-sostenibilità e alla digitalizzazione; infine, altri 600 milioni per tutti i dottorati che rispondono ai fabbisogni delle aziende italiane di oggi.
In conclusione, sono stati presentati altri progetti per l’edilizia universitaria in collaborazione con aziende private; per l’ampliamento e il miglioramento di alcuni corsi di laurea triennale e a ciclo unico; altri ancora per le lauree abilitanti.
Per poter coordinare tutti i disegni di legge in elaborazione e i progetti già in fase di avvio, il governo sta considerando di istituire un apposito Supervisory Board, un organo che si occupi del controllo e del corretto impiego dei fondi stanziati.
La speranza è quindi quella che il PNRR, pur essendo una piattaforma temporanea, sia solo l’inizio di una grande rivoluzione nell’ambito universitario e della ricerca, che possa cambiare completamente il modo di fare università in Italia, rendendo finalmente il nostro Paese uno dei più competitivi in Europa in ambito formativo.
Ora si apre un’importante stagione di riforme normative e di semplificazione delle procedure, per rendere attuative, nel tempo, le azioni che daranno il via a un circolo virtuoso. Lo sguardo non è solo a oggi, ma anche al Paese del domani.
Maria Cristina Messa