Del: 19 Gennaio 2022 Di: Marco Fradegrada Commenti: 1
Kazakistan e Ucraina. Luci e riflettori sull'Oriente

Luci e riflettori vanno tutti verso l’Oriente in questo primo mese del 2022. Si inizia con un clima tutt’altro che stabile e pacifico. Andiamo con ordine: il primo passo è stato fatto con le proteste popolari iniziate il 2 gennaio in Kazakistan. Tutto è nato dal rincaro del prezzo del metano.

Il Kazakistan è il più grande fornitore di gas energetico della Cina, ma non solo della Cina.

È anche il primo paese per produzione di uranio, uno tra i primi nelle esportazione di petrolio e gas energetici ed è secondo solo agli Stati Uniti nell’estrazione dei bitcoin. Non è dunque un caso che susciti particolarmente appetito a Cina e Russia, che cercano sempre di più di occupare un posto egemonico nelle politiche mondiali.

La nazione “neo-zarista” ha inviato truppe di soldati a sostegno del governo del presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev, che si sta impegnando in un’opera di sanguinaria repressione di coloro che hanno partecipato e partecipano alle proteste. La repressione è accompagnata da promesse di stermini degli oppositori, lasciapassare per aprire il fuoco a vista e rifiuti tassativi di negoziati.

Ci sono però questioni da affrontare. Innanzitutto, sarebbe da chiarire l’improvvisa, se si vuole misteriosa, intromissione tra i manifestanti pacifici di un gruppo di giovani islamici. Questi, sotto effetto di alcol e amfetamine, hanno iniziato a distribuire droga e armi ai partecipanti della manifestazione.

Tokayev poi non è sembrato interessato a conoscere la matrice degli insorti e, anzi, sembrava già sicuro di saperla quando ha puntato il dito contro il Consiglio di Sicurezza Nazionale kazako. Tokayev è parso sicuro delle proprie idee mentre iniziava a spargersi la voce di una caserma di addestramento dei “terroristi” portata avanti proprio dai servizi di sicurezza kazaki.

Ha agito dunque di conseguenza. Esautorato dal Consiglio di sicurezza Nursultan Nazarabev, l’uomo che per anni aveva tenuto in mano le sorti del Kazakistan e che al momento risulta sparito dal 28 dicembre scorso, ha mandato ad arrestare Karim Massimov, capo dei servizi segreti e fedelissimo di Nazarabev. Lo ha fatto però appoggiandosi ai servizi segreti russi e creando un precedente di non poca rilevanza.

Infatti, mentre la Cina è legata al Kazakistan da fortissimi rapporti commerciali, essendo la prima vitale per l’economia del secondo e il secondo principale esportatore energetico della prima, la Russia di Putin si trova nella posizione adatta, in un ipotetico futuro, a esigere la riscossione di un debito nei confronti di Tokayev. Questo per la maggioranza di soldati russi nei contingenti esterni al Kazakistan inviati per ristabilizzare la situazione.

La Cina di Xi-Jinping, per il momento, appoggia l’intervento russo ma non vuole lasciare a Mosca un esclusivo spazio protettivo per i propri interessi.

Bisogna ricordare che all’interno del suolo kazako, o meglio nel sottosuolo, si trova più della metà delle risorse energetiche tra petrolio, ferro e carbone dell’ex Unione Sovietica che negli anni di Nazarabev però non era unica destinataria dello sfruttamento delle riserve kazake. Il taccuino degli investimenti di alcune Compagnie occidentali, tra le quali compaiono la statunitense General Electric e l’ENI, sembra segnare una quota pari a 161 miliardi nel 2020.

Ma come si è potuto capire, l’epoca di Nazarabev è andata a picco assieme ai suoi sostenitori, ora spariti, ora esautorati, ora in carcere. Tokayev si fa sostenitore di una linea fortemente, se non esclusivamente, filocinese.

Xi-Jinping ovviamente accoglie a braccia aperte il nuovo orientamento kazako, portando avanti nel frattempo il progetto di demolizione del mito democratico americano. Da ricordare quando il responsabile della politica estera cinese Yang Jiechi, durante il summit del 18 marzo 2021 in Alaska, dichiarò agli americani la loro illegittimità a impartire alla Cina lezioni di democrazia e tolleranza a seguito del caos seguito al movimento Black Lives Matter negli USA.

Ma gli Stati Uniti sono impegnati anche altrove, sebbene non lontano dai protagonisti degli eventi kazaki.

Lunedì scorso si sarebbe dovuto trattare tra la nazione statunitense e la Russia riguardo ai limiti territoriali posti alla NATO per garantire la sicurezza russa, sebbene l’area territoriale in questione fosse territorio europeo, nello specifico l’Ucraina. Tuttavia le dirette interessate non hanno partecipato alle trattative di Ginevra.

Gli Stati Uniti avevano chiesto all’UE di mostrarsi pronta a punire la Russia con sanzioni in caso di politiche estere russe eccessive. Ma l’Europa si è mostrata frammentaria nelle risposte ottenendo come risultato la non partecipazione a Ginevra e diffondendo nell’aria un clima da Guerra Fredda con ancora una volta i due colossi che decidono le sorti di territori terzi.

In tutto questo a Ginevra le trattative sono saltate su volontà di Mosca. La Russia chiede con forza agli Stati Uniti di ritirare truppe dal territorio ucraino. Ma un sospetto attacco informatico ai siti istituzionali ucraini e l’arrivo nella Ucraina dell’Est di alcuni soldati russi specializzati in ordigni esplosivi hanno fatto pensare agli Stati Uniti che la potenza dell’Est sia alla ricerca di un capro espiatorio per essere legittimata ad attaccare e rispondere. Luci e riflettori tutti sull’Oriente; lo spettacolo ha vecchi e nuovi protagonisti. Aspettiamo la sua evoluzione.

Marco Fradegrada
Studio filosofia, mi affascina la psicologia, impazzisco per gli aneddoti nelle biografie. Mi interessano le vicende dell'Est europeo, Oriente e Medio Oriente. Ascolto tanta musica, suono e vado matto per i cani.

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