Del: 8 Gennaio 2022 Di: Arianna Locatelli Commenti: 0
La pandemia attraverso le vignette di Mauro Biani

Da venerdì 31 dicembre è in edicola con La Repubblica il nuovo lavoro del vignettista Mauro Biani Ne usciremo migliori ma… . Il libro raccoglie tutte le vignette pubblicate negli ultimi due anni, da quel febbraio 2020 che ha segnato l’inizio della pandemia di Covid-19.

Come dice Maurizio Molinari, direttore del quotidiano, all’interno della prefazione: “Leggero nel tratto e pungente nella descrizione della realtà, Mauro Biani ci accompagna con i suoi disegni in un viaggio nel presente attraverso le ferite di una quotidianità segnata dalla pandemia, dall’intolleranza, dalla sfida dei diritti […]”.

La raccolta è divisa in otto capitoli che trattano di diverse tematiche emerse a livello politico e sociale durante la pandemia: tutte le questioni sono viste attraverso un’ironia tagliente e disillusa nata in seguito al fallimento dei messaggi propositivi “andrà tutto bene” o “ne usciremo migliori” che avevano costellato i primi mesi di lockdown. Così non è stato e Biani lo ha raccontato attraverso le sue vignette.

Il primo capitolo della raccolta si intitola infatti provocatoriamente Non è andato tutto bene. All’inizio della pandemia sono stati in molti quelli che hanno creduto che questo dolore condiviso avrebbe portato a una maggiore umana comprensione, a un’empatia reciproca e a una più alta attenzione nei confronti delle fasce svantaggiate della società.

Ma il sogno idilliaco degli arcobaleni ai balconi si è in fretta consumato prima in un’isterica caccia all’untore, poi nella follia no mask, no vax, no greenpass.

Ciò che è emerso è una sorta di lotta tra pari, una guerra non più verticale ma anche orizzontale, in cui il dirimpettaio inizialmente compagno nella tragedia, si è piano piano trasformato in un nemico da cui proteggersi guardinghi. Forse prova di una paura dilagante e di un negazionismo molto più radicato del previsto nella nostra società, questo atteggiamento di sospetto e la necessità impellente di trovare qualcuno o qualcosa contro cui scagliarsi hanno presto rivelato la loro natura, ovvero la presenza di quello che Biani definisce “l’antico virus”: quello dell’odio.

Virus che ha il suo seme in gran parte di quella classe politica che si sarebbe dovuta far carico della fantomatica “ripartenza”. Ripartenza che forse, dopo le immagini agghiaccianti dei carri in fila nella provincia bergamasca, ci aspettavamo differente. Biani ha rappresentato questa follia miope e individualista attraverso vignette come quella in cui si vede un uomo con la mascherina sugli occhi che dice “Io la mascherina non la metto più da giugno 2020”, oppure, in maniera ancora più toccante, attraverso la rappresentazione di un ragazzo di origini africane che afferma “Noi continuiamo a non avere il vaccino” e un signore che risponde “Beati voi”. Perché questa è l’altra grande faccia di questa pandemia globale. Come dice infatti la definizione stessa, per quanto nei momenti di difficoltà tutti tendano a guardare il proprio giardino, questo virus riguarda tutti: non tutta Europa, non tutto l’Occidente, ma tutti le 7 miliardi di persone che abitano la Terra. Lo diceva già Gino Strada, il medico fondatore di Emergency scomparso all’età di 73 anni lo scorso 13 agosto, quando in un’intervista al quotidiano La Stampa affermava:

Li abbiamo abbandonati a loro stessi. In Sudan hanno fatto i tamponi al personale sanitario. Su milletrecento medici ed infermieri i positivi erano il 70%. A Khartoum addirittura l′80%. L’Occidente è miope. Le mutazioni del virus rischiano di rendere obsoleti i vaccini. Se il virus non si ferma anche in Africa poi ce lo ritroviamo mutato in casa nostra”.

