Del: 23 Febbraio 2022 Di: Luca Pacchiarini Commenti: 0
La Cina vista attraverso la lente di Henri Cartier-Bresson

Il 25 novembre 1948 la rivista Life commissiona a Henri Cartier­-Bresson un reportage sugli “ultimi giorni di Pechino” prima dell’arrivo delle truppe di Mao. Il soggiorno previsto per due settimane, nella zona di Shangai principalmente, dura invece dieci mesi: il fotografo racconta della caduta dei Nanchino, retta dal Kuomintang, vede in prima persona la vita di tutti i giorni dei cittadini di Shangai, dei lavoratori, dei soldati, dei bambini. Una nazione che sta cambiando totalmente e, pochi giorni dopo il ritorno del fotografo in Occidente, verrà proclamata la Repubblica Popolare Cinese. Dieci anni dopo, nel ‘58, Cartier-Bresson torna nello stesso Paese ma lo trova profondamente mutato: lui è obbligatoriamente accompagnato da guide, visita luoghi selezionati come industrie, impianti siderurgici, grandi cantieri in costruzione, si trova di fronte a quello che sarà il “Grande balzo in avanti”.

Gli scatti da lui realizzati durante quei soggiorni trovano ora spazio nella mostra Henri Cartier-Bresson, Cina 1948-49/58, che il Mudec ha allestito nel mese di febbraio e che durerà fino al 3 luglio. Nelle fotografie che la compongono, Cartier-Bresson mostra due momenti decisivi della storia cinese ma poco prima del loro effettivo accedere, i grandi cambiamenti sono infatti sempre in procinto di avvenire. Però, e in questo vi è la maggiore forza della mostra, non si vedono fotografie di grandi personaggi, non si vedono momenti scritti nei libri di storia (per esempio battaglie, grandi adunate, trionfi, conquiste) ma si inquadrano persone e situazioni comuni, di tutti i giorni, vita ordinaria di esseri umani che lavorano, festeggiano, giocano, piangono, vivono. Specialmente nella prima parte della mostra, in cui il fotografo francese è libero di operare come più gli piace, ovvero girando per strada e inquadrando soggetti e situazioni incontrate passeggiando. Proprio questa è la caratteristica che rende Cartier-Bresson uno dei più importanti fotografi di sempre, tanto da essere definito “l’Occhio del secolo”.

Infatti, qui si racconta anche dell’avvenire di un nuovo tipo di fotografia che, proprio nei suddetti reportage, ha uno dei suoi momenti cruciali: il fotogiornalismo.

Con tale termine s’intende una modalità di narrazione che sfrutta i modi propri del giornalismo ma lo fa tramite la fotografia, quindi cercando di offrire uno sguardo imparziale basandosi sul supposto che il mezzo sappia documentare la realtà fissandone delle immagini autentiche.

Cartier-Bresson in questo è un pioniere e porta un nuovo stile più poetico e distaccato, attento tanto ai soggetti ritratti quanto all’equilibrio della composizione. Ma c’è anche un altro aspetto che rende le fotografie in mostra pezzi importanti della storia di quest’arte e dell’uomo che le fece un maestro indiscusso: l’istante decisivo. Con i suoi scatti il fotografo racconta, con eleganza e puntualità, la storia del mondo attraverso le cose della vita, ad essere fissati sono piccoli attimi quotidiani, più o meno consuetudinari, che divengono sintomatici di qualcosa di molto più grande. Così un venditore di spazzole, una bambina che guarda fuori dalla vetrina di un negozio di pennelli, una coda per andare in banca, i preparativi per un corteo divengono una nazione che muta, un’economia che cerca di rinascere, una guerra che finisce, un mondo tutto.

Il Mudec mette in mostra il reportage che Henri Cartier-Bresson realizzò in Cina nel '48/'49 e poi completò nel '58, raccontando due momenti decisivi della storia del Paese.
“Alla fine della giornata, la gente in coda spera ancora di poter acquistare oro.”
Shanghai, 23 dicembre 1948
Gelatin silver print, 1970s
© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

La mostra è curata da Michel Frizot e Ying-lung Su in collaborazione con Fondation Henri Cartier-Bresson, Fondazione Deloitte, prodotta da 24Ore Cultura e promossa dal comune di Milano. Proprio l’assessore alla cultura della regione Lombardia, Tommaso Sacchi, presentando l’esposizione, ringrazia lo sforzo curatoriale e culturale, evidenziando l’importanza della fotografia nel panorama culturale italiano, sottolineando la grande importanza che Cartier-Bresson ha avuto nel fissare in immagini un pezzo di storia. Inoltre, rileva l’operato del Mudec che, come museo delle culture, punta a dare spazio alla pluralità e agli esploratori, così questo fotografo è particolarmente calzante.

Visionare le più di cento stampe originali esposte è come sbirciare in un passato che è fondamenta di quello che è la Cina oggi, tutto attraverso gli istanti vissuti da un grande artista della fotografia, strumento che sa afferrare attimi in immagini.


In copertina: In Lui Chi Chang, la via dei negozi di antiquariato, la vetrina di un venditore di pennelli. Pechino, dicembre 1948 (Vintage gelatin silver print) © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Luca Pacchiarini
Sono appassionato di cinema e videogiochi, sempre di più anche di teatro e letteratura. Mi piace scoprire musica nuova e in particolare adoro il post rock, ma esploro tanti generi. Cerco sempre di trovare il lato interessante in ogni cosa e bevo succo all’ace.

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