Del: 31 Dicembre 2021 Di: Beatrice Ghiringhelli Cavallo Commenti: 1
Silvia Federici, Calibano e la strega

Questo articolo è il primo di due sulla figura di Silvia Federici e i suoi studi. Il secondo può essere consultato al seguente link.


Silvia Federici è un’universitaria, sociologa, filosofa e attivista italiana naturalizzata americana. Tra le pensatrici più influenti del femminismo contemporaneo, nei primi anni ’70 ha contribuito alla fondazione del movimento Wages for Housework (salario per il lavoro domestico), teorizzando l’idea secondo la quale le faccende domestiche siano in realtà lavoro non retribuito.

Federici sostiene che la maggioranza dei mestieri che concernono la salute, l’alimentazione e la pulizia sono compiuti dalle donne, e che il nostro sistema economico non vuole riconoscerne l’essenzialità perché su questa oppressione economica di genere riposa il capitalismo. Federici rappresenta un punto di vista molto importante rispetto al femminismo mainstream, incline a ignorare il lavoro domestico per concentrarsi sull’emancipazione derivante dal lavoro (quello riconosciuto dal sistema economico).

Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria è il libro più famoso di Federici.

Si tratta di un lungo saggio pubblicato nel 2004 che riprende i temi principali di un lavoro precedente chiamato Il Grande Calibano. La tesi che ha ispirato la ricerca è quella di Mariarosa Dalla Costa e Selma James, altre militanti del movimento Wages for Housework. Le due studiose affermano che lo sfruttamento delle donne ha giocato un ruolo centrale nel processo d’accumulazione capitalistica, nella misura in cui le donne hanno prodotto e riprodotto la merce più essenziale: la forza lavoro.

L’autrice comincia ripercorrendo i movimenti sociali dell’Europa medievale che hanno portato al passaggio dal sistema feudale basato sul vassallaggio a un’economia monetaria. Ricostruisce un contesto storico nel quale non esisteva una separazione tra la produzione dei beni e la riproduzione della forza lavoro, in quanto entrambi contribuivano alla sussistenza della famiglia.

Federici passa quindi alle prime fasi del capitalismo, durante le quali hanno avuto luogo i processi, caratterizzati da violenza, che hanno cambiato la concezione del corpo umano e del lavoro femminile. Si tratta della privatizzazione della terra, della rivoluzione dei prezzi e dell’insieme delle politiche che la classe dirigente introdussero per disciplinare e allargare il proletariato europeo. Federici sottolinea a più riprese l’importanza delle enclosures, l’abolizione delle terre comuni, che cancellarono quello il cosiddetto “comunismo primitivo” e tolsero alle donne l’unico luogo di socialità a loro concesso.

La studiosa analizza infine il fenomeno che è stato cruciale per la sedimentazione di tali processi: la grande caccia alle streghe in Europa del XVI e XVII secolo.

Federici individua nella persecuzione delle streghe il punto culminante dell’intervento dello stato contro il corpo proletario. La definisce una guerra alle donne che mirava a spezzare il controllo sul proprio corpo e sulla riproduzione, fomentata da un clima in cui la classe politica era preoccupata per il declino demografico e motivata dalla convinzione che una popolazione numerosa corrispondesse alla ricchezza di una nazione.

Fu un’iniziativa politica e non religiosa. La religione aveva posto la cornice ideologica e la costruzione metafisica, ma è nei tribunali laici che avvenne il vero genocidio. Federici riporta che più di 200.000 donne vennero accusate, uccise o torturate. L’attacco contro la visione magica del mondo era inoltre necessario per l’incompatibilità del pensiero magico con la disciplina del lavoro. La magia era uno strumento per ottenere ciò che si voleva senza lavorare, e dava speranza al popolo di manipolare la realtà, e quindi di sovvertire l’ordine costituito.

Lo scopo di Federici è di mostrare come «nella società capitalistica il corpo sia stato per le donne quello che la fabbrica è stata per i lavoratori salariati maschi: il terreno principale del loro sfruttamento e della loro resistenza, perché il corpo femminile è diventato proprietà dello stato e degli uomini ed è stato obbligato a servire da mezzo di riproduzione e accumulazione della forza lavoro».

Nonostante l’opera sia stata accolta con delle critiche all’interno nella comunità accademica, in particolare verso il modo in cui Federici racconta la vita nel Medioevo e l’accuratezza dei dati riguardanti i numeri effettivi delle donne che vennero torturate o uccise durante la caccia alle streghe, questo libro è uno studio potente e stimolante. Raggiunge una profondità d’analisi notevole con una fluidità e una chiarezza rare nei saggi che trattano argomenti simili. Può essere interessante per tutti coloro che desiderino confrontarsi con una prospettiva diversa di un periodo fondamentale per la storia contemporanea.

Beatrice Ghiringhelli Cavallo
Sono Beatrice, studio con passione Lingue e letterature straniere. Mi piace leggere, guardare serie tv e film interessanti e informarmi su quello che succede nel mondo.

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