Ad oggi, con il dilagare della variante Omicron e un’ulteriore impennata dei contagi in tutta Europa, le parole di Gino Strada suonano più che mai come profetiche. Mentre infatti la campagna vaccinale prosegue in Europa al ritmo di terze dosi e obbligo vaccinale, in Africa è stata vaccinata solo l’8,57% della popolazione.

E sono proprio le politiche sovraniste che, facendosi portavoce di questa ondata di cattiveria e malafede, sono venute allo scoperto, mostrando quanto sia semplice far leva sull’odio e sul sospetto reciproco.

Nel nostro Paese, storicamente flagellato da queste correnti politiche, ancora una volta la violenza fascista è emersa a più riprese, culminando nell’attacco alla sede della Cgil a Roma lo scorso 10 ottobre. Eloquente la vignetta che rappresenta un uomo chiuso in casa con l’ironica didascalia “Il sogno sovranista: ognuno a casa sua”.

Nella raccolta di Biani, infatti, un altro tema è profondamente trattato: quello dei migranti e dell’accoglienza. I migranti escono da questo periodo probabilmente ancora più abbandonati a loro stessi, con gli arrivi che non si sono mai fermati e notizie disumane che arrivano dai principali confini dell’Unione Europea, da quello croato, a quello tra Polonia e Bulgaria, al braccio di mare tra Libia e Italia. Sono numerosi i politici che hanno strumentalizzato vite umane costruendo il proprio successo sulla pelle delle persone che scappano da situazioni insostenibili. Nel capitolo dedicato ai mancati diritti dei migranti, le vignette di Biani si vestono di un’ironia lacerante, che non lascia spazio alla retorica e alle giustificazioni. I migranti muoiono in mare o sugli invalicabili confini ma, come afferma lo stesso vignettista “Se vogliamo tornare a pensare al futuro, a frequentarlo con idee e soluzioni, non possiamo pensare di escludere milioni di miliardi di persone”.

E in quelle persone escluse ci sono anche le migliaia di lavoratori che hanno perso il lavoro negli ultimi due anni, i giovani costretti a lavori precari con paghe da fame e tutti quelli che sono impiegati in occupazioni in nero senza nessun tipo di assicurazione o copertura, come i rider di cui si è spesso parlato nell’ultimo anno. E ancora ci sono i milioni di nuovi poveri: la pandemia che avrebbe dovuto infatti avvicinarci davanti a un virus che colpisce ogni persona senza guardare al reddito pro capite, ha creato un baratro ancora più incolmabile tra ricchi e poveri. Aumentano drasticamente i numeri delle persone in povertà assoluta in Italia, con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

L’ultimo capitolo, infine, è dedicato a un altro anello debole nella gestione italiana della pandemia: la questione della scuola. L’inziale discussione sulla Dad, le proteste di migliaia di bambini e adolescenti che Biani rappresenta chiusi in una scatola in casa sotto la didascalia “Quarantena della quarantena”, avevano fatto sperare in una maggiore attenzione al mondo dell’educazione e della cultura. Prospettiva rapidamente delusa da una ripartenza precaria e malamente organizzata. Le difficoltà sono sicuramente numerose ma è proprio dalla scuola che bisogna ripartire per costruire un futuro più coeso e solido, con i giovani come protagonisti, giovani al centro di numerosi discorsi della figura che probabilmente ha fatto più da collante in questi anni pandemici, ovvero il presidente della repubblica Sergio Mattarella, rappresentato da Biani come il vero “dottore” della situazione.

Il lavoro di Biani è sicuramente intriso di grande disillusione mentre guarda con occhio rassegnato ai due anni appena passati, alle incongruenze verificatesi e agli obiettivi falliti. Ma forse, al tempo stesso, in questa delusione, ci mostra una via per risollevarci: ripartire dai diritti, di tutti, per tentare di ricostruire solidamente quel tessuto sociale ad oggi tremendamente lacerato.

Arianna Locatelli
Da piccola cercavo l’origine del mio nome perché mi affascinava la storia che c’era dietro. Ancora oggi mi piace conoscere e scoprire storie di cui poi racconto e scrivo. Intanto corro, bevo caffè e pianifico viaggi.

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