Del: 2 Febbraio 2022 Di: Michele Baboni Commenti: 0
Mattarella rieletto: tutti vincono, nessuno ha vinto

Nella serata di sabato, Sergio Mattarella è stato rieletto Presidente della Repubblica, diventando con 759 preferenze il secondo Presidente più votato della storia repubblicana, alle spalle di Pertini. Questa elezione, pur sembrando un “nulla di fatto”, presenta invece diversi esiti e implicazioni, su cui è bene riflettere.

Le trattative tra centrodestra e centrosinistra, iniziate a seguito del forfait di Berlusconi, sono apparse sin da subito sterili e caratterizzate dalle tensioni interne alle coalizioni. Durante le prime giornate, infatti, mentre i capigruppo indicavano agli elettori di lasciare la scheda in bianco o di astenersi, sono stati fatti diversi nomi, le cui candidature si sono tuttavia arrestate durante le trattative stesse. Da Nordio e Crosetto, votati da FdI, fino allo spettro di Mario Draghi e Casini, le due coalizioni non sono riuscite a trovare nemmeno un principio d’intesa sul candidato ideale.

Col passare degli scrutini, è emerso un problema sostanziale, ovvero la mancanza di schede bianche. Inoltre, tra le decine di schede mancanti, è iniziato ad apparire il nome Mattarella, senza che questo fosse stato indicato da alcun capogruppo. E, se al secondo scrutinio si poteva pensare che i 39 voti fossero una coincidenza, i 166 del quarto scrutinio hanno dimostrato che i capigruppo non avevano più il controllo dei grandi elettori. Lo snodo cruciale di questa elezione è stato forse il quinto scrutinio, in cui il centrodestra ha lanciato la candidatura di Casellati, per provare a imporre un nome e per verificare la compattezza dei voti. L’esito è stato un disastro: la Presidente del Senato ha infatti ottenuto solamente 382 voti, circa settanta in meno dei voti previsti. E così, con un centrodestra completamente frantumato e un centrosinistra paralizzato, l’unica soluzione all’impasse è stata la candidatura di Mattarella, che è stato così eletto all’ottavo scrutinio.

Il primo dato rilevante di questa elezione è il fatto che, in assenza di una leadership solida o autorevole, i grandi elettori si siano coordinati “dal basso” con un nome proprio, coltivando già dai primi giorni di gennaio un consenso che è diventato sempre più trasversale. È difficile immaginare come siano avvenute le trattative per spingere la candidatura di Mattarella, ma è sicuro che questa operazione sia partita ben prima dell’inizio delle votazioni, da un asse composto da alcuni senatori pentastellati e altri parlamentari del PD. Se si può parlare di un successo non è dunque merito dei leader di partito che si stanno intestando il merito di questo esito, bensì dei grandi elettori che, nel silenzio, hanno iniziato a tessere una tela che si è allargata fino agli elettori di FI e della Lega. La capacità dei grandi elettori di coordinarsi autonomamente e di ottenere un risultato così importante è sicuramente un segnale di vitalità del Parlamento, spesso bypassato dall’attività del Governo, nonché un segnale di debolezza dei capigruppo e dei leader di partito.

Il bilancio di questa rielezione è duplice. Da un lato, è stato eletto uno dei simboli più potenti dell’unità nazionale, dall’altro le forze politiche interne alla maggioranza ne escono ancora più frammentate.

In termini di stabilità, la scelta di forzare un secondo mandato di Mattarella è la soluzione più sensata e conveniente, poiché rappresenta un sostanziale mantenimento dello status quo all’interno della maggioranza e delle istituzioni. Ciò significa che il Governo potrà, dopo questa breve parentesi, continuare i propri lavori in merito alla gestione della pandemia, all’implementazione del PNRR e alla revisione del Patto di Stabilità, senza dover perdere tempo in rimpasti o cambi di equilibri. È stato anche scongiurato il rischio di elezioni anticipate che, aldilà dei ragionamenti in termini di convenienza, avrebbe portato a mesi di campagna elettorale, con un conseguente e significativo rallentamento dell’attività parlamentare; in altre parole, tanti saluti al PNRR e ai soldi del Recovery Fund.

Dall’altro lato, invece, è evidente che le coalizioni siano più indebolite che mai, basti pensare alla disputa interna ai 5Stelle tra Conte e Di Maio (specie sul nome di Belloni nel corso delle trattative), o alle dichiarazioni di Meloni sul rapporto tra FdI e gli altri partiti del centrodestra. E, se è stato lo stesso Parlamento a eleggere pressoché in autonomia il Presidente, è pur evidente come il Parlamento stesso sia ormai completamente balcanizzato e fuori controllo, tanto da dover ricorrere a quella che teoricamente dovrebbe essere un’eccezione, ovvero la rielezione del Presidente uscente. In sostanza, sarà necessario riflettere su un nuovo assetto per tenere in piedi la maggioranza di governo, oltre alla valutazione di una nuova legge elettorale che possa risolvere una crisi istituzionale evidente sin dalla rielezione di Napolitano nel 2013. Tutte sfide che richiederanno unità e responsabilità, valori di cui Mattarella, forse suo malgrado, sarà ancora simbolo al Quirinale.

Michele Baboni
Studente di scienze politiche, sono appassionato di filosofia, politica e calcio. I temi che ho più a cuore sono i diritti civili e il cambiamento climatico, anche se l'attualità è sempre un punto di partenza stimolante per nuove riflessioni. La scrittura è il mezzo per allargare i miei orizzonti, la curiosità il vento che mi spinge alla ricerca incessante di nuove risposte.

